Un eroe italiano


Taliansky

(seconda parte)




[Racconto di Giovanna Gra]


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durata 21 minuti



Il treno ci cullava dolcemente.
Avevo di fronte a me un uomo con una storia incredibile da raccontare, sconosciuta ai più.
Non sapevo il suo nome né la sua vera identità perché troppo umile o troppo educato per contrapporre la sua persona a quella di un uomo che doveva stimare immensamente e che continuava a onorare con le sue parole.
Un uomo, il Capitano Cosma Manera, che stava per intraprendere una fra le imprese più strabilianti della Grande Guerra che nessuno, a quel punto, mi avrebbe potuto impedire di ascoltare.
"Le condizioni degli italiani dispersi in Russia dovevano essere disperate", osservai pensieroso.
Egli annuì.


FLASH BACK
§ 5. Dai cronisti al Fronte (primi mesi del 1917)

Le azioni di guerra continuano incessantemente e la fortuna non sempre è a favore della Russia.
Le condizioni del popolo, di questa potente e immensa nazione, peggiorano a vista d'occhio.
Carestie, povertà, disperazione sono i nomi dei venti che fustigano l'immenso e stanco continente dell'Est.
Divampano come scintille.
Sono in molti a temere che la guerra civile sia alle porte.
Diversi giorni fa, al culmine della tensione, lo zar è stato deposto.
Questa mattina, con esso, è stata trucidata tutta la famiglia imperiale, inclusi i tre cani.
I primi vagiti rivoluzionari, cullati dall'inverno, scuotono i ghiacci, e le membra sfinite di questa povera gente vengono illuminate unicamente dai riverberi delle spade al Palazzo d'Inverno.

Il treno batteva il suo ritmo contro le rotaie.
Il mio interlocutore, quasi suggestionato lui stesso da quello che stava raccontando, si avvolse un'ampia sciarpa di cachemire attorno al collo.
"Lei ha presente cosa vuol dire inverno siberiano?"
"No, ma credo sia una cosa terribile.
Esattamente, in quale parte della Russia colse il convoglio?"


FLASH BACK
§ 6. Kirsanoff

"Ma come avete potuto marciare per tutto questo tempo con quel denaro nelle scarpe?

Sarete pieno di piaghe, Capitano!", chiese con apprensione Fanciullacci mentre cercava, inutilmente, di liberare il guanto con cui impugnava il cannocchiale dalle tenaglie del ghiaccio.
"Tenente, ho smesso di sentire quel malloppo dopo il primo chilometro di marcia... ci si abitua a tutto.
E questa spaventosa terra ce lo dimostra ogni giorno.
Quel denaro ci servirà e ci servirà prima di quello che immagini".
Poi, strappandogli il guanto dalle mani con un sorriso, lo sbatté vigorosamente contro un tronco di betulla, rendendolo al tenente come nuovo.

Sul finestrino del treno la pioggia incominciò a picchiettare senza tregua.
"E' incredibile, anche i piccoli aneddoti mostrano un uomo con una capacità di entrare in rapporto con il prossimo davvero rara.
O forse c'era un rapporto particolare fra i due?", domandai curioso.
"Fra chi?", chiese lui stupito.
"Fra il Capitano e Fanciullacci, è sempre al suo fianco".
"Naaa... figuriamoci!
Erano tutti al suo fianco."


FLASH BACK
Kirsanoff

Un gruppo di uomini si avvicinò trascinandosi.

"Ehi, voi!
Abbiate pietà, stiamo cercando il comando del Capitano Manera.
Sapete dirci dove si trova?"
"Chi lo cerca?", chiese il Capitano a quei poveretti sporchi, smagriti e malvestiti.
Erano tanti, tutti ex prigionieri originari del Trentino, dell'Istria, e di Valle Giulia.
"Taliansky.
Siamo Taliansky di quaggiù", rispose il più vecchio.
"Bene, l'avete trovato, sono io!"
I derelitti piansero dalla commozione.
"Fatevi pure avanti, che un tozzo di pane e un piatto di minestra non ve lo negherà nessuno!"

Poi, prima di correre nel commovente abbraccio ai suoi connazionali, il Capitano sussurrò:
"Fanciullacci, dovremo comprare altri viveri per questa persone."
"Le casse sono vuote, Capitano!"
Il Capitano sorrise:
"Vorrà dire che pescheremo qualche spicciolo nei miei calzini, ne convieni?"
Il tenente sorrise guardando il suo superiore con ammirazione.
Aveva già previsto tutto.
Come sempre.

