Kamelot




[Racconto di Giovanna Gra]


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durata 17 minuti - Credits



Una volta entrato nella stanza del castello a lui destinata, Art crollò sotto il peso della sua armatura.
In questo modo, molte ore dopo, lo trovò Saro che era venuto a svegliarlo per condurlo al cospetto di Bel.
Adesso sì, era a pochi passi dalla prova del fuoco.
Sarebbe uscito re o dannato per sempre.
Artorius cercò di carpire qualche informazione dal suo nuovo amico, ma questi, con pochi e rapidi gesti, gli fece capire che aveva la consegna del silenzio.
Dunque tacquero e attraversarono il castello.
Il tragitto fu lungo e intricato.


***



"Siete pronto stamane ad affondare le mani nei vostri più reconditi umori?", chiese Bel al principe quando lo vide entrare nell'immensa sala.
"Lo sono!", rispose lui fermo ma con voce leggermente impastata dalla tensione.
"Molto bene", sorrise la donna soddisfatta, "desiderate togliervi l'armatura?
Non ne avrete bisogno qui dentro"
Artorius sospirò: "Non è mancanza di fiducia ma... per abitudine preferirei tenerla."
"Come desiderate."

Bel iniziò a gettare polveri colorate fra le fiamme del suo braciere.
Dalla combustione di ciascuna polvere si diffusero degli aromi.
E per ciascuno di questi, un ricordo affiorava nella mente del principe.
I prati della sua infanzia, l'odore di suo fratello Caitlin, i vestiti di sua madre che sapevano di bucato, il legno della foresta, il mantello di Guado.

Insomma, stava percorrendo con l'olfatto tutta la sua vita e, più si avvicinava al giorno in cui aveva incontrato Eleonor, più le sue gambe e la sua forza interiore venivano meno.
Bel lo spiava guardinga.
Quando Art incominciò a sentire gli effluvi del mare non fu difficile capire che di lì a poco sarebbe giunto il momento.
Lo assalì il panico... no, non ce l'avrebbe fatta!
Doveva fermarla... creare un diversivo...
Aveva bisogno di riprendersi o le forze lo avrebbero definitivamente abbandonato.
"Mi hanno detto che ieri sera avete avuto una brutta partita di caccia", disse barcollando con un filo di voce.
Bel si girò come una tigre: "Accidenti a Saro!
Cosa ne sapete voi della mia battuta di caccia?!"
Ma Art non fece in tempo ad aggiungere altro perché svenne, stremato, ai piedi del monumentale braciere.



Beltaine chiamò le guardie.
Entrarono insieme a Saro.
Distesero il principe su un tavolo per spogliarlo della pesante armatura, mentre la donna attendeva impaziente in un'altra stanza.

Dopo diverso tempo, Saro entrò esitante nella sala dove Beltaine attendeva notizie.
Avevano gli abiti di Artorius fra le mani, le stoffe erano sporche di fango e sangue, sparito ogni ricamo e, solo lontanamente, s'intuiva fra le pieghe la sagoma sfilacciata del cervo con la corona.

"Beh, quali nuove?", chiese la donna con grande apprensione.
Ma l'espressione di Saro non lasciava dubbi.
Aveva i vestiti in mano e piangeva.
"Di cosa parli?
Ditemi che non è vero... ditemi che mi ha mentito..."
Bel guardò Saro furente e non disse nulla, anche se alla luce del braciere i suoi occhi scintillavano di stizza.
"Perché sapeva della mia battuta di caccia?
Ti avevo chiesto di non parlarne ad anima viva."
Saro era pallido in volto.
"Ritirati nelle tue stanze Saro, ne riparleremo", ordinò Bel stringendo fra le mani gli abiti del principe.

Fissava immobile l'uomo che usciva dalla porta e, quando questi se ne fu andato, si voltò verso Artorius.
Al posto dell'uomo, ora, c'era un grosso lupo grigio, immobile, al centro della stanza.
"Ma Bene!", disse il lupo.
"Adesso che tu e Artorius avete alterato il corso della storia cosa pensi di fare?", chiese camminando avanti e indietro nervosamente.
"Non doveva, non doveva andare così!!!", strillò Bel.
"Smettila Eleonor, ne ho abbastanza delle tue follie!
Bisogna essere pazzi per sfidare la storia."
"Volevamo solo rivederci, Merlino, per l'ultima volta."
"Per questo lo hai convinto a vivere altre leggende?
Per rivederti?", domandò il mago con rabbia.


