Cosma Manera: sintesi biografica




[Racconto di Paola Manoni]


Cosma Manera, il leggendario Generale dell'Arma dei Carabinieri, nasce ad Asti nel 1876 da Ferdinando, Generale di Divisione dei Reali Carabinieri, e Delfina Ruggero.

Subito dopo le scuole elementari, a undici anni, entra nel Collegio Militare di Milano, scuola di severa tradizione asburgica.
Cosma ha molte risorse, sia fisiche sia intellettuali, e non tradisce le aspettative del padre né quelle dei suoi professori.
Negli studi è molto brillante, in particolare, ha una naturale propensione per l'apprendimento delle lingue: francese, inglese, tedesco, greco, turco, bulgaro, serbo e russo.
Dopo il Collegio, frequenta la durissima Accademia che lascia a 18 anni col grado di sottotenente di Fanteria.
Da Catania, dove viene trasferito dopo l'Accademia, gli giunge il primo incarico estero: la sua conoscenza delle lingue gioca un ruolo centrale nel suo destino.
E' il 1899 e parte per Creta: la missione ha come fine il servizio d'ordine per vigilare sui conflitti greco-turchi.
Ma dopo un anno chiede di passare al Corpo dei Reali Carabinieri.
Nel 1904, dopo alcune missioni, sempre a carattere internazionale, Cosma riceve il suo primo importante incarico.
Si tratta di andare in Macedonia per istituire una Gendarmeria.
Lì organizza 1400 reclute musulmane e ortodosse, assegna loro compiti di ordine pubblico, dimostrando una possibile e civica convivenza fra i diversi gruppi religiosi.
Ma nelle minoranze etniche una tribù locale lo rapisce e lo condanna a morte.
Per fortuna dell'onomastica locale, il caso vuole che il capotribù si chiami anch'egli Cosma - nome assai diffuso, in onore del santo medico molto venerato nella zona.
Come condannare lo straniero che parla la lingua autoctona e che si chiama come il capotribù?
Il fascino dello straniero, dai modi gentili si propaga: consente l'assoluzione e salva la vita.
Cosma rientra in Italia e, grazie all'esperienza maturata, diviene il referente per le questioni macedoni e rappresenta l'Italia nel Comitato Balcanico (Londra, 1906).
In poco tempo raggiunge il grado di Capitano dell'Arma, a disposizione del Ministero degli Esteri, anche se per un certo tempo rimane in Italia, girando presso diverse sedi.
Ma in ogni occasione di licenza si reca Torino per vedere la famiglia e gli amici, in particolare il colonnello di artiglieria Giulio Pozzòlo, che considera suo maestro di vita e di cui sposa la figlia Maria Amalia (di 25 anni più giovane di lui).
Nel 1913 torna a viaggiare: Berlino, con una borsa di studio per approfondire la conoscenza della lingua tedesca, e poi il primo incarico russo presso la Corte Imperiale.
Coi venti di guerra, Cosma rientra in Italia con l'incarico organizzare la sorveglianza delle ferrovie nelle retrovie del fronte italiano.
Nel 1916 è nuovamente all'estero: Bengasi, per poi partire per una delle missioni più delicate, la Missione Italiana in Siberia, all'ordine del colonnello di Stato Maggiore dell'Esercito Achille Bassignano.
Il fine del mandato: recuperare ventimila italiani prigionieri di guerra, dispersi nei campi di concentramento russi, sfruttando tutte le capacità linguistiche, organizzative e diplomatiche del leggendario Carabiniere italiano che aveva già guadagnato la simpatia dello zar.
Al luglio 1917, i prigionieri italiani irredenti (nativi dei territori italiani non ancora redenti e quindi, militari sotto la bandiera austro-ungarica, fatti prigionieri dai russi) non sono che soldati problematici per l'Alto Comando Austroungarico.
In loro si vedeva il potenziale della rivolta e per questo destinati al fronte russo.