Contagiati dalla speranza e dalle voci che correvano di bocca in bocca, di sussurro in un sussurro, rinvigorite dagli implacabili venti transiberiani, gruppi di irredenti arrivavano da ogni dove in cerca di quell'uomo che, si diceva, li avrebbe ricondotti a casa.

§ 7. Dal Fronte, le notizie si susseguivano senza tregua

"Le condizioni del fronte si aggravano STOP.
Popolo Russo allo stremo STOP.
Un gelo implacabile e prepotente bussa alle porte dell'inverno.
Destituito governo KERENSKI STOP."

Mentre il treno ci sbatacchiava di qua e di là, il mio narratore si alzò per sgranchirsi le gambe e abbassò per un istante il finestrino del treno.

Un refolo di gelo penetrò nello scompartimento facendomi rabbrividire.

Lui sorrise.
"Suvvia, cosa avrebbe fatto se si fosse trovato insieme a quegli uomini disperati e senza nulla nel cuore della Siberia?"
"Doveva essere un freddo becco... eh?", osservai.
"Già.
L'inverno dell'inferno", commentò lui.


§ 8. Vicinanze del Porto di Arcangelo

"Capitano?
Capitano, dove siete?", la tempesta di neve aveva immerso il mondo circostante in un bianco accecante.
Una voce tuonò oltre l'urlo del vento:
"Non abbiate paura tenente, sono qui accanto a voi!
Che notizie?", disse il Capitano con voce calda e rassicurante.
"Brutte notizie, Capitano!
Il nuovo comitato rivoluzionario ha bloccato ogni salvacondotto e le speranze che il porto di Arcangelo possa ancora essere operativo sono ridotte al minimo.
La gente sta prendendo di mira le ultime navi, sembra sia impossibile anche solo accedere alle banchine."
Per la prima volta il tenente vide gli occhi del suo Capitano inumidirsi.
"Come faccio a dirlo a quegli uomini?
Sono stremati...", disse stringendo i denti e alzando un pugno contro il nulla.
"Capitano", osservò il tenente commosso, "passo con loro tutte le notti e oramai li conosco uno a uno:
vi adorano e hanno fiducia in voi.
Qualsiasi cosa decidiate di fare, saranno al vostro fianco."

Manera non se lo fece ripetere due volte e concluse:
"E sia.
Partiremo per Vladivostok tenente, passate voce, in fretta!", e nel dare quell'ordine, la voce, per un istante, gli venne meno.
"Saranno molti giorni di cammino... con questo gelo che avanza...", fece notare il tenente spaventato.
"Con questo gelo che avanza, tenente, penso sia molto meglio che gli uomini camminino, anziché attendere il congelamento inerti.
Se dobbiamo morire, lo faremo in azione!"
"Signorsì Capitano!"


Eravamo fermi a una stazioncina di provincia in attesa di ripartire.
Cercavo di riordinare in fretta i miei appunti tremolanti prima della partenza del treno.
"Mi scusi, ma... la marchesa nel frattempo?
Non chiedeva notizie?
Non inviava aiuti, denaro?
Non c'era nulla che potesse fare per sostenerli?"
Il mio anziano interlocutore scosse la testa.
"Ragazzo mio, tutto quello che era in potere di quella povera donna, sicuramente ella lo fece."


FLASH BACK
§ 9. Torino

La scena si ripeté ancora.
Il frusciare dell'ampia veste della Marchesa era l'unico rumore percepibile nel fastoso salotto, insieme alla pioggia che ticchettava noiosa sui vetri.
La cugina Maria scosse la testa:
"E' mezz'ora che cammini su e giù... Calmati Gemma, arriverà."
La Marchesa si voltò, aveva un incarnato pallido e le sue gote non erano più velatamente rosa.
Aveva le occhiaie ed era molto preoccupata.
Le mani si torcevano, spia di un tumulto interiore forse rivelatore di una profonda apprensione.
"Ma sì, lo so, è che Vincenzo è... oh, insomma, è più di mezz'ora che aspettiamo!"

Vincenzo apparve in fondo al corridoio.
Anche lui era cambiato, reduce dal fronte.
Doveva aver patito, il volto era pallido e le tempie imbiancate.



"State bene?", domandò scrutandolo la cugina Maria.
"Sì, sommariamente sì.
Ma non è il momento per questo e Gemma non me lo perdonerebbe se perdessi tempo a parlare della mia salute."
"Siete molto comprensivo, ma davvero, state bene?", chiese la Marchesa facendo un cenno alla cameriera.
"Ma sì, certo...", rispose lui sbrigativo.
"Orsù raccontateci, allora."

