Rai.it
Rai

L'intervento di Carlo Fuortes, ad Rai, alla Commissione Lavori Pubblici del Senato

(none)
Ringrazio il Presidente e Senatrici e Senatori componenti della Commissione Lavori pubblici, Comunicazioni per l’invito a partecipare all’audizione sui disegni di legge sulla Riforma RAI. La Presidente si è soffermata sul sistema di governance Rai mentre io farò alcune riflessioni, come anticipato, sulla tematica del finanziamento Rai.
In linea generale la governance deve essere affiancata da un sistema che garantisca risorse certe e adeguate, così da consentire al vertice nominato con le regole che verranno scelte di concentrarsi sul raggiungimento degli obiettivi affidati alla concessionaria pubblica, obiettivi che sono sicuramente economici ma prima ancora e innanzitutto editoriali, meglio ancora culturali, sociali e industriali. Il finanziamento del servizio pubblico, nell’ammontare appropriato, è quindi un prerequisito indispensabile, deve essere cioè tale da non porre la società in una condizione di “minorità”, tale da impedire di rispettare l’essenziale principio di indipendenza che costituisce la qualità che connota la costituzione dei servizi pubblici e la loro capacità di agire. Pertanto, è indubbio che il finanziamento debba essere commisurato e adeguato agli obblighi assegnati, stabile e trasparente.In realtà, come potrete verificare dalla relazione che ho presentato alla Commissione parlamentare di vigilanza lo scorso 12 ottobre, e che metto a disposizione, rispetto agli altri broadcaster pubblici, il servizio pubblico italiano è complessivamente sottofinanziato in riferimento ai costi associati agli obblighi ad essa imposti e che rispondono all’esigenza di essere, tra l’altro, pluralista. Inoltre, troppo frequenti interventisull’entità del canone o sulle modalità di riscossione rendono evidente, da un lato, l’assenza di un quadro di certezze in cui Rai possa svolgere la sua missione e, dall’altro, la difficoltà di elaborare previsioni economiche solidamente affidabili. Si consideri ad esempio il recente dibattito sulla modifica della modalità di riscossione del canone nel quale sembra spesso essere dimenticato che la bolletta elettrica altro non è che un veicolo di riscossione, individuato per contrastare il troppo a lungo tollerato e anomalo livello di evasione del tributo e garantire così a Rai le somme necessarie ad adempiere agli obblighi di servizio pubblico, e non certo un onere improprio che grava sul costo dell’energia elettrica, posto che è indicato con evidente trasparenza nella fattura dei relativi fornitori. Ciò premesso, nel corso dell’audizione in Commissione di Vigilanza che ricordavo prima ho illustrato attraverso la presentazione del documento “Analisi trend e prospettive delle risorse RAI”, una fotografia, credo puntuale ed esaustiva, dell’andamento delle principali variabili economiche con riferimento all’arco temporale 2008-2020. Da tale ricostruzione emerge con evidenza che, pur in presenza di risultati editoriali e di un’ampiezza di offerta tra le più ricche e apprezzate tra i grandi servizi pubblici, alla luce degli impegni che Rai è chiamata a svolgere il quadro economico-finanziario e le relative prospettive sono preoccupanti, anche per sanare i ritardi accumulati a causa dei mancati o ritardati investimenti degli anni passati dovuti proprio alla carenza delle necessarie risorse. 