Quando nella disfatta vennero fatti prigionieri o furono dispersi tra la Siberia e il Turkestan, l'Alto Comando certamente non pensò di recuperarli.
In Italia, figure come quella della marchesa trentina Gemma Guerrieri Gonzaga sostengono le iniziative per rintracciare e far rimpatriare i prigionieri irredenti.
E' una missione disperata e assai complicata dal fatto che il fronte di guerra taglia la Russa da Nord a Sud.
Cosma arriva a Pietroburgo per mare per proseguire, con un bottino di 94.000 Lire in oro (nascoste nei calzini), verso il Mar Bianco, alla Baia Arcangelo, dove si trovano circa 4.000 prigionieri provenienti dal Trentino, Friuli, Valle Giulia e Istria.
Già nel marzo 1917 Cosma recupera i primi italiani: un contingente di 1700 soldati, deboli, feriti e malnutriti, che imbarca sul piroscafo austriaco - sequestrato agli inglesi - noleggiato per l'occasione.
Il viaggio di ricerca, recupero e rimpatrio degli italiani prosegue in marcia via Mosca, presso il campo di concentramento Kirsanoff che Cosma raggiunge dopo un viaggio lunghissimo, con mille soldati a seguito, affamati e debilitati.
Il problema diviene poi andare via dal campo, in un paese in un totale subbuglio rivoluzionario, dove la possibilità di andare via per nave è praticamente impossibile da organizzare.
Inoltre i prigionieri sono percepiti come cani randagi e a loro è addirittura vietato prendere il treno, la mitica linea Transiberiana.
Cosma non si ferma davanti ai problemi né ai divieti e riesce a persuadere il capostazione di Celiabinsk, con un accordo vantaggioso per tutti.
A ogni convoglio Cosma fa agganciare un carro bestiame così che di notte, di nascosto, salgono 50 prigionieri per volta sul carro: partono con poco cibo, scarso abbigliamento ma col cuore colmo di speranza.
Il miracolo organizzativo garantisce il successo.
Cosma s'imbarca nell'ultimo carro bestiame, con l'ultimo scaglione, alla volta di Krasnojark, destinazione che accoglie gli italiani in attesa di trovare una strategia di rimpatrio.
Qui sono già arrivati oltre quattromila prigionieri, in un paese di centomila abitanti.
E' già dicembre 1917 e Cosma organizza il campo con efficienza:
gli uomini costruiscono dormitori, mense, cucine; il campo del Battaglione Redenti (come lo ha nominato Cosma) è stato fondato.
Nonostante la contingenza della Rivoluzione Russa, Cosma riesce a garantire al campo approvvigionamenti migliori.
Ancora grazie alla generosità della Marchesa Gonzaga e della rete di aiuti e protezioni attivata dagli amici diplomatici, arrivano abiti caldi, denaro, armi per gestire la difesa.
Il Carabiniere è a capo del suo esercito di Redenti e continua, anche dopo la fine della guerra, della liberazione di Trento e di Trieste, la ricerca di altri dispersi italiani in Ungheria, Bulgaria, Romania.
Dall'Italia arrivano rinforzi, soldati e ufficiali e il campo si trasforma in una vera e propria cittadella militare.
Quando Cosma viene trasferito a Tokyo, come addetto militare dell'Ambasciata italiana, lascia in Russia tre lunghi anni di lavoro che hanno condotto al successo dell'impresa: aver riportato a casa oltre diecimila prigionieri di guerra.
Anche in Giappone le sue imprese russe sono note e riceve dall'imperatore la più alta decorazione militare: una stella d'oro con rubini.
Ma rimane in contatto con Krasnojark per proseguire la ricerca degli italiani e fa di tutto per tornare in terra russa.
Tuttavia, il giovane governo sovietico non favorisce la missione sicché nel 1920 deve definitivamente abbandonare la cittadella militare che aveva edificato dal nulla.
Cosma lascia ai civili le centrali idroelettriche, la linea telefonica, l'ospedale da campo e le abitazioni anche se i sovietici, di lì a poco, distruggeranno gran parte delle infrastrutture realizzate dagli italiani.