"I primi italiani sono sbarcati a Brest e hanno raggiunto Torino."
"Siiiii!", esultarono la Marchesa e la cugina in coro.
"Ma non è tutto...", fece lui di rimando.
"Raccontateci ogni cosa", lo esortò la cugina Maria.
Vincenzo non se lo fece ripetere.
"Con l'inverno alle porte, difficile sopravvivere sul Mar Bianco e la stessa via del mare, per molteplici motivi, pare fosse preclusa.
Così, sembra che il Capitano Manera abbia fatto marciare mille italiani per quindici giorni e quindici notti, senza sosta.
Il lungo cammino si dice che li abbia stremati ma, così facendo, sembra li abbia anche sottratti alla morsa del freddo.
Tutti l'han seguito e tutti sono arrivati sani e salvi a destinazione.
Poi sembra che lui abbia raggiunto Mosca..."

"Cosa mi dite Vincenzo e quale felicità!", disse la Marchesa adagiandosi sulla poltroncina damascata ed esortando la sua cameriera a offrire una doppia porzione di torta Novecento al ghiotto cronista.

"Dal Circolo Polare a Mosca:
ma avete capito l'impresa?!", urlò la cugina Maria dimenticandosi di aver la bocca quasi piena.

"Questo è solo l'inizio", disse Vincenzo accalorandosi.
"Dopo l'esproprio della Transiberiana da parte della Germania sembra che il Capitano si sia trovato solo con i suoi irredenti.
Proibiti i valichi verso Nord, Sud e Ovest..."
"E allora?", chiesero le due donne all'unisono...

Il treno ripartì con i freni bercianti.
"Era anche un uomo di un'agilità senza uguali", commentai ammirato.
"Già", ammise il mio vecchio amico
"Lo era.
Non so come spiegarle... amava dire che 'il futuro si conquista con i sogni'.
In effetti, quando immaginava le cose, per metà sembrava averle già realizzate.
Aveva tattica, sapeva formulare nuove strategie.
La verità è che nulla lo metteva in soggezione, anche se il suo avversario fosse stato il generale dei generali."

"Sarebbe a dire?", chiesi curioso come un bambino.
"Il generale inverno", rispose lui, grave.


FLASH BACK
§ 10. Vladivostok

"Chi siete?", l'infuriare della tempesta non consentiva di udire nemmeno i propri passi.
"Sono il Capitano Manera e questi sono i miei uomini, sono in cerca di un imbarco per me e per loro.
Posso pagare!"
"Cosa?", urlò l'uomo mentre la bufera aumentava bruciando le guance e gelando le lacrime.
"Sto cercando un imbarco per me e per i miei uomini!
Siamo stremati!
Per arrivare fin qui abbiamo viaggiato per molte notti!"

"Niente da fare, Capitano, il porto è pieno di gente impazzita e se provate ad assaltare una nave vi faranno la pelle.
Qui non si cerca più l'oro, Signore, ma vie di fuga!"
"Tornerò!", urlò Manera,
"Il tempo di sistemare i miei uomini e tornerò e forse mi darete un'altra risposta!"
L'uomo fece un gesto sconsolato.
Il Capitano comandò il dietro front alle sue truppe.
Ora andava cercata una sistemazione e in fretta.

Una frenata del convoglio mi fece sfuggire la penna dalle mani.
"Doveva essere una situazione orribile!
La gente, pur di fuggire dalla guerra, si consegnava mani e piedi al freddo e al gelo."
"Ed erano disposti a uccidere per una via di fuga.
Sì, può dirlo forte: la guerra è terribile.
Per questo il Capitano si era arruolato nel corpo dei Carabinieri Reali."
"Cioè?"
"Odiava la guerra e riteneva che solo quella divisa potesse conciliare il suo amore per la vita militare e la sua indole decisamente pacifista."
Presi un appunto veloce commentando:
"Quest'uomo non smetterà mai di stupirmi..."
"Lo credo, ma da adesso in poi mi faccia arrivare fino in fondo.
Le vicende si susseguono senza tregua e rischierei di confondermi."
Alzai le mani scherzando:

"La prego, continui, sarò muto come un pesce.
Mi dica solo da dove riprendiamo."


FLASH BACK
§ 11. Torino

"Oh mio Dio, la Siberia!", disse Maria prendendosi la faccia fra le mani
"Esattamente, la Siberia."
"Ma con quali permessi?
Come riesce ancora a muoversi dopo la rivoluzione d'Ottobre?", s'informò angosciata la Marchesa.
"Eppure è così:
voci abbastanza sicure dicono che egli abbia marciato nientedimeno che verso Mosca."

