Un muso ispiratore




[Racconto di Giovanna Gra]


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durata 29 minuti




Buongiorno a tutti!
Stamane, nella mia ciotola, cioè nel pappone che mi spazzolo appena sveglio, ho trovato tre biscotti a decorare la cima.
La novità, oltre che gratificare la mia gola, mi ha incuriosito non poco.
A fine pappa ho emesso un arf di piacere e gratitudine che la mia Susy ha interpretato, come sempre, nel modo corretto.

"Sì, hai ragione amico mio, c'è qualcosa sotto", mi dice mentre fruga in terra cercando la ciotola.
Col muso le avvicino la scodella vuota e resto seduto un po' ansimante, in attesa di una spiegazione che non si fa attendere.

"Ho bisogno che tu mi faccia un piacere, Slalom", annuncia Susy con la voce più dolce che ha.
Secondo arf di entusiasmo che, in gergo lupino, starebbe a significare:

"Susy, io vivo per te!
Mi alzo pensando a te, vado a dormire sempre e solo dopo di te e, mentre dormo, veglio sui tuoi sogni.
Ergo, qualsiasi tuo desiderio è un ordine: farò tutto quello che posso per poterlo realizzare."

Susy mi sorride e sembra molto commossa dalla mia partecipazione e dai miei uggiolii.
Ma, nonostante questo scambio di grande affetto, continuo a non capire quale favore dovrei farle, il che mi mette un po' in agitazione.
Insomma, vi spiego subito le cose che destano nell'immediato la mia perplessità con conseguente ansia da prestazione.

Punto primo:
vedo Susy avanzare con un nuovo guinzaglio molto colorato, anzi, direi un po' troppo colorato (io sono un PT, Pastore Tedesco, un tipo sobrio da quando sono nato) e l'oggetto in questione è davvero un tripudio cromatico decisamente... insolito.
Tra l'altro, è una pettorina che non conosco.

Domanda:
Perché?
Che bisogno c'è di un secondo guinzaglio?
E perché così sgargiante?
Non sono mica un Bobtail tutto ricci e capricci!

Punto secondo:
Susy entra nello sgabuzzino delle scope ed esce con una spazzola e un piccolo cardatore.

 

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Immagine di un quadro di Slalom (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Slalom a terra, tra i colori con lo sfondo sui toni azzurri.Particolare di Slalom.Particolare dei colori.
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Sì, insomma, una spazzolina che serve per togliere il sottopelo dei cani e, per la cronaca, io e quelli come me ne facciamo molto uso.
Questo perché quelli come me hanno un pelo superficiale (che io preferisco chiamare mantello) e un sottopelo che equivale alla maglietta di lana d'inverno.
Ora, in primavera il sottopelo ci abbandona e, talvolta, può essere fastidioso in un appartamento.
In effetti, in natura i lupi possono usare i cespugli e i rami bassi per grattarsi la schiena.
O affidarsi agli sterpi secchi che, al semplice passaggio di un esemplare in muta, strappano via il pelo superfluo.
Ma i lupi casalinghi, no.

Tutto questo, però, in primavera.
Chiaro?
Pri-ma-ve-ra.
Insomma, io sono certo di non essere ancora pronto per la toletta stagionale, dunque, l'apparizione della spazzola cardatrice mi lascia assai perplesso.

Mi è chiarissimo che non si tratta di coccole, perché per quelle Susy usa un guanto speciale che, sul palmo, ha una specie di spazzolatore leggero di plastica.

Ma se non sono coccole...di che si tratta?
Lei continua a sorridere ai miei grugniti perplessi e non dissipa in alcun modo i miei dubbi mentre, con dolcezza e maestria, incomincia a lisciarmi in lungo e in largo.

Debbo essere onesto, per i primi cinque minuti abbandono le espressioni interrogative e rinuncio a roteare le mie grandi orecchie tipo parabola.
Non ho neanche il controllo del testone da piegare da un lato o dall'altro per sottolineare le mie domande...

Perché?!!!
Perché, mi chiedete?
Ma perché, signori, giaccio estatico sul tappeto in attesa del futuro colpo di spazzola sperando che questo momento magico non finisca mai!

E perché so che, fra qualche istante, Susy non potrà resistere e mi farà alcuni grattugini sotto il mento che potrebbero mettere K.O. anche un mammut!