Ma Eleonor era decisa a difendere la sua scelta anche a costo di rimetterci la testa, anche a costo dell'esilio.
"E va bene, quest'unione non sarà stata scritta dal cielo, non avrà avuto sostanza per il fato, né patria per il mondo, eppure si è compiuta nel cuore di una donna e di un uomo."
"Gli uomini non decidono nulla!", urlò Merlino rivoltandosi come una fiera ferita, "L'unico autore a questo mondo è il destino!
Il destino scrive, il destino trama, il destino lascia che si compia", ululò furioso, "... ma che regno è il cuore di un uomo?
Anzi, io ti domando:
è un regno?
Ed è per questo stupido muscolo che avete brigato contro il fato?"
"Se la parola amore non ti basta, allora sì, è per questo!", rispose Eleonor impenetrabile, poi aggiunse:
"E va bene, abbiamo disubbidito al disegno, ma dimmi: avevi forse da suggerire un luogo più lontano dalla realtà di una leggenda?"
"LUI!
Lui, doveva essere leggenda!
Doveva essere il più grande, il re da prendere ad esempio!"
Il lupo digrignò i denti e sibilò: "Ti concedo questa notte per un ultimo saluto e ti avverto, gioca bene le tue carte Eleonor!"
Eleonor singhiozzò: "Adesso?
Adesso che tutto è andato perduto?
Cosa vuol dire gioca bene le tue carte?"
Ma il druido disse: "Voglio che abbia funerali solenni."
Dopo ciò, infilò la porta e scomparve.

Eleonor, sola, si affacciò alla finestra singhiozzando, spiando la luna bianca e distante.
Era quasi piena.
"Oh, luna, signora dei grandi misteri, aiutami, te ne prego..."
Rimase a spiarla, disperata e rapita, quando, nel soldo di latte, le parve di scorgere una sagoma, la figura di un cervo che la fissava in silenzio.
Scossa, Eleonor chiuse gli occhi ma, riaprendoli, lo vide ancora.
Poi, improvvisamente, le tornò in mente il simbolo sfilacciato del mantello di Artorius: un cervo con in testa una corona.
"Un momento", disse fra sé, "questo è il simbolo del Re Cervo, metà uomo e metà animale."

Si gettò sul corpo senza vita di Artorius esaminandogli la ferita, era alla gamba sinistra!
La sua folle, folle, supposizione aveva qualche fondamento.
Sul tavolo, il giovane principe giaceva abbandonato e, anche se senza vita, era più bello che mai.
Eleonor gli passò una mano sulla fronte adorandolo.
Tremante, avvicinò le sue labbra a quelle del ragazzo e lo baciò con dolcezza e passione.
A quel bacio le labbra di lui si schiusero e la foglia d'oro cadde sul suo petto.
Dunque era lui il cerbiatto in riva al lago, il re metà uomo e metà animale, titolo accessibile solo a chi ha dato la caccia a un cervo bianco!
E Artorius era nato cacciatore.

Eleonor attese trepidante, ma non invano.
Dopo qualche istante gli occhi del giovane le sorrisero di nuovo.
"Eleonor", sussurrò lui riconoscendola e cercando nuovamente di baciarla.
"Fermati, non devi perdere tempo.



Hai tre desideri da esprimere e nel primo devi desiderare di vivere...", gli sussurrò lei ansiosa.
"E sia... che io viva!", mormorò Art sorridendo.
"E poi che sarai il grande Re della leggenda..."
"Sì, il grande re...", continuò lui tossendo grazie alla vita che stava tornando fra le sue membra.
"E il terzo...", ma lui le pose delicatamente un dito sulla bocca e disse: "E il terzo è un altro giorno da trascorrere con te in questo mondo... esclusa stanotte naturalmente!"
I due risero abbracciandosi, poi, soffiando sulla candela che gli illuminava il volto, Art annunciò: "Ovviamente, a Merlino lo diremo domani."


***



"Finalmente si parte?", urlò Merlino arrivando al galoppo di uno splendido cavallo bianco appena vide Artorius ed Eleonor giungere sul ponte levatoio.
"Sì, si parte", gli fece eco il ragazzo, sospirando.
"Abbiamo sempre un terzo desiderio...", gli sussurrò la giovane donna per fargli coraggio.
"Dunque, Eleonor, hai saputo giocare le tue carte", osservò enigmatico il druido guardando Artorius con una certa impazienza.
La giovane donna annuì complice.
"Sono pronto, sono pronto", si affrettò il ragazzo alzando le mani in segno di resa.
Merlino sfilò un grosso mantello di pelliccia legato alla sella e lo lanciò al principe: "Mettiti questo, o avrai freddo."
Art agguantò il mantello: "Ma quanto pesa?
Hai davvero paura che mi ammali?"
"Chissà", rispose il druido, "forse è il mantello delle grandi responsabilità... nell'incertezza tienilo, il viaggio sarà duro e oltremodo freddo."
Eleonor aiutò Artorius a indossarlo mentre Saro, commosso, gli porgeva le redini del cavallo.
"Allora...", disse il futuro sovrano alla ragazza, "Ci vedremo quel giorno?" "Quel giorno...", rispose lei sorridendogli, "Sii buono e giusto, e abbi cura di te!"
"Anche tu", le sussurrò Art in un orecchio.
Poi, per non commuoversi, spronò il purosangue gettandosi in un furioso galoppo mentre Merlino, che faticava a tenere il passo, inveiva correndogli dietro sul suo destriero.

