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L'intervento di Marinella Soldi, Presidente Rai, alla Commissione Lavori Pubblici del Senato

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Ringrazio il Presidente e i Senatori componenti della VIII Commissione per l’invito rivolto alla sottoscritta, in qualità di Presidente, e all’Amministratore Delegato di partecipare all’audizione sui disegni in esame relativi alla Riforma della RAI. 
Tutti i disegni di legge presentati hanno l’obiettivo di “garantire alla società concessionaria del Servizio Pubblico la massima indipendenza di gestione”, mettendo Rai “in condizione di competere nello scenario futuro, recuperando quella autonomia e indipendenza strutturali che rappresentano la condizione per realizzare una vera diversità di contenuti editoriali rispetto alla televisione commerciale”, e garantendo meglio il “pluralismo e le qualità proprie del Servizio Pubblico”. I disegni di legge sulla Riforma Rai, quindi, hanno tutti il duplice obiettivo di consentire alla concessionaria del Servizio Pubblico di competere nel futuro panorama audiovisivo e di garantirne indipendenza, trasparenza, pluralismo ed efficienza. Una Rai più snella, agile nelle azioni, competitiva nel nuovo mercato digitale, attenta a tutte le voci della società italiana.
Nel corso delle audizioni svolte finora sono emerse in modo chiaro alcune tematiche condivise, che possiamo considerare un minimo comune denominatore, in particolare: 
•    necessità di garantire indipendenza e autonomia della Governance RAI nell’ambito di un mandato ben definito e di durata maggiore rispetto a quella attualmente prevista; 
•    certezza delle risorse. L’Azionista deve poter garantire – per un periodo congruo – un sostegno finanziario adeguato all’avvio e alla realizzazione del piano industriale per affrontare la sfida digitale.
Il mio intervento intende focalizzarsi sul primo punto e lasciare spazio all’Amministratore Delegato sul secondo.
Una recentissima ricerca internazionale ci dice che gli italiani sono, in Europa, tra i più convinti sostenitori del Servizio Pubblico: l’88 percento crede che abbia un ruolo molto importante per un Paese. Più di noi solo gli inglesi, con l’89 %. 
Ma allo stesso tempo i nostri connazionali, pur promuovendo complessivamente l’azienda – come mostra l’ultimo rapporto sulla Corporate Reputation Rai, riferito al 2020 – tra tutti gli indicatori considerati danno il voto più basso all’indipendenza, con un voto di 6 su 10 (ed era ancor più basso, 5,5 nel 2019). 
L’attuale governance lega l’azienda alle contingenze della politica, la rende dipendente dalla congiuntura, talvolta la trasforma – suo malgrado – in un agone politico parallelo. Questo da un lato allontana e rende diffidenti i cittadini, e dall’altro rende l’azienda fragile.
Non credo che il Servizio Pubblico abbia bisogno di “meno politica”, come spesso si sente dire. Ma, sull’esempio di tanti altri Servizi Pubblici europei, abbia bisogno di “più società”. In questo senso, dunque, di “più politica”, ma in un’ottica più ampia e diversa, inclusiva e plurale. Un Servizio Pubblico che sia appunto Rilevante, Credibile, Sostenibile ed Inclusivo.
La governance dei principali Servizi Pubblici europei è stata riformata in questa direzione. Ai rappresentanti delle Istituzioni, si affiancano i rappresentanti di tutti gli stakeholder. Una pluralità di soggetti, capaci di rappresentare diverse componenti della società e le loro rispettive esigenze: membri del mondo della cultura, delle università, dell’accademia; della ricerca scientifica e tecnologica; delle forze economiche e imprenditoriali; delle forze sociali; degli utenti e del personale; del Terzo settore.  Anche i territori rientrano nel discorso di una più ampia rappresentanza del Paese (come nel Regno Unito, in Spagna, in Germania, in Svizzera). In alcuni Paesi, come in Francia, il CSA-Consiglio Superiore dell’Audiovisivo nomina anche delle personalità indipendenti in base alla loro competenza. In Spagna nella composizione del CdA, tenendo conto di qualifiche ed esperienza professionale, si cerca di garantire la parità tra uomini e donne. È tedesco (ARD/ZDF) il Servizio Pubblico che si è spinto più avanti di tutti nell’inclusione di rappresentanti di gruppi socialmente rilevanti nel Consiglio di Radiodiffusione, che è responsabile per l’adozione e la supervisione delle linee guida della programmazione, e agisce come organo consultivo del Direttore Generale (Intendente) e approva il bilancio annuale.
