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I lati nascosti di "Sanremo. Città invisibile"

Giuseppe Sansonna racconta la città oltre il Festival

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Altro che la musica del Festival. In principio è il rumore di un’esplosione. E nessun cantante. Solo Alfred Nobel che testa i suoi esplosivi sparando dalla villetta in stile liberty e moresco eletta a suo nido. Diffide e denunce non bastano a fermarlo, ma il padre della dinamite è anche un idealista e, proprio a Sanremo, firma il suo testamento, dando vita al premio che ancora oggi porta il suo nome. Un pezzo di storia dell’“altra” Sanremo che Giuseppe Sansonna racconta insieme ad altri aspetti poco noti della città “fagocitata” dal Festival della Canzone Italiana, che resta il convitato di pietra nel doc “Sanremo. Città invisibile”, in onda domenica 26 maggio alle 22.10 su Rai 5. 
Uno spaccato che parte dalla città medievale, la Pigna, con le sue case ammassate sui vicoli e incurvate come squame. È una zona della città che il sanremese Italo Calvino - di cui parla la scrittrice Laura Guglielmi, autrice di un libro a lui dedicato - descrive “grigia e porosa come un osso dissotterrato”. Lui la vede come una casbah – la parte fortificata nelle città arabe. Sopra la Pigna, nel quartiere di San Costanzo, da oltre 20 anni, prende vita un festival parallelo a quello di Sanremo, il più alternativo sulla scena rock italiana: “Rock in the Casbah”. Il nome è una citazione a Calvino, ma anche ai The Clash. Il suo ideatore Larry Camarda racconta la Sanremo degli anni Ottanta come una città difficile, classista e travolta dagli scandali in Comune e al casinò. Sempre nel fitto della Pigna lo scrittore Adriano Morosetti ambienta il suo noir che si sviluppa a margine del Festival di Sanremo. Lui descrive la città come un paesone con tutti i vizi della provincia italiana ma scosso da un giro di affari enormi dovuto a festival, casinò e turismo, che fa gola alla criminalità. In questa zona, c’è anche l’accademia della Pigna, un autoproclamato “sultanato dello swing” con tanto di fez e titoli altisonanti. Il suo sultano Freddy Colt, musicista e scrittore spiega: “All’accademia soprattutto si fa swing, un genere che non annoia mai”.
Sanremo è Sanremo, ed è molte cose contemporaneamente. Cosmopolita e assolata. Esilio dorato di teste coronate in fuga – qui muore Maometto VI, forse avvelenato, dopo la dissoluzione dell’Impero Ottomano. Sempre qui, i vincitori della grande guerra, spartiscono il suo impero. È polo di spionaggio e sanatorio per tisici ricchi provenienti dal Nord Europa. È capitale italiana della belle époque, inghiottita dal cemento della speculazione edilizia, che Calvino denuncia già nel 1957 nel libro omonimo. Lo stesso anno scrive anche “Il Barone rampante”. L’opera, tra le altre cose, è un breviario delle piante dei boschi sopra Sanremo e della flora esotica della città, che Calvino conosce bene grazie alla mamma botanica.
Il reperto più significativo della belle époque sanremese rimane il casinò, con i suoi avventori e le loro particolarità. Nei “favolosi anni Cinquanta” ci sono passati tutti i divi, immortalati dal fotografo locale Alfredo Moreschi, antesignano dei paparazzi. Anche Calvino ci andrà, ma solo per recuperare l’amico Tommaso Landolfi, incollato alla roulette.