Ad ogni modo, in capo a un quarto d'ora sono il cane più pettinato del quartiere.
Liscio, morbido e soffice come un trudy.
Yessss!
Mi sento proprio rimesso al mondo da carezze, baci, grattugini e altri baci sparsi in caduta libera...
ma proprio mentre mi lascio andare a queste considerazioni, vedo arrivare Susy con una boccetta di acqua di colonia fra le mani.

Oh, no!
Non può farmi questo!
Di norma capita solo a Capodanno e anche allora mi è abbastanza intollerabile!

Sì, devo ammetterlo:
non amo quando Susy mi profuma.
So che il motivo è piacere agli altri umani, ma non avete idea di quanto mi squalifichi come cane.
Molti di noi che convivono con dei bipedi hanno dovuto raggiungere diversi compromessi in merito agli odori.
Quali?

Beh, partiamo dal presupposto che tutte le cose che... mhhh... come dire, emanano cattivi odori, per noi sono fantastiche!

Avete idea di cosa possa significare essere spruzzati di un profumo che piace agli umani?
Bleah, sono odori nauseabondi, anche se la maggioranza dei profumi trae origine dal mondo vegetale.
Già, e per gli amanti del dettaglio, sono circa duemila le piante cui può fare riferimento la composizione di un profumo.
Il mio concetto di profumo però, è diametralmente opposto a quello di Susy e di tutti i suoi simili.
Per dirvela tutta, per quanto si spertichi e s'impegni, l'uomo, dalle duemila piante che ha a disposizione... ricava solo grandi puzze.

Non contento, passa il tempo a trasformarle in sostanze odorose.
Oli essenziali, resine, balsami e gelatine che si spalma sul corpo... bah!
Credetemi, a volte è difficile addirittura frequentarli certi umani.
La terrificante novella è che, ultimamente, hanno deciso che i loro nauseanti profumi possono andar bene anche per la nostra toletta.
Signori, noi siamo cani!
E secondo recenti ricerche genetiche non vi è dingo o sciacallo che tenga perché noi cani, e alludo anche a un barboncino nano, discendiamo dai lupi!

Ora, per quel che concerne il mondo animale, le sostanze e gli elementi usati nei profumi sono pochissimi.
Si tende sempre più a rivolgersi alla chimica e, anche se questo può giovare ai miei simili, non è lo stesso per i bipedi che talvolta rischiano di indossare profumi non proprio ideali per la salute della pelle.


 

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Immagine di pasticche di colori. (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Una mano tocca i colori.Particolare di due dita.Particolare di due dita.
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Ad ogni modo, per le essenze vegetali vengono prese in considerazione cortecce, fiori, radici, foglie...
Tutte cose, sia chiaro, che amiamo anche noi e che si potrebbero riscontrare anche nei nostri bouquet ideali, con la differenza che noi, a dispetto dei bipedi, le prediligiamo quando sono macerate nel fango, marce e putride fino all'osso.
Mmmmhhh, solo a pensarci mi viene l'acquolina...

Ma torniamo a noi:
perchè questo simposio sui profumi?
E' presto detto.
Mentre sono ormai avvolto da odiose essenze di sandalo e muschio, con una certa ansia sto pensando che per la passeggiata delle 11 dovrò passare davanti al cancello di Whippet Caschetto, mio acerrimo nemico.
E vedrete se non diffonderà la notizia per tutto il quartiere, annunciando al mondo intero che me ne vado in giro puzzando come un signore.
Ve beh, è lavoro, mi dico per consolarmi.

In ogni caso, Susy non mi ha ancora svelato dove siamo diretti così agghindati, né tantomeno a cosa sarà abbinato questo lasciapassare... speziato.

Una volta per strada mi accorgo che il tragitto non è lungo e, per una fortunata circostanza (leggi il rifacimento del manto stradale), non sono costretto a passare davanti a quel Whippet vipera.
Et voilà, si passa per vie parallele!
Wow!

Sento che Susy consulta lo smartphone che le indica con precisione il numero civico.
Poi, prende di mira un citofono cromato e annuncia con tono squillante:
"Iuuuu, siamo noi!"
Entriamo.
In ascensore noto che la tastiera dei pulsanti ai piani è in braille, cosa rara a Roma.
Me ne compiaccio.
All'ultimo piano, ad attenderci sulla porta d'ingresso del suo appartamento, trovo nientepopodimenoche...
Udite gente...
il mio amico Vincent!

"Slalom!
Che bello rivederti!", strilla lui abbracciando me e Susanna.

