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A "Ossi di Seppia" la rivolta di Rosarno

La realtà oltre i limiti della decenza

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È il 7 gennaio 2010 quando, a Rosano, due braccianti di origine africana vengono feriti con colpi d’arma da fuoco. La reazione è pressoché immediata e scoppia la rivolta degli immigrati. In quel paese, che negli anni ’60 chiamavano “la piccola America” e la cui ricchezza deriva dagli agrumi, comincia la lotta dei poveri contro i poveri. Nella quindicesima puntata di “Ossi di Seppia, quello che ricordiamo”, da martedì 3 gennaio su RaiPlay e venerdì 6 gennaio in seconda serata su Rai 3, si ripercorrono gli eventi che portano a scontri violenti. Da una parte alcuni gruppi di cittadini e dall’altra quegli extracomunitari che lavorano i campi del territorio per meno di venti euro al giorno. Si parla di 1500 persone, ma forse anche di più, tutti uomini per lo più provenienti dall’Africa e che vivono oltre i limiti della decenza fra baraccopoli e tendopoli in strutture abbandonate. Voce narrante della puntata è Elisabetta Tripodi, ex sindaco di Rosarno. È la lotta degli immigrati che reagiscono allo sfruttamento di imprenditori fuori legge. Armati di spranghe e bastoni mettono a soqquadro il paese, distruggono centinaia di auto con a bordo addirittura donne e bambini, mandano in frantumi vetrine di negozi, danneggiano alcune abitazioni, incendiano cassonetti e seminano paura fra i residenti. Un paese sottosopra malgrado l’intervento delle forze dell’ordine e di Francesco Bagnato, l’allora commissario prefettizio che regge il Comune dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose.