Scheda tecnica:
Anno: 1949
Paese: Italia
Genere: drammatico (bianco e nero)
durata: 93 minuti
Titolo: Ladri di biciclette
Regia: Vittorio De Sica
Soggetto: Luigi Bartolini, Cesare Zavattini - (tratto dal romanzo "Ladri di biciclette" di Luigi Bartolini)
Sceneggiatura: Cesare Zavattini, Oreste Biancoli, Suso Cecchi d'Amico, Vittorio De Sica, Adolfo Franci, Gerardo Guerrieri.
Produzione: PDS produzioni De Sica
Fotografia: Carlo Montuori
Colonna sonora: Alessandro Cicognini
Cast:
Lamberto Maggiorani, Enzo Staiola, Lianella Carrell, Gino Saltamerenda, Vittorio Antonucci, Giulio Chiari, Elena Altieri, Carlo Jachino, Michele Sakara, Emma Druetti, Fausto Guerzoni
Premi:
Oscar - Premio speciale come miglior film straniero
Nomination agli Oscar
Zavattini per la sceneggiatura
Trama:
Antonio Ricci, è un attacchino.
E' al suo primo giorno di lavoro.
Svolge la sua attività in bicicletta in una Roma indigente, nel secondo dopoguerra.
Mentre il pover'uomo affigge il suo primo manifesto, gli viene rubata la bici. Antonio, stravolto e disperato, s'impegna in una ricerca spasmodica dell'unico mezzo che gli garantisce il lavoro.
Incomincia così un'indagine nei meandri di una città molto, molto povera, insieme a suo figlio che, se pur ancora bambino, già lavora presso una pompa di benzina.
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Attraverso la ricerca dei nostri due protagonisti, conosciamo una varia umanità che si arrabatta, tentando malamente di sopravvivere.
E quando ogni tentativo risulta vano, Antonio, al culmine della disperazione, tenta di rubare una bicicletta, presumibilmente di un altro disperato come lui.
Ma Antonio non è un ladro e il furto non gli riesce.
Viene sorpreso e rischia il linciaggio della folla. Solo i pianti disperati di Bruno, suo figlio, riusciranno a strapparlo ad un'infausta fine.
Quanto è crudele Roma quando fa la povera.
La mattina, mentre il fiume scorre e la città si sveglia.
Nessuno ti guarda, tutti corrono per uscire da casa, dal ghetto, dal quartiere, dal vicolo, dal rione.
La bicicletta va che è una meraviglia, se non fosse per i sampietrini che decorano il selciato "alla traditora".
Il lavoro è poco.
Si prende quello che c'è.
Ma la voglia di lavorare è tanta e, prima di mettere il salario in tasca, ci vuole il filo, perché le tasche vanno cucite.
Ma la mala sorte, a Roma, ama campare fra i rioni.
Prende di mira la povera gente, e i bisogni e le necessità le fanno gola.
Così capita ad un povero attacchino,
che la sorte lo prenda in giro e gli risponda: "Attacchi', voi vede' come t'attacchi?".
La bici sparisce e tu sei rovinato.
E Roma, che rivela e nasconde, che c'ha il cupolone e le baracche, inghiotte il tuo futuro e la tua serenità.
La gente per lo più è misera.
Ma non gli amici di Antonio.
I netturbini sono l'anima notturna di questa città... vuoi che non trovino qualcosa che si è perso?
Ma, intanto, il ladro fugge e ti beffa, scompare e gira gli angoli bui, svanisce nei vicoli e ricompare in piazza.
Puoi rivolgerti ai maghi, ai cartomanti, alla Sibilla, se credi...
Ma cosa vuoi che esca dalla bocca della verità se non bugie?
Antonio e il suo bambino, Bruno, girano e rovistano fra le miserie della città, fra i vari tipi umani.
E pedalano, pedalano senza pedali per tutta la città.
E quando la vedono, la bici, nel vicolo malfamato, i ladri sono troppi, la paura fa novanta e la testa ti dice:
"Scappa!".
Veloci come il vento, padre e figlio vanno verso l'alba.
Gli occhi di Bruno non dormono quasi mai contemporaneamente.
Uno fissa suo padre quando l'altro si riposa.
E' tutto quello che Bruno ha:
il suo papà.
E' il suo regno, il suo bene più grande.
Il suo cuore di bambino piccolo sta nelle sue grandi mani, nodose, le mani di papà, ruvide e piene di calli.
Inconfondibili.
E il cuore di Bruno sta bene nella mano calda di suo padre.
Da lì vede il polsino della maglia liso e un po' sporco di colla.
La colla degli attacchini.