Ho molta simpatia per Vincent perché nel suo passato da non vedente ha avuto un pastore come me ed è evidente che capisce a fondo quelli della mia razza.

"Così vi siete decisi?", domanda a Susy.
"Più o meno...", risponde lei ridendo.
"Come sarebbe più o meno?", domanda lui crucciato
"Allora, mi fai assistere?", chiede lei timida.
"Ma certo, dai entrate!"
Non sto capendo niente di questo dialogo... che si stanno dicendo?
"Vincent?", Susy lo chiama in un sussurro.
"Sono qui Susy, dimmi."
"Slalom non sa nulla, dovrai essere tu a spiegare."
"Non sa nulla?
Davvero?", domanda Vincent stupito, ma mai, giuro, quanto me.
"No", conferma lei.
"Volevo che fossi tu a... sì, insomma..."
"Ah, capisco!", commenta il mio amico spostando un gruppo di cartoni con un piede, "Provvedo subito... Slalom, vieni qui."
Mi avvicino, cordiale ma un po' ansioso.
Emetto qualche mugolio per farmi individuare.

"Ma sì, hai perfettamente ragione, eh!
Se nessuno ti spiega niente!
Povero amico mio, adesso rimediamo subito.
Allora, giovanotto, ascoltami bene."
Mi accosto e metto una zampa fra le sue mani.
Lui continua.
"Oggi incomincia la tua carriera da modello."

"Modello?!", mi domando, mentre con la lingua di fuori cerco di avere l'espressione più divertita del mondo.
"What's modello?"

Ma poi mi guardo intorno e capisco.
Anzi, soprattutto ricordo:
Vincent è un pittore!
Eh, sì, un pittore!!!
Questo vuol dire che io, proprio io, Slalom Persichetti dell'allevamento Ghiande e Fronde, dovrò fare... la... la... fotomodella?!
Sono gelato.
Ok, ragioniamo.
Oggi è chiaramente una giornata no.
Insomma, puzzolente come un umano sarò costretto a stare in posa sopra a un tremolante piedistallo come una bipede sbarbina?!
E infatti...
"Prego, accomodati lì", mi dice Vincent indicando il centro della stanza dove si erge un parallelepipedo ricoperto di stoffe e velluto.


 

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Immagine di scaffali di libri (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Una grande libreria su due lati con una scaletta verticale.Particolare dei libri.Particolare della scaletta.
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Eseguo automaticamente, mentre Vincent guida Susy verso una bellissima poltrona poco distante dal me.
Lei si toglie il soprabito, si mette a suo agio e commenta:
"Io non riesco proprio a capire con quale tecnica tu possa..."
Ma Vincent la blocca.
"Aspetta", le dice.
Quindi si dirige verso un tavolo e le porge un grosso pezzo di carta.
"Con questo!"
Susy, dopo una rapida indagine tattile, sorride.
"Ok, la carta."
Ma lui la corregge subito.
"Per essere precisi, olio su carta!", specifica orgogliosamente e aggiunge:
"Se mi dai un secondo, fra poco ti descriverò tutto quello che mi accingo a fare, così avrai chiaro ogni passaggio."

"Non sai quanto sono curiosa di capire come fai."
"Non hai mai assistito al lavoro di un pittore non vedente?"
"No, Vincent, onestamente no."
"Beh...", continua lui passando con goduria le mani su un foglio di carta color avorio, "...in effetti ognuno ha la sua tecnica... ad ogni modo...", dice dandoci le spalle per frugare dentro un grande cesto di vimini, "... io lavoro con questo!", e lascia cadere fra le mani della mia Susy un grosso cuscino di soffice velluto rosso.

"Con questo, tutt'al più, riposerai dopo aver lavorato!", chiosa Susy con una risata.
"Assolutamente no, mia cara.
Tutti i pittori hanno una fase di preparazione propedeutica al ritratto definitivo.
E' la fase in cui si compiono studi e poi si eseguono i bozzetti.
La mia consta sostanzialmente di due tempi diversi e, naturalmente, di questo cuscino", prosegue Vincent sfilando il cuscino dalle mani della mia padrona.
"Ma andiamo con ordine.
Slalom, sei qui?", domanda l'uomo dirigendosi verso la pedana su cui mi ha ordinato di salire.
Sbatto la coda due volte, convinto che lui possa capire e, infatti, afferra il mio segnale.
"Certo che sei qui... ti sento."

