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"Voci notturne", il thriller tv di Pupi Avati

Per la notte di Halloween torna la miniserie cult firmata dal maestro del cinema italiano

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"Dove finisce la ragione comincia un territorio che non ci appartiene, nel quale siamo intrusi: una terra che ha regole che non conosciamo, dove si parla una lingua misteriosa e dove le nostre logiche non sono utilizzabili in alcun modo. Noi in questo territorio possiamo solo subire un mistero, che, anziché disvelarsi, si fa sempre più impenetrabile".
 
Da martedì 31 ottobre, in vista della notte di Halloween, le Teche Rai riportano su RaiPlay (https://www.raiplay.it/programmi/vocinotturne) la miniserie cult “Voci notturne”, originale thriller ideato e scritto appositamente per la televisione dal maestro Pupi Avati.
Trasmesso in cinque puntate su Rai Uno dal 24 settembre al 15 ottobre 1995, questo anomalo sceneggiato diretto da Fabrizio Laurenti non ebbe immediatamente un grande riscontro di pubblico, ma divenne nel tempo un titolo di riferimento per gli appassionati del genere, accrescendo il numero degli estimatori a partire dalle sporadiche repliche andate in onda solo molti anni dopo.
La fama di questo piccolo gioiello giallo-horror si è quindi tinta di un’ulteriore patina di misterioso fascino, legata alla rarità dei suoi passaggi televisivi e all’assenza di una versione home video ufficiale. Ma al di là delle leggende metropolitane sul capolavoro dimenticato, sparito nel nulla o nascosto in chissà quale scantinato degli archivi Rai, la vera forza di “Voci notturne” è da ricercare nella complessa e avvincente trama che mescola poliziesco e sovrannaturale, storia ed esoterismo: azzardo forse troppo audace per una fiction italiana degli anni ’90, ma oggi sicuramente da rivalutare alla luce della coraggiosa serialità contemporanea.
La penna di Pupi Avati è del resto una garanzia: il grande regista bolognese, memore delle sue incursioni nel filone dell’orrore cinematografico fin dagli inizi legati al “gotico padano” (su tutti “La casa dalle finestre che ridono” del 1976, ormai un classico), crea un’intricata vicenda che si sviluppa tra Roma e gli Stati Uniti, attraverso le indagini parallele della polizia della capitale e di un detective privato sul caso di un giovane rinvenuto morto nelle acque del Tevere. Da qui la storia prende direzioni molteplici, con numerosi personaggi coinvolti nella ricerca della verità ma su piste diverse, che non fanno però che aumentare gli inquietanti interrogativi, soprattutto da quando dall’America cominciano ad arrivare alcune strane telefonate nelle quali la voce della vittima cerca di contattare i propri genitori.
Come accadeva in un altro celebre exploit del fantastico televisivo, “Il segno del comando” (1971), Roma si trasforma in uno scenario intriso di magia e di mistero, in cui un fatto di cronaca nera apre inaspettati squarci su miti e riti del passato più antico, così come gli intrighi politici e affaristici si complicano con il riemergere di misfatti compiuti nel corso della Seconda guerra mondiale da oscure figure connesse con il mondo delle sette esoteriche. 
A contribuire alla riuscita di un prodotto davvero unico nel panorama della fiction nostrana, un nutrito cast “corale” di ottimi interpreti completamente al servizio della sceneggiatura di Avati e della regia di Laurenti: Massimo Bonetti (in seguito protagonista del grande successo “La squadra”), Lorenzo Flaherty, Carolina Rosi, gli americani Jason Robards III e Mary Sellers, ma anche due veterani come Arnaldo Ninchi e Cesare Barbetti (la “voce italiana” di Robert Redford e tanti altri) e gli allora giovanissimi Stefano Accorsi e Stefania Rocca.