Riscontro con piacere che fra gli auditi, fino ad oggi, c’è stata unanimità nell’evidenziare l’esigenza di garantire risorse certe e adeguate al servizio pubblico radiotelevisivo e,
sottolineo, multimediale. Si tratta, a ben vedere, di un attestato che marca la rilevanza di Rai nel sistema culturale, sociale ed economico del nostro Paese; un riconoscimento che sottolinea (come sappiamo, ma è bene che siano altri a sottolinearlo) che Rai è un attivatore di positive ricadute per i diversi mercati in cui opera e che quindi le risorse assegnate a Rai in realtà si traducono in risorse delle quali beneficia il sistema. Ne beneficia in una logica moltiplicativa perché Rai non trattiene ma investe, a vantaggio della collettività intesa in senso ampio. Diverse possono essere le soluzioni e i modelli, prendendo come riferimento i broadcaster pubblici di alcuni Paesi europei. Prescindendo però dallo specifico modello che verrà ritenuto più idoneo, ciò che conta è fissare, per un congruo periodo temporale, direi  tendenzialmente non inferiore al quinquennio, che è poi la durata del Contratto di servizio, risorse coerenti con gli impegni minimi richiesti dalla Convenzione e quelli ulteriori stabiliti, appunto, da tale Contratto. Impegni che chiaramente hanno un profilo temporale pluriennale, come gli investimenti tecnologici sulle diverse piattaforme e quelli legati alle nuove dinamiche digitali che Rai, con maggior forza negli ultimi anni, ha iniziato a presidiare con attenzione, continuità e approccio strutturale. Senza dimenticare anche l’urgenza di importanti interventi per mantenere su standard avanzati l’imponente patrimonio immobiliare e produttivo che costituisce un vanto per il servizio pubblico e la sua vocazione distributiva territoriale. I centri di produzione, mi piace ribadirlo, con le diverse specializzazioni e la sostanziale saturazione assicurano la prossimità necessaria a garantire il migliore assolvimento degli obblighi del servizio pubblico. E’, infatti, evidente, come dimostra in modo inequivocabile la progressione dell’indebitamento finanziario netto negli ultimi anni, che ben difficilmente l’attuale struttura industriale e produttiva sarà in grado di rimanere sostenibile nel medio periodo in assenza di risorse stabilmente adeguate, intendo dire adeguate al livello funzionale ad affrontare la mole degli impegni che Rai presumibilmente dovrà sostenere in prospettiva per rimanere, quale è oggi, un soggetto rilevante del sistema. Come noto, in un sistema di finanziamento duplice, la risorsa di gran lunga prioritaria è il canone: tuttavia, il relativo valore unitario è strutturalmente, come ben noto, il più basso in tutta Europa: 90 euro. Una somma distante da quelle degli altri Paesi al punto da rendere quasi irrilevante la compresenza compensativa, per Rai, della fonte integrativa degli introiti costituita dalla raccolta pubblicitaria. Senza fare riferimento alla Svizzera e all’Austria, Paesi nei quali l’importo unitario è superiore o pari a 300 euro, o alla Germania e alla Gran Bretagna, nei quali è pari rispettivamente a 220 e a 185 euro, in Francia il canone ammonta a 138 euro, oltre il 50% in più rispetto all’Italia.
Se, in aggiunta, si considerano le varie trattenute (tassa concessione governativa, IVA e Fondo per il pluralismo e l’innovazione, per effetto dell’ultima riforma, efficace dal 2021), dei 90 euro unitari Rai ne percepisce solo l'86 per cento, mentre negli altri Paesi (Regno Unito, Germania, Francia) i gestori del servizio pubblico percentuali comprese tra il 96 e il 98 per cento, quindi la quasi totalità. Il canone, quindi, è una risorsa incongrua rispetto agli obblighi e alle attività che la Rai svolge ed è tenuta a svolgere come certificato anche dalla Contabilità separata, l’adempimento imposto all’Azienda proprio per attestare il costo complessivo del servizio pubblico e fornire alle autorità competenti lo strumento indispensabile per consentire di assicurarne la piena copertura da parte appunto delle risorse pubbliche.
Dal 2008 al 2020, inoltre, come anticipato, il canone ha avuto un andamento molto tormentato sull’onda dei frequenti interventi normativi che lo hanno interessato. Va dunque riconosciuto che, oltre ad essere incongrue, le risorse da canone sono anche molto incerte, caratteristica che rende particolarmente complessa l’attività di pianificazione, specie in ottica pluriennale e specie in un contesto di forte evoluzione, in mondo in cui è di fatto bandita la continuità. Decenni fa, con una tecnologia stabile, un mercato con pochi operatori, il tema non sarebbe stato così rilevante, ma da tempo il contesto tecnologico nel quale si agisce è cambiato e, inaspettatamente, può cambiare con frequenza ravvicinata. In termini quantitativi, è sufficiente osservare che tra il 2013 e il 2020 i ricavi da canone ordinario sono leggermente diminuiti. Quindi l’incremento delle risorse conseguente alla revisione del sistema di riscossione del canone ordinario, finalizzata a ridurre il tasso di evasione entro limiti consoni ad un tributo, è stato riassorbito per effetto dei successivi provvedimenti che hanno annullato il beneficio transitorio del 2016, anno in cui è entrata in vigore la suddetta nuova modalità. 