Vedo che si muove con estrema agilità nello studio e che ha totalmente sotto controllo la situazione.
Prende il cuscino sotto braccio e poi fruga fra diverse scatole di latta.
Ne sceglie una color verde salvia con le scritte marroncine e un po' sbiadite.
Poi viene verso di me e posa tutto a un palmo dalle mie zampe.
Quindi con le sue mani grandi e rugose incomincia ad accarezzarmi.
Misura le orecchie, mi sfiora il tartufo...
Utilizzando il pollice e il medio come un compasso conta le distanze fra le mie orecchie e poi fra le orecchie e il muso.

Quindi, apre la scatola verde salvia e... oibò... estrae... degli spilli.
Guardo Susanna che, ignara, cerca di ascoltare i suoi movimenti.
Non so come segnalarle la mia inquietudine.
Forse un mugolio?
Sì, vada per il mugolio, magari flebile per non disturbare.
"Slalom, cosa c'è?", mi domanda Vincent.
"C'è qualcosa che lo innervosisce!", traduce Susanna e poi s'informa, "Cosa stai facendo?"
Vincent tace un istante, poi dichiara:
"Ah, ho capito vecchio mio.
È questa scatola di spilli che non te la conta giusta, vero?"
E' la mia coda a rispondere e lo fa attraverso un unico secco TAF (che sarebbe il rumore prodotto quando percuoto questo strano giaciglio a cui sono stato destinato).
"Spilli?", domanda allarmata Susy.
Vincent va verso di lei, le prende una mano e le fa toccare la scatola avvertendola:
"Non ti pungere, ecco qua..."
"A cosa servono?"
"Un po' di pazienza e ti spiego."
Vincent torna verso di me e prosegue la sua indagine tattile, poi conclude: "Bene, la posa mi piace.
Era esattamente quello che avevo immaginato.
E adesso devi farmi una cortesia.
Rimani fermo immobile, ma bada, proprio immobile.
Insomma, anche se una palla dovesse rimbalzare sotto il tuo naso, tu muto e rassegnato, ok?"
Borbotto e lui di rimando:
"Sì, lo so, è una pretesa, ma ti lascerò libero presto."
Sbuffo ma non mi muovo e Vincent mi gratifica con una bella carezza.
Quindi, si accinge a spiegare le sue azioni a Susanna.
"Allora Susy, il procedimento è facile.
Come prima cosa ho indagato il soggetto da ritrarre in lungo e in largo.
Adesso sto disegnando con questi piccoli spilli un primo bozzetto sul cuscino."
"Cioè?", domanda lei incuriosita.
"Cioè...", replica lui, "...traccio, come si dice in gergo, il profilo di Slalom a filo di ferro.
Insomma, ne disegno il perimetro.
Affondo gli spilli sino alla capocchia sul tessuto e a lavoro terminato avrò la sagoma del nostro amico Slalom leggermente in rilievo a cui poter fare riferimento."


 

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Immagine di pasticche di colori. (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Scatola di colori solubili in acqua.Particolare delle pasticche.Particolare delle pasticche.
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Detto fatto!
Vincent, con una velocità davvero impressionante, appuntando spillo dopo spillo, disegna la mia sagoma sul cuscino di velluto.
Vedo che la sfiora in continuazione e poi torna a verificare su di me forme e distanze.

Finita la fase degli spilli, orgogliosissimo, porge il suo elaborato a Susy.
"Che te ne pare?"
Susy accoglie con estrema cura il cuscino fra le mani e comincia a sfiorare il bozzetto disegnato in quel modo.
La vedo sorridere.
"Vincent, è magnifico!
Lo riconosco, è proprio il mio Slalom!"

Vincent si riprende il cuscino e lo posa orgoglioso su un tavolo.
"Sì, sono d'accordo, è riuscito bene.
Ma adesso devo studiarlo meglio."
Prende un foglio e lo posa su un ripiano di feltro.
Quindi, con la mano sinistra continua a esplorare la sagoma che ha designato sul cuscino e con la mano destra traccia il disegno con una penna.

Ogni tanto ripercorre il segno sul foglio col dito per capire la giustezza delle linee e delle proporzioni.
Ora capisco perché lo ha posato sul ripiano di feltro.
Perché le tracce della penna vengano incise con leggero rilievo, così da permettergli di avere una perfetta idea dell'insieme.

"E' da tanto che disegni?", domanda Susy interrompendo un silenzio rotto solo dallo zigzagare di una mosca che è chiaramente entrata dalla finestra per provocare il sottoscritto.