Perciò Bruno non può vedere suo papà che piange.
Un papà non può piangere davanti al suo bambino.
Perché se un papà piange... chi può consolarlo?
Così Bruno capisce quando il babbo tenta di rubare quella bici abbandonata.
Nessuno sembrava richiederla.
Sembrava proprio sola.
Pareva proprio giusto.
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Ma non era così.
Non è mai così per la povera gente.
E poi la folla urlante che insegue, minaccia e mette paura.
La folla che fa venire il fiatone e ti fa scoppiare la testa.
E, per fortuna, a furia di correre, è di nuovo l'alba...
Per questo film, De Sica rifiutò l'aiuto dei produttori americani, affrontando moltissime difficoltà e producendolo di tasca propria.
E rifiutò, con questo, anche Cary Grant come protagonista.
Il film fu realizzato con attori non professionisti e questo è certamente uno degli elementi principali della sua forza.
A qualcuno piace caldo
Scheda tecnica:
Anno: 1959
Paese: USA
Genere: commedia
Durata: 120 minuti
Titolo: A qualcuno piace caldo
Regia: Billy Wilder
Soggetto: Michel Logan, Robert Thoeren
Sceneggiatura: I.A.L. Diamond, Billy Wilder
Produzione: I.A.L. Diamond, Doane Harrison, Billy Wilder
Fotografia: Charles Lang
Colonna sonora: Adolph Deutsch
Cast:
Marilyn Monroe, Tony Curtis, Jack Lemmon, George Raft
Pat O 'Brien
Premi:
Oscar - Orry Kelly (costumi)
Nomination agli Oscar
Billy Wilder - miglior regia, I.A.L Diamond.
Billy Wilder - sceneggiatura
Jack Lemmon - miglior attore.
Trama:
Chicago.
Due jazzisti squattrinati suonano in un locale, mentre il proibizionismo imperversa e l'alcool scorre a fiumi.
Una sera, la polizia fa una retata e i due sono costretti a fuggire.
Si nascondono in un garage dove, involontariamente, assistono alla strage di San Valentino.
Inseguiti dai sicari di Al Capone, che li vogliono eliminare in quanto scomodi testimoni, i due, travestiti da donna, si vedono costretti a farsi assumere in un'orchestrina... tutta al femminile!
L'orchestrina è in partenza per una tournée di due settimane in Florida.
E dunque, i nostri eroi, partono.
Durante il viaggio, entrambi s'innamorano di Zucchero, suonatrice di ukulele.
Zucchero è una giovane e bellissima ragazza, un po' vaga e molto sensibile al fascino dell'alcool.
L'orchestrina fa tappa in un hotel a Miami dove, purtroppo, è prevista una riunione de "Gli amici dell'opera italiana".
Altro non è che una copertura della mafia, fra cui sono presenti anche gli efferati killer che inseguono i due poveri musicisti.
Nel medesimo albergo, i nostri due eroi fanno la conoscenza di un annoiatissimo miliardario che s'innamora di Jerry (Jack Lemmon) che, travestito da donna, si fa chiamare Daphne.
Joe, che travestito si fa chiamare Josephine, cerca disperatamente di corteggiare Zucchero.
Dopo fughe, inseguimenti e raggiri, Joe riuscirà nel suo intento di corteggiare la ragazza dell'ukulele, mentre Daphne si rivelerà al milionario nelle vere vesti di Jerry, un uomo in tutto e per tutto.
L'altro, punto scalfito, si limiterà a commentare "Beh, nessuno è perfetto". Frase che è divenuta la più celebre del film.
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Chicago.
Il sassofono suona e scintilla come un mitra.
L'alcool scorre e si fa desiderare come una donna superba.
Il fumo si confonde fra le note del contrabbasso e disegna fumosi pentagrammi davanti al viso che brilla di stupore e gin.
Joe e Jerry passano le sere così.
A Chicago, soffiando il fumo nel bocchino del loro strumento.
Se nessuno spara.
E se nessuno sgozza nessun altro.
Se una sventagliata di mitra non rovista fra i bicchieri dietro al bancone, la vita, tutto sommato, fila via tranquilla a Chicago.
Lo speakeasy è stracolmo e la gente pesta il ritmo e quando può ciuccia la bottiglia.
Ma non è la sera adatta per lumare le pupe e trovare rifugio in qualche cicchetto.
La notte prende la direzione che vuole, ragazzi...
Possibile?
Tanti anni a Chicago e non lo sapete?
La polizia irrompe e spara.
La fuga è inevitabile.
Joe e Jerry si ritrovano in un vecchio garage con in bocca il sapore della paura, secco e frizzante ma spaventoso.
