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Il divano di Istanbul

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Il divano di Istanbul - Per secoli l'impero ottomano ha rappresentato uno spauracchio per l'Occidente, e in particolare per l'Italia. Era uno stato islamico, bellicoso ed espansionista, che praticava il jihad e non nascondeva la sua volontà di conquistare Roma; un impero totalitario, anzi tirannico, come dicevano i papi, in cui il sultano aveva potere di vita e di morte su tutti; un paese immenso eppure tecnologicamente arretrato, dove non penetrò mai un'invenzione cruciale come la stampa. Ma al tempo stesso, un impero multietnico, multiculturale e tollerante, pieno di sudditi cristiani che praticavano liberamente la loro religione, e dove trovavano calorosa accoglienza gli ebrei scacciati dall'Occidente; una società aperta al talento, che ignorava il servaggio contadino e la nobiltà ereditaria, e dove innumerevoli rinnegati, spesso provenienti dall'Italia meridionale, si videro spalancare prospettive di carriera che sarebbero state impensabili se fossero rimasti a casa. Finché il gap tecnologico rimase limitato, l'impero ottomano organizzò i popoli della sponda sud del Mediterraneo e dell'Europa sud-orientale in un modello di stato e di società efficacemente concorrenziale rispetto a quelli dell'Occidente; poi sprofondò lentamente nell'arretratezza, diventando preda del colonialismo occidentale. Ripercorrere oggi la sua storia significa riscoprire un pezzo di storia d'Europa che rischia di rimanere occultato se ci si limita alla chiave di lettura, facile e ingannevole, dello scontro di civiltà.

Credits

Di Alessandro Barbero. Regia di Caterina Olivetti.