E’ evidente, tuttavia, a prescindere dalla forma giuridica che può assumere la società concessionaria, che le soluzioni identificate per il suo governo – oltre che essere valutate rispetto al grado di indipendenza e autonomia garantite al Servizio Pubblico – devono essere parametrate e orientate al principio di “leale cooperazione” tra gli organi, in modo da assicurare che l’attività di gestione – nel rispetto delle reciproche competenze – sia improntata a criteri professionali e di funzionalità. 
Indipendentemente dalle procedure di nomina che si vorranno adottare, alla Rai serve stabilità – (di risorse, naturalmente, come vi illustrerà più ampiamente l’amministratore Delegato). Ma c’è assoluto bisogno anche di una governance aziendale stabile, il più possibile slegata dagli scossoni quotidiani del dibattito nazionale e con un orizzonte temporale sufficiente a delineare strategie efficaci. 
L’attuale mandato ha durata triennale, inferiore quindi ai cinque anni previsti per il Contratto di Servizio. Sarebbe utile allineare le due durate: in questo modo la stessa governance che stipula e negozia il Contratto, se ne assumerebbe completa responsabilità di attuazione. Un quinquennio è anche la durata del mandato dei vertici della maggior parte dei Servizi Pubblici europei.
Tutti i disegni di legge presentati concordano nel sottolineare la necessità, tra l’altro, di mettere la Rai “in condizione di competere nello scenario futuro”. Lo scenario del momento è in velocissima trasformazione ed estremamente competitivo. A dettare le regole nel mondo e ad orientare i consumi dei media sono giganti tecnologici multinazionali e, in generale, tutti gli attori protagonisti della comunicazione digitale. 
Rispetto al 2011, la tv pubblica ha perso oltre 10 milioni di contatti in media al giorno, pari ad un calo del 23% scendendo, nell'autunno del 2021, sotto i 31 milioni di contatti medi giornalieri. Gli utenti sono bombardati da un’offerta di contenuti di facile accesso. Il 65% degli italiani tra i 15-24 anni consuma informazioni, intrattenimento e altri contenuti principalmente online.
Conquistare il pubblico giovane, diventare rilevanti per chi ha meno di 40 anni, è la grande sfida dei Servizi Pubblici di tutta Europa. Significa compiere appieno la transizione digitale dell’azienda. Bisogna mettere in campo energie significative e agire in modo tempestivo. 
Per rendere Rai davvero in grado di essere al passo con i tempi e confrontarsi con competitor agili e veloci va anche risolto il nodo della sua personalità giuridica mista – come ho avuto modo di illustrare in Commissione di Vigilanza RAI il 23 novembre scorso.
Società di diritto privato, la Rai riveste al contempo natura di organismo di diritto pubblico ai fini dell'applicazione del codice dei contratti pubblici. 
Un unicum giuridico che: 
•    ostacola il processo di cambiamento perché deve tener conto di un codice d'appalti riferito ad un contesto stabile, senza mutamenti, tutto il contrario del contesto in cui oggi operano i player multimediali;
•    e allo stesso tempo, allo stato, impedisce – per citare un tema attualissimo – l’accesso diretto ai fondi del PNRR, aperto invece ai soggetti pubblici.
E’ essenziale che la futura riforma metta la Rai in condizioni di agire con vera logica di impresa. Consentendo a chi è chiamata a governarla libertà di scelta – e conseguenti responsabilità. 
E’ altrettanto essenziale – per concludere – che il processo di riforma parta da una visione strategica di lungo respiro, basata su un’idea precisa e ampiamente condivisa di quale debba essere il ruolo del Servizio Pubblico nell’era digitale. 
La rivoluzione digitale è iniziata da molti anni e incide e altera ogni aspetto delle nostre esistenze. Sta riscrivendo la geografia umana, sociale, culturale, economica e istituzionale. Il Servizio Pubblico deve potersi mettere al passo con questo processo, se vuole restare rilevante e continuare a svolgere la funzione essenziale che storicamente ha svolto per la vita del Paese.