Così cavalcarono per molti giorni.


***



Quando da lontano scorsero il castello, notarono subito che qualcosa era cambiato.
"Cosa te ne pare?", chiese Merlino guardando avanti ma ben sapendo che Artorius lo fissava incredulo.
"Beh, è molto blu, ma accidenti se è bello!"
"Kamelot", sentenziò il saggio druido.
"Non più Tintagel?", chiese il ragazzo stupito.
"No, Tintagel era nella vita precedente.
Sei partito ragazzo, stordito dalle ombre e dai desideri, e ritorni oggi che sei un uomo, anzi, il Re Cervo che attraversa il mondo della morte e ne esce vittorioso... come cantano i bardi."
"Mhhh, hai già incontrato la principessa Ginevra?", s'informò Art.
"Certamente.
Ha preso possesso dei suoi appartamenti e non vede l'ora d'incontrarti."

Cavalcarono ancora per qualche istante in silenzio.
Intorno, un regno di muschio e licheni rendeva il loro passaggio silenzioso e gradito ai cavalli.
"Dunque, la tua profezia si è avverata maestro?
Ginevra ha portato un dono oltre la sua dote?", chiese Artorius divertito.
"Già", rispose il druido compiaciuto, "la mia profezia si è avverata", e lasciò la frase in sospeso affinché l'altro domandasse ancora.
"E non posso sapere la natura del regalo?"
"Certo... ma ti vorrei far notare che la mia profezia si è già avverata ancor prima di svelarti il dono."
"Non mi pare proprio...", osservò dispettoso Artorius sistemandosi sulla sella, e aggiunse: "Vediamo... hai detto:

Ella verrà e avrà seco il corredo e l'omaggio.
Non sarà stoffa, né oro, né perle, ma legno biondo e sambuco.
Da esso il regno trarrà la sua forza,
Se egli siederà dove deve, lasciando al pericolo la sedia al suo fianco, questo produrrà frutti.
L'indipendenza genererà pace e pace terrà lontana guerra.
E quando il cervo avrà attraversato le nebbie, l'urlo dell'orso riecheggerà nelle valli.
E' allora che la stagione giunge, è allora che il drago rosso sarà alle porte...
.

Non mi sembra si sia avverato un granché!"
"A no?
Stai scherzando spero!"
"Affatto!", ridacchiò il principe.
Ma Merlino non aveva nessuna voglia di giocare e, lasciando andare a passo lento il suo purosangue, si dispose a spiegare.
"Non hai forse attraversato le nebbie come un cervo?"
"E va bene, chi uccide un cervo bianco diventa metà uomo e metà bestia, questo lo sanno anche i bambini, ma il resto?
L'urlo dell'orso che riecheggerà nelle valli?"
"Ah!
Hai un orso sulla schiena e nemmeno te ne accorgi", gli fece notare Merlino dando un colpo di tacco al suo cavallo cha aveva ulteriormente rallentato.
"Che mi venga un colpo, il mantello?", chiese il ragazzo.
"Già il mantello..."
"Accidenti... e il drago rosso?"
"Bada, giovane, non ti venga mai più in mente di fare questa domanda in pubblico"
"Perché?"
"Come fai a non sapere che il drago rosso era il simbolo sulla corona di tuo padre!"
"Mio padre era un contadino... "
"Tuo padre era Uther Pendragon... il contadino era una copertura!"
"E va bene, vada per l'orso, per il cervo e per il drago, ma l'omaggio biondo e di sambuco?
Dai, questa l'hai sparata grossa, e non è che siccome diventerò re potrò graziare tutte le stupidaggini che dici...", disse Art entrando in una gola tappezzata da felci e muschi che i due si disposero ad attraversare in fila indiana.

"L'omaggio biondo e di sambuco...", disse Merlino lievemente sarcastico, mentre un'eco flebile ripeteva le sue parole, "è una tavola!"

"Una tavola!?", domandò il futuro re, "E che me ne faccio di una tavola?"
"Ci metti a sedere i dodici principi che, d'amore e d'accordo, ti offriranno i loro servigi, lasciando un seggio vacante per questo povero vecchio che sarei io.
E quando io non ci sarò più, lo chiamerai seggio periglioso e ti servirà per affrontare altre avventure di questo o dell'altro mondo."

I due erano ormai in fondo alla gola e le loro voci si perdevano fra i cinguettii degli uccelli.
"E cos'ha questa tavola di bello, oltre a essere di sambuco?", chiese Artorius.
"E' rotonda, cioè a dire:
niente privilegi, solo grandi uomini"
"Rotonda?!
Ah, ah, questa davvero non s'è mai sentita, una tavola rotonda!!", rise Artorius allontanandosi al trotto.
"La sentirai, la sentirai...", gli rispose Merlino superandolo al galoppo e puntando dritto al castello.
Il grande castello blu, emblema e fortezza del regno di Kamelot.

 

 

 

 

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