"Ho incominciato da bambino, in Olanda.
Mia mamma doveva trattenersi lì per lavoro e m'iscrisse a un corso di disegno per bambini non vedenti."

"Accidenti, doveva essere una donna molto illuminata!"
"Lo era!", conferma lui con un sottile rimpianto nella voce.
"Fu lì che appresi le basi.
Incominciammo con lo studio di figure geometriche.
Sai, il disegno è una rappresentazione bidimensionale che simula una realtà a tre dimensioni.
Capire questo concetto è stata la mia più grande difficoltà.
Un bambino vedente può fare la cosa più normale e immediata, cioè indagare il mondo con gli occhi.
A me toccava farlo con le mani.
Ma qualcuno me lo doveva insegnare.
Diciamo che gli occhi sono un pochino più rapidi, ma io studiai di buona lena, non mi arresi mai.
A dir la verità, non fui il solo.
Pensa che gli studi di allora, in merito ai nostri progressi, decretarono che il ritardo degli allievi non vedenti sui vedenti fosse solo di due anni.
E non è cosa di poco conto."
"Ah, lo immagino!", osserva Susy colpita.
"Questo, naturalmente, per padroneggiare le forme geometriche.
Poi passammo a indagini un po' più complesse."

Vincent tace per qualche istante e ripassa con attenzione il lato del disegno che descrive la mia schiena.
"E cioè?", chiede Susanna.
"E cioè, per esempio, non mi fu facile capire le dimensioni.
Ricordo che ebbi molte difficoltà nel comparare due forme identiche quand'erano di dimensioni diverse.
D'altro canto, noi, rispetto ai ragazzini vedenti, avevamo un vantaggio."
"Un vantaggio?", chiede Susy.

"Beh, sì.
Il nostro modo di esplorare dimostrava un'attenta cura dei particolari, cosa che mancava nei disegni dei bambini vedenti.

"E' molto interessante quello che mi stai raccontando, ignoravo assolutamente che dei bambini non vedenti potessero disegnare", confessa Susy colpita.

"Oh, sì.
E questo acquista maggior interesse quando riesci a spiegare a un bambino non vedente che fra vedere e guardare c'è la stessa differenza che c'è fra toccare ed esplorare."
"Ossia?", chiede Susy, rapita dall'eloquio di Vincent.
"Ossia... c'è una discriminante evidente!", dice il nostro amico ritornando con la penna su un segno già tracciato per sottolinearlo.
"Discriminante che, in entrambi i casi, si chiama cervello."

La penna di Vincent continua a graffiare la carta e l'ascoltiamo per qualche istante prima che lui riprenda a parlare.
"Bisogna evolversi per saper esplorare.
Bisogna abbandonarsi alle forme e immaginare.
Bisogna memorizzare le parti esplorate in una sorta di archivio mentale.
Più ti disponi a questo esercizio, più sai, più conoscerai, più accrescerai la consapevolezza del mondo che ti circonda.
Oggi io, con il mio archivio immaginario, posso disegnare molte cose senza copiarle dal vero perché le ho tutte qui nella testa."

Mentre ci conquista con i suoi racconti, Vincent prende un tubetto di pasta di piombo e, seguendo passo passo la figura che ha disegnato, traccia i contorni con il piombo.
Quindi prosegue nel suo discorso...

"Vedi, abbiamo bisogno di conoscere i materiali, di toccarli, di saperli distinguere.
Ho amici in Olanda che sanno distinguere, col semplice tatto, le parti di cui è composto un tessuto.
Questa è cultura!
E la cultura te la fai esplorando."
"Sai che hai proprio ragione?", ammette Susy colpita.
"Anche se debbo ammettere che qualche volta ho avuto delle inspiegabili timidezze a chiedere...
ma penso abbia ragione tu."
"Certo che ho ragione io, mai avere rimpianti!"
"Eh, pare facile amico mio.
Prima di prendere Slalom ho avuto, per un certo tempo, una ragazza americana che mi aiutava.
Beh, Ellen era simpatica e andavamo molto d'accordo, mi capiva e spesso sapeva anche anticipare le mie necessità.
Per qualche strano motivo, ma adesso ti dico che era per la mia grande timidezza, non le chiesi mai com'era fatta.
Poi, un giorno, all'improvviso, fu costretta ad andare via.
E anche se spesso ci scriviamo delle mail, mi è sempre rimasto il rimpianto di non averle chiesto di indagare il suo viso.
Insomma, oggi, a essere sinceri, mi pare di averla conosciuta a metà..."
Vincent, intento a passare la sua pasta di piombo sul disegno, sembra un po' assente.
Ma l'apparenza inganna, perché dopo qualche attimo di silenzio commenta:
"Ti capisco.
Tutti abbiamo qualche rammarico del genere.
Anzi, ti dirò che a volte ho pensato che avrebbero dovuto essere gli altri a dirci ehi, vuoi sapere chi sono?
Per caso vuoi esplorare la mia faccia
?"
"Già...", commenta Susanna assorta.
Quindi, Vincent fruga nel cesto di vimini e annuncia:
"Non ti spaventare se adesso senti un rumore.
Sto per accendere un asciugacapelli."
Tacciono per qualche minuto, mentre l'asciugacapelli mortifica il mio sensibilissimo udito.
Per fortuna l'operazione dura poco, quindi Vincent prende di nuovo la parola.

