INTERVISTA A MISA CHIAVARI

Operatrice sociale

Domanda: Parlaci della tua esperienza.

Risposta: Ho cominciato con i detenuti politici del carcere di Rebibbia. Con loro abbiamo costituito una Cooperativa e, grazie a questo, hanno potuto anche usufruire di alcuni permessi. Dal ‘94 mi dedico anche all’insegnamento della lingua italiana agli immigrati detenuti. Da queste esperienze sono nati rapporti di amicizia e solidarietà, che hanno trovato la loro consacrazione nell’invito a casa mia per festeggiare insieme i Capodanno.


Domanda: Quali sono gli elementi che a suo