"Ma se a Mosca lo zar non c'è più!
Lo so per certo, ho un caro amico che fa l'antiquario laggiù e mi ha parlato di un Comitato Rivoluzionario o qualcosa del genere", disse Gemma strabiliata.

"Così è", confermò Vincenzo con aria da cospiratore.
"Dicono che abbia avuto i permessi da Lenin in persona e che gli abbia parlato a lungo."
"Del resto, Cosma parla quella lingua meglio di un cosacco", mormorò fra sé la Marchesa colpita.
"Beh, per farvela breve, ai primi disgeli le stazioni erano nel caos laggiù...", continuò Vincenzo allungando il suo piattino dove la cugina Maria, quasi meccanicamente, sbalzò una doppia porzione di torta Novecento.
"E quindi?", chiese la donna con ansia.
"E quindi sembra che abbia fatto attaccare un carro bestiame alla transiberiana e abbia fatto viaggiare i suoi protetti che, da allora, è ufficiale, ha battezzato i Redenti!"
"Che voi sappiate, ha sofferto molto della morte dello zar?
Erano molto amici...", domandò la Marchesa angosciata.
"S�, Gemma.
Dicono che se ne sia addolorato moltissimo..."

"Quindi?
Appesi al carro bestiame?!
Che sorte è toccata ai Redenti?", chiese la cugina Maria sospesa.
"Egli ha compiuto l'impresa, e lui e i suoi Redenti, seppure respinti a Harbin (capitale della Manciuria) e a Irkutsk (capitale della Siberia) sembra siano giunti con l'ultimo treno a Krasnojark, sedici chilometri da Vladivostok, intorno a metà dicembre."
"Che il cielo sia lodato", mormorò la Marchesa.
"Sempre sia lodato", le fece eco la cugina Maria.

§ 12. Krasnojark, 17 dicembre

"Capitano, gli uomini sono sfiniti, alcuni hanno perso conoscenza e molti lamentano di non sentire più le mani, cosa stiamo aspettando?"
"Il buio", rispose il capitan Manera al suo ufficiale Puleo, medico della brigata.

"Potremmo perdere i più anziani.
E' possibile sapere il motivo di tanta prudenza?"
"Un agguato, tenente.
E lo sventeremo solo con il favore dell'oscurità."

KRASNOJARK QUARTIERE GENERALE DELLE BARACCHE IN CONCESSIONE AI REDENTI DEL CAPITAN MANERA

"Puleo, quante perdite?", chiese brusco il Capitano facendo ingresso nella baracca fatiscente.
"Nessuna, Capitano.
Gli uomini sono provati, alcuni sono allo stremo delle forze, ma tutti vivi.
Avevate ragione, c'è mancato poco che quei briganti non ci facessero la pelle."
"Già, è stata dura.
Forse, adesso, possiamo concederci un pisolino fino al sorgere del sole.
Tenente?"
"Signorsì Capitano."
Ma nessuno dei due uomini, per prudenza, si tolse la divisa, quindi, stesero i loro sacchi e spensero le lampade.

§ 13. Torino

La Marchesa con un gesto grave indicò al suo stalliere le venti casse.
"Le porti in stazione e dica che le manda la contessa Gonzaga, loro sapranno cosa farne."
Lo stalliere guardò la merce perplesso:
su ogni cassa vi era stampigliato, a caldo, uno strano destinatario:
Krasnojark.

§ 14. Krasnojark

Nel campo, le condizioni erano immutate, ma l'esercito dei tremila Redenti conosceva un solo ordine.
Quello degli uomini del Capitano Manera.
Ci vollero diversi giorni per organizzarsi, ma alla fine pareva quasi di essere a casa.
"Volete fumare, signori?", disse il Capitano ai due sottoufficiali Longobardi e Puleo.
"Grazie, Capitano", e attinsero di buon grado al portasigarette del loro superiore.
"Gli uomini sono di ottimo umore, Capitano.
Avete dato loro una speranza per il futuro", constatò Longobardi.
"Già, si sentono al sicuro, quaggiù", chiosò Puleo.
"Purtroppo non è così", osservò il Capitano trattenendo a lungo il fumo della sigaretta.
"Cosa dite, Signore?"
Manera tacque un istante, poi...
"Non c'è più nessuna speranza di riuscire a imbarcarci al porto di Vladivostok.
Nella mia seconda sortita, l'altra notte, ho tentato di tutto.
Siamo troppi e le navi sono prese d'assalto."
"Oh, mio Dio.
Come faremo?
Accidenti, questo vuol dire che ci hanno messo con le spalle al muro!", mormorò sconsolato Longobardi.
Puleo, aria mesta ma composta, aggiunse con un fil di voce:
"Me lo sentivo, quando presi quel treno, che sarei morto in Russia..."
Manera rimase calmo, fumava la sua sigaretta e guardava lontano.
"Suvvia, signori, avete così poca fiducia nel vostro Capitano?"
"Non è mancanza di fiducia, Signore.
E' che avete fatto già un miracolo nel condurci fin qui..."
"Ho promesso a questi uomini che li riporterò a casa.
Non intendo rompere la promessa, chiaro?"
I due sottoufficiali fecero brillare i tacchi e, facendo il consueto saluto, urlarono all'unisono:
"Signorsì, Signore!"