"Sai perché ti ho chiesto di prestarmi Slalom?"
"No", replica candida Susy.
"Perché ho una gran nostalgia della mia Grace.
E siccome non posso guardare le sue fotografie, volevo almeno ricordarmi com'era sotto le mie dita."
"Ossia?", domanda Susy stupita
"Ecco...", replica Vincent mettendole in mano il foglio a cui ha lavorato fino adesso.
"Ora la pasta di piombo si è asciugata e ha messo in rilievo il mio disegno, così lo puoi guardare anche tu."

Le possenti mani di Vincent si posano su quelle più graziose di Susanna guidandole all'esplorazione del mio riuscitissimo ritratto.

"Oh, lo riconosco!", esclama lei conquistata, "Lo riconosco!"
"Lo so.
È per questo che ti dico grazie, amica mia!", replica Vincent.
Susanna si schermisce: "Grazie di cosa?"
"Di avermi permesso di avere un ricordo del mio cane!", esclama Vincent felice.
"Non te l'ho permesso io, è stato Slalom", lo corregge Susy.
Una pendola antica batte le 17.
"Adesso, però, penso che dovremo andare...", annuncia lei.
"Certo, vi accompagno."
Raccogliamo le nostre cose e ci avviamo, ma Susy, una volta sulla porta, avverte un silenzio commosso e domanda:
"Ti manca tanto il tuo cane?"
"Mi manca sempre."
"Mi dispiace."
"Anche a me... tanto... ma almeno, grazie a Slalom, posso avere anch'io qualche ricordo."
"Beh non sarà molto ma è qualcosa...", lo incoraggia Susy, cogliendo una profonda malinconia nella voce dell'amico.
"No, no, è moltissimo per me!"
Susy lo abbraccia.
Vedo il mio amico Vincent asciugarsi una lacrima con un gesto veloce, per poi aggiungere in un sussurro:
"Sai cosa diceva James Barrie?"
"No", replica Susy curiosa.
«Dio ci ha dato i ricordi in modo che potessimo avere le rose di Giugno nel mese di Dicembre.»



***




Il racconto è ispirato agli studi di:


HELLER, M. A ., Picture and Pattern Perception in the Sighted and the Blind: The Advantage of the Late Blind in "Perception", 18, n. 3, 1989.

SHIMIZU, Y., SAIDA, S. e SHIMURA H., Tactile Pattern Recognition by Graphic Di- splay: Importance of 3-D Information for Haptic Perception of Familiar Objects in "Perception and Psychophysics", 53, n. 1, gennaio 1993.

JOHN M. KENNEDY, nato a Belfast nel 1942, si è laureato con una tesi sulla percezione alla Cornell University e ha iniziato poco dopo le sue ricerche sui ciechi come assistente a Harvard.
Attualmente insegna allo Scarborough College dell'Università di Toronto. Gli appunti dei suoi corsi sulla percezione sono disponibili qui.

KENNEDY, J. M. e ERIKSSON Y., Profiles and Orientation of Tactile Pictures, relazione presentata al Congresso della European Psychology Society, Tampere, 2-5 luglio, 1993.

KENNEDY, J. M., Drawing and the Blind: Pictures to Touch, Yale University Press, 1993.

LIU, C. H. e KENNEDY, J. M., Symbolic Forms and Cognition in "Psyke & Logos", 14, n. 2, 1993.

ROMAGNOLI, A. (1924), Ragazzi ciechi, Bologna: Zanichelli (nuova ed. Roma: Armando, 1989).

 

 

 

 

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