13/05/2024

Notizie TGR:

"UNA RETE VELOCE PER IMPRESE COMPETITIVE SUI MERCATI"

Intervista a Rossella Lehnus, consigliere Reti e Innovazione della Segreteria tecnica del Ministero dello Sviluppo Economico. "Dopo la banda larga, la banda ultralarga"

Digital divide nelle Regioni italiane

“Un’azienda che non ha la possibilità di connettersi almeno alla banda larga di base è esclusa dalla competizione nazionale e internazionale perché tutti i processi produttivi vengono rallentati”. Rossella Lehnus, consigliere Reti e Innovazione della Segreteria tecnica del Mise, riassume così gli effetti del digital divide sul tessuto produttivo. Senza una connettività adeguata, il tessuto economico locale è pesantemente penalizzato. Anche per questo è stato varato il Piano Nazionale Banda Larga.

Il Piano è operativo da alcuni anni. Che risultati sono stati ottenuti finora?
Nel 2008 il 12% dei cittadini, cioè oltre 8,5 milioni di persone, non disponeva della banda larga di base. Nel dicembre 2012 siamo scesi al 4,4%, quindi abbiamo già ridotto drasticamente il digital divide. Entro 12 mesi riusciremo ad arrivare a zero: abbiamo tutti i finanziamenti necessari.

Quanti sono gli investimenti complessivamente messi a disposizione?
L'ammontare investito è di circa un miliardo: 430 milioni nazionali e oltre 550 milioni dai fondi europei Fesr e Feasr. Si tratta anche di un messaggio importante per il settore delle Tlc, che è in crisi. Questo piano permette di occupare oltre 1800 persone.

Come stanno procedendo i lavori?
Il quinto intervento attuativo del Piano Nazionale Banda Larga è già stato avviato: i cantieri sono aperti. Al Piano collaborano tutte le Regioni. Stiamo portando la fibra ottica nelle dorsali. Poi si farà la rete di accesso, che sarà realizzata con tecnologie fisse e mobili. Nel giro di 12 mesi tutta l’Italia avrà la connessione a 2 Mbit/secondo. Ovviamente molti l’avranno anche prima.

Quali sono le zone dove si riscontrano le maggiori difficoltà?
Dipende dalle caratteristiche del territorio e dalla concentrazione della popolazione. Ad esempio, il Piemonte ha un digital divide del 7,4% ed è il più oneroso d’Italia: eliminarlo costa oltre 90 milioni di euro. L’Umbria ha la stessa percentuale di digital divide ma il suo costo di azzeramento è di 10 milioni di euro.

Ci sono differenze tra Nord e Sud del Paese?
No, anzi. Le amministrazioni del Centro-Sud hanno aderito pienamente al progetto e sono state lungimiranti, perché stanno già pensando alla banda ultralarga per riuscire a ridurre da subito il gap che il mercato va naturalmente a creare. Il Molise aveva un digital divide di oltre il 35%, tra i più pesanti del Paese e forse d’Europa. È riuscito già a passare al 20%, sarà tra i primi ad azzerarlo e sicuramente sarà il primo a iniziare con la banda ultralarga, perché ha già stanziato 4 milioni di euro.

Ora che si sta chiudendo il capitolo banda larga di base, l’asticella immediatamente si alza. Entro il 2020 bisognerà portare connessioni a 30 Mbit/secondo a tutti e a 100 Mbit/secondo al 50% della popolazione…
Sul modello del Piano Nazionale Banda Larga, per la banda ultralarga abbiamo approntato un unico regime di aiuto nazionale che è già stato approvato dalla Commissione Europea. I costi sono molto elevati. A livello europeo  serviranno circa 270 miliardi di euro. Per le aree italiane a fallimento di mercato, il piano ammette investimenti pubblici fino a 15 miliardi di euro, che ancora non hanno copertura.

Quali saranno i primi passi?
Interverremo prima al Sud: Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Sicilia sono state le prime Regioni ad aderire, finanziando gli interventi con 520 milioni di euro provenienti da fondi Pac dell’Unione Europea. In questo modo, entro il 2015 il 30% della popolazione di queste aree avrà la banda ultralarga. È un passo ambizioso per il nostro Paese, ma è anche un segnale per il mercato delle telecomunicazioni e per tutte le imprese di quelle aree, che vedono nella Rete l’autostrada per competere a livello nazionale e soprattutto internazionale.

Andrea Bettini

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