La pubblicità è la seconda fonte di finanziamento per la nostra azienda. Nel periodo 2008-2020, il mercato pubblicitario tradizionale complessivo ha subito, principalmente a causa della grande crisi post 2008, un sostanziale dimezzamento, da 9,8 miliardi a 5 miliardi; parallelamente, a partire dal 2013, è più che raddoppiata la componente social e motori di ricerca, passata da 1,3 miliardi a 2,8 miliardi. Per Rai, questo si è tradotto in una contrazione dei ricavi pubblicitari per oltre 600 milioni. Da poco meno di 1,2 miliardi a quasi 600 milioni. Queste sono le dinamiche del recente passato, senza dimenticare che dal 1° gennaio 2022 sono entrate in vigore le nuove disposizioni in tema di limiti di affollamento pubblicitario, le quali, per la sola concessionaria pubblica, segnano una importante penalizzazione, con un successivo inasprimento a partire dal 1° gennaio 2023. Cercando di sintetizzare le dinamiche del finanziamento complessivo Rai, quindi, le risorse possono essere definite: 
- incongrue, e lo sono sempre di più rispetto agli obblighi da contratto di servizio e alle attività svolte;
- in riduzione negli anni; instabili e incerte, in quanto modificate a più riprese da interventi normativi;
- imprevedibili ed esposte a variabili esterne legate ai mutamenti dei mercati di riferimento.
Per compensare le minori risorse, nel periodo preso in esame, si è principalmente intervenuti con una importante riduzione dei costi esterni, pari a quasi 800 milioni di euro. Le Direttrici per realizzare questo contenimento sono stati la riduzione dei costi unitari dei programmi e l’ottimizzazione del palinsesto e, fin dove consentito dalla rigidità  dell’assetto immobiliare, la razionalizzazione dei costi generali e per servizi. Mi sembra molto importante dare atto di questi risultati, realizzati da chi mi ha preceduto, perché serve a sfatare i tanti luoghi comuni che purtroppo ancora vengono alimentati intorno alla Rai da una narrazione che mi limito a definire semplicemente disattenta e superficiale, ma capace di arrecare gravi danni alla sua reputazione nei confronti dei cittadini. Ulteriori spazi di intervento sono oggettivamente ristretti e difficili perché incompatibili con perimetro industriale e ampiezza della missione. Il nostro impegno prioritario è focalizzato alla migliore collocazione delle insufficienti risorse sulle quali attualmente Rai può contare per proseguire il percorso di trasformazione digitale, in linea con gli obiettivi generali delineati per il Paese dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Si tratta di un percorso da compiere cercando di individuare il migliore bilanciamento tra segmenti di mercato tradizionali, ancora e per molto tempo centrali per importanti fasce della popolazione, e settori nuovi, nella consapevolezza che il finanziamento dei progetti di sviluppo e di rinnovamento richiede risorse assai più ingenti rispetto a quelle attuali. A richiedere ingenti investimenti sono questi progetti, la disattivazione del digitale terrestre altrimenti detta switch off e il riposizionamento delle frequenze chiamato refarming, l’ampliamento dell’offerta specializzata e digitale e quelli risalenti al contratto di servizio. A diversi livelli, questi investimenti se differiti aprirebbero la strada proprio a quel ridimensionamento del ruolo dell’Azienda che va scongiurato. All’attento controllo delle leve economiche che ha permesso di mantenere un sostanziale pareggio di bilancio (da non confondere tuttavia con un sano e sostenibile equilibrio economico prospettico), si abbina infatti, nonostante le misure adottate, un preoccupante progressivo peggioramento della posizione finanziaria netta. Quest’ultima indica l’incapacità di generare flussi di cassa positivi per sostenere adeguatamente i piani di investimento e sviluppo.
Al di là di operazioni straordinarie sulla configurazione attuale di Rai (che sarebbero tuttavia in marcata contraddizione con il ruolo che il servizio pubblico - gratuito e oggettivamente universale – è chiamato a svolgere), l’inversione di questa tendenza può essere realizzata soltanto dall’intervento dello Stato in quanto è evidente che sbilanciamenti strutturali possono essere corretti solo da Parlamento e Governo, esulando dalle possibilità dirette dell'Azienda. Queste considerazioni, saldate a quelle svolte dalla Presidente sul tema più specifico della governance, forniscono quindi il quadro della situazione di difficoltà attuale e prospettica nella quale Rai è chiamata a operare e confermano la considerazione che l’Azienda riserva ai lavori che con scrupolo e lungimiranza questa Commissione sta portando avanti. La necessità di dotare Rai di risorse adeguate in una fase di continue innovazioni tecnologiche ed enormi trasformazioni del mercato e delle abitudini degli utenti non è solo una questione specifica e settoriale. È un’esigenza alla quale è interesse dell’intero Paese corrispondere in modo sufficiente a garantire alla democrazia italiana di poter disporre, anche in futuro, di un sistema pubblico multimediale pluralista e capace di fornire servizi all’insieme della società e non soltanto a parti di essa.  È un’esigenza, onorevoli senatrici e senatori, sulla quale ritengo mio dovere richiamare l’attenzione. Nell’interesse degli italiani di oggi e di domani, nell’interesse delle istituzioni rappresentative che esprimono le volontà dei suoi cittadini.