Fuga è la parola d'ordine, cambiare abito non più un vezzo, cambiare sesso inevitabile.
Ci sono dei killer che li inseguono con la pistola fumante.
E c'è una ragazza dagli occhi troppo dolci e le labbra tenere.
Ci sono le bottiglie che scintillano nel buio come gli strumenti di un'orchestra.
O i soldi del milionario Osgood Fielding III che spumeggiano sotto la luna.
Un colpo al cuore, uno di mitra e l'amore trionfa, anche quello senza statuto, senza anagrafe... insomma fuorilegge.
Ma infondo, che male c'è?
Roma città aperta
Scheda tecnica:
Anno: 1945
Paese: Italia
Genere: Drammatico
Durata: 100 minuti
Titolo: Roma Città aperta
Regia: Roberto Rossellini
Sceneggiatura: Sergio Amidei, Federico Fellini
Produzione: Giuseppe Amato, Ferruccio De Martino, Roberto Rossellini
Fotografia: Ubaldo Arata
Colonna sonora: Renzo Rossellini
Cast:
Aldo Fabrizi, Anna Magnani, Marcello Pagliero, Francesco Grandjaquet. Maria Michi, Harry Feist
Premi:
Nomination agli Oscar
Sergio Amidei, Federico Fellini (sceneggiatura)
Festival di Cannes
Roberto Rossellini - Premio della giuria.
Trama:
Nella capitale, orfana dei fascisti, si aspettano gli alleati mentre ancora imperversano i tedeschi e i loro modi brutali.
Manfredi, partigiano clandestino, sfugge ad una retata della polizia e trova rifugio in una tipografia.
L'esercizio è di Francesco, tipografo, anch'egli antifascista.
Francesco ha da fare, si deve sposare.
Il matrimonio è previsto per il giorno dopo.
La sposa è Pina, vedova e madre di un bimbo.
Ma Francesco condivide la causa di Manfredi e lo vuole aiutare.
Così, offre la sua casa per la causa ed incomincia a ricevere ospiti legati alla resistenza, in cerca di ricovero.
Intanto, il piccolo figlio di Pina scorrazza nel cortile della parrocchia.
Il parroco, Don Pietro, umano, paterno e ben disposto nei confronti dei ribelli, cerca di proteggere e favorire i movimenti della resistenza che coglie e intuisce nel suo rione.
Nel tempo perso, poi, si dedica ad intrattenere la banda di bambini scalmanati fra cui il piccolo bambino di Pina a cui qualche volta affida qualche missiva segreta.
Ad un'ennesima retata della Gestapo, però, Manfredi che cerca di scappare, viene ucciso e Francesco arrestato.
Pina che tenta di seguire Francesco, portato via da un camion tedesco, viene vigliaccamente uccisa da un mitra tedesco che gli spara alle spalle.
E anche per Don Pietro la fine sarà tragica.
Verrà messo al muro per aver deliberatamente aiutato i ribelli.
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Anche Roma può alzare la testa, vi dico.
E nascondere il ribelle e il partigiano.
Anche Roma può farlo.
Fra i suoi panni stesi e negli angoli bui dei lavatoi...
Qui, a Roma, i partigiani possono trovare la libertà.
E la libertà, a volte, corre sugli sguardi della gente, fra le preghiere del parroco, nelle grida dei bambini che giocano con la palla bucata.
Ma a Roma soffiano molti venti.
Venti dolci... e qualcuno amaro.
Soffiano le arie fra le ali delle rondini e soffiano le spie nelle orecchie dei crucchi.
Se il fiato non t'assiste, se l'attimo è bastardo sei morto lo stesso, nei tempi in cui il fascio se n'è ito ma è rimasto l'ariano.
Che spara, spara e scappa e spara e urla in quella lingua là.
Ma cosa può fare a Roma una povera donna a cui portano via il marito?
Ma la guerra non era finita?
E gli alleati non erano sbarcati?
"Francesco! Francesco!"
Urla lei correndo dietro all'amore.
Ma i tedeschi cosa possono capire dell'amore?
Il colpo è un attimo e fende l'aria, quel venticello dolce, la polvere che si posa sulle labbra e struscia amara contro i denti.
E poi il sangue.
Basta sangue "tedeschi traditori"!
Anche oggi un bambino è diventato orfano.
Avete ammazzato Pina alle spalle, mentre inseguiva il suo grande amore!
Ma badate che gli alleati vi sono appresso.
Non resta che pregare con Don Pietro e se fucilerete anche lui...
ci rialzeremo e... e...
...e pregheremo noi!
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