A quel punto, il mio narratore, emozionato, si fermò per vedere se avessi ben compreso cosa mi stava dicendo.
"Ha capito?
Senza più alcuna speranza di salpare a Vladivostok, decise di marciare con i suoi uomini verso l'unica concessione italiana presente laggiù."
Lo guardai stupito.
"Ma... scusi... l'unica concessione italiana, all'epoca, non era in Cina a Tien-Tsin?
Lei ha visto le prove di quanto asserisce?"

"Ho visto un cablogramma", rispose col tono di uno che non ammetteva repliche
.

FLASH BACK
§ 15. Cina, Caserme dell'esercito Britannico: Indian Barraks

I due soldati inglesi, richiamati da un rumore all'esterno, si affacciarono alla finestra e guardarono stupiti.
"Who is marching and singing now?"
"Where?"
"Downstairs at the end of the road."
"Oh, my God! Listen!"
"I don't understand, it seems like a foreign language!"
Di lontano, un brano echeggiava nella piana.

"Siam prigionieri, siam prigionier di guerra
siamo su l'ingrata terra del suolo siberian.
Siam soldati, siam soldati e siam presenti
siamo noi gli irredenti dal cuore tutto italian.
Siamo sul paion, siamo sul paion di legno
di pulci è quasi un regno e di pidocchi ancor.
Ma quando, quando la pace si farà
Ritorneremo contenti dove la mamma sta.
Chiusi in baracca sul duro letto di legno
fuori tempesta di freddo ma noi cantiamo ancor.
Siamo prigionieri, siam prigionieri di guerra
Lontana è la nostra terra dal suolo siberian..."


Uno dei due soldati inglesi si batté la fronte con una mano.
"They are Italians!"
"Oh, I know: it's the troop of the valiant captain Cosma Manera!"

A Tien-Tsin, gli uomini guidati dal Capitano Manera, furono equipaggiati con divise giapponesi, cappelli da alpini e coccarde tricolore, nonché addestrati con fucili britannici.
La maggioranza fra questi fu rimpatriata via via.
In mille e cinquecento circa restarono a combattere a fianco del loro Capitano e furono arruolati tra gli effettivi del corpo di spedizione italiano.

Nel 1923, dopo mille imprese, tornato a una vita più tranquilla, il Capitano arrivò a Torino e sposò Amelia Maria Pozzòlo.

Nel 1940 fu nominato generale di divisione, ma i suoi uomini continuarono a chiamarlo papà Manera.

Questa è la sua storia.

Un urlo del controllore annunciò l'arrivo in stazione.
Mi alzai stordito.
Il mio interlocutore stava frettolosamente raccogliendo la sua roba.
"Uh, quant'è tardi!", disse puntando l'uscita.
"Mi dica dove potrò rintracciarla... avrò ancora bisogno di lei!", domandai ansioso.
"Perché?"
"Perché io questa storia voglio scriverla."
"Gliel'ho raccontata.
La scriva."

"No, non è esattamente così...", aggiunsi timidamente, ma lui fu irremovibile.

"Mi scusi, ma sono terribilmente in ritardo."
S'infilò un ampio cappotto.
Prese il bagaglio e sgusciò via sussurrando:
"Alla prossima."

Guardandomi intorno desolato vidi che aveva dimenticato la sua sciarpa di cachemire.
Lo inseguii e lo raggiunsi.
Giunto alle sue spalle gli ordinai:
"Fanciullacci, a me!"
Non si voltò e mi chiese:
"Come avete fatto a capirlo?"
Si girò, gli porsi la sciarpa.
"Da come avete sminuito il vostro rapporto con il Capitano e...", feci un sorriso:
"Dalla F ricamata su questa sciarpa."
Mi guardò.
"Scriva una bella storia", disse con un filo di voce.
In punta di piedi, com'era arrivato, scappò via.



FINE SECONDA PARTE

N.B. I fatti narrati sono su base reale ma le circostanze e l'intreccio dei personaggi sono inventati e drammatizzati.
Per un riscontro biografico su Cosma Manera, attivare il link.

 

 

 

 

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