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Parco Nazionale dei Monti Sibillini

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    • Regioni: Marche, Umbria
    • Province: Ascoli Piceno, Macerata, Perugia
    • Comuni: 18
    • Estensione: 69.722 ettari
    • Istituzione: L. 11/03/88, n. 67; L. 28/08/89, n. 305; DD.MM. 13/07/89-03/02/90; D.P.R. 06/08/93
    • Ente gestore: Ente Parco Nazionale dei Monti Sibillini

    Monti Sibillini sono un gruppo montuoso dell'Appennino centrale a cavallo tra Umbria e Marche, che si snoda per 40 chilometri come uno spartiacque fra il Tirreno e l’Adriatico. Il massiccio è molto imponente e presenta un paesaggio aspro e selvaggio, dalle forme più diverse: grandi dorsali larghe tipiche delle montagne calcaree, pareti scoscese, altipiani carsici, gole strette e profonde scavate dalle acque. Molte cime superano i duemila metri: Monte Vettore (2.476 metri, il più alto), Monte Priora, Monte Bove, Monte Sibilla. Essendo di natura calcarea, le rocce nate da bassi fondali di antichi mari sono state modellate da fenomeni carsici e glaciali, che hanno dato origine a pareti a picco, doline, inghiottitoi, grotte, gole, valli, orridi e vaste praterie.

    Ritenuto il regno della mitica Sibilla Cumana, questo complesso montuoso è stato circondato nei secoli da molte leggende, quasi tutte di origine medioevale: qui si snodava ad esempio la “strada delle fate”, un antico sentiero lasciato secondo la tradizione da creature leggendarie in fuga da Castelluccio dopo notti di balli e misteri; sempre qui si trovava la grotta della Sibilla nella quale secondo Virgilio si recò Enea. La leggenda vuole che la Sibilla vi attirasse cavalieri erranti, che dopo aver superato dure prove, vi venivano accolti per un anno per poi essere condannati alla dannazione eterna.

    Il versante marchigiano del parco è il più esteso e selvaggio; quello umbro comprende i tre Piani di Castelluccio: Piano Grande, Piano Perduto e Piano Piccolo. Le tre depressioni, ricoperte di erba e fiori, sono ciò che resta del bacino di un lago le cui acque finirono in un inghiottitoio apertosi nel suolo e oggi ancora attivo.

    Ai piedi del Monte Vettore, a 1940 metri di altezza c’è il Lago di Pilato che per secoli ha attirato maghi e seguaci dell'occulto: secondo la leggenda il governatore romano della Palestina che fece crocifiggere Cristo sarebbe morto in queste acque trascinatovi da demoni. Il lago è testimonianza delle antiche glaciazioni che nell'era quaternaria hanno interessato il territorio del parco. Nelle sue acque, nel lontano 1953 uno scienziato ha rinvenuto una sola forma di vita: il chirocefalo del Marchesoni, un piccolo crostaceo rosso unico al mondo.

    Sui monti, la vegetazione tende a cambiare man mano che si sale dallo zoccolo basale dei Sibillini, posto ad un'altitudine media di 500 metri, alle cime più elevate. Fino a circa mille metri predomina il bosco di roverella, carpino nero e orniello, quindi la faggeta, prima mista e poi pura. Al di sopra del bosco si sviluppano invece i pascoli dove si possono rinvenire specie assai rare e pregiate: viola di Eugenia, il genepì dell'Appennino, l'adonide distorta, la genziana napoletana. Su alcune delle cime più elevate, si trova la rara stella alpina appenninica, presente solo su Gran Sasso, Maiella e Monti Ernici. Altre specie sono la potentilla, il giglio martagone, il ramno, l'uva orsina, la nigritella e l'androsace villosa.

    La fauna locale è molto interessante, sebbene siano ormai estinte diverse specie come l'orso, la lince, la lontra, il cervo, il grifone. Fra i mammiferi sono ancora presenti il lupo, il gatto selvatico, la sempre più rara martora, l'istrice e il capriolo. Grazie a specifici progetti di reintroduzione oggi sono tornati a vivere il cervo e il camoscio appenninico. Fra gli uccelli sono invece da ricordare l'aquila reale, che dall'istituzione del parco ha iniziato a nidificare anche in zone abbandonate da anni, l'astore e lo sparviero, tipici abitatori dell’ambiente boschivo, il falcone pellegrino, il gufo reale e la coturnice meridionale. Frequenti sono anche il gracchio alpino e quello corallino. Fra i rettili spicca la presenza dellavipera dell'Orsini che sui Monti Sibillini raggiunge il limite settentrionale di diffusione in Italia.

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