Con gli ultimi quattromila uomini, Cosma intraprende il difficilissimo viaggio senza aver ottenuto i permessi di spostamento per il paese.
Per evitare di ricorrere ancora a estenuanti marce, per lui e per gli ultimi quattromila uomini, Cosma riesce a ottenere quattro treni per raggiungere la missione italiana in Cina, a Tien-Tsin.
E' l'unica strada per fare ritorno a casa.
Da qui, scampando al colera, tornano in Italia su tre mercantili statunitensi.
La navigazione degli ultimi Redenti è seguita dalla stampa italiana e l'arrivo a Trieste è per tempo annunciato dal Piccolo di Trieste.
Ma l'accoglienza pubblica non è delle migliori, nessun festeggiamento presso l'anonimo molo dove i mercantili hanno il permesso di attraccare.
Cosma Manera è forse temuto?
Forse si dubita della sua lealtà al governo italiano?
E' un potenziale golpista, sulle orme del tentativo dannunziano a Fiume?
Senza clamori di sorta, Cosma lascia la sera stessa Trieste per giungere a Roma: a disposizione per nuovi incarichi.
E' ora la volta del rimpatrio di un migliaio di soldati italiani finiti in Turkestan e questa è davvero l'ultima missione italiana per il recupero dei prigionieri di guerra.
Cosma è promosso Tenente Colonnello e nel 1923 il re gli concede la più alta onorificenza sabauda: il collare dei Ss. Maurizio e Lazzaro che si assomma alle altre onorificenza importanti ricevute in ambito internazionale.
Infatti Cosma continua a compiere missioni in Francia, Grecia, Inghilterra, Austria, Germania, Spagna, Portogallo, Bulgaria, Cina, Egitto e, di nuovo, in Russia.
Cosma viene incaricato di svolgere indagini sull'incidente incorso a Umberto Nobile al Polo Nord ma, nel 1929, da Roma, gli viene tolta l'indagine. Perché?
Potrebbe scoprire fatti spiacevoli per le autorità fasciste?
L'illustre Carabiniere non è amato dal Regime né dalle autorità di Trieste: la sua figura è troppo centrale nel cuore della gente, dei ragazzi salvati e rimpatriati.
Sempre nel 1929, Cosma prende il comando della Legione di Milano.
Riesce a sventare l'attentato al Re, chiamato per l'inaugurazione per la Fiera Campionaria ma purtroppo non arriva a intercettare tutti gli ordigni e una bomba colpisce la gente in piazza, accorsa per salutare il Re.
La polizia fascista, senza svolgere indagini approfondite, attribuisce le colpe dell'attentato agli anarchici e Cosma, di cui non viene affatto compreso l'impegno in questa circostanza, è punito con un allontanamento a Livorno.
Intanto i Redenti organizzano grandi raduni per rinnovare la riconoscenza che si deve al loro eroe, a papà Manera (come ancora lo chiamano).
La sua scarsa simpatia per il regime fascista lo fa desistere dagli incarichi ufficiali mentre continua a ricevere eccezionali sensi di stima da parte del mondo estero.
Ad esempio, nel 1939, con l'imbarazzo dei ranghi del Regime, il generale Tarauci, di passaggio a Roma, chiede di conoscere Cosma Manera a cui consegna, da parte del suo Governo, la spada da Samurai.
Cosma, allo scoppio della Seconda Guerra mondiale, trasferito in riserva e promosso Generale di Divisione, è soprattutto un conferenziere, scrittore di articoli su riviste e giornali, si occupa del prossimo e della sua famiglia.
Presso la sua casa di campagna a Rivalta dà ospitalità a fuggiaschi e profughi.
Nel 1958, con la consapevolezza di aver pienamente vissuto, muore circondato dall'affetto della moglie e delle sue figlie.
E i solenni funerali di Stato rendono giustizia alla grandezza dell'italiano illustre.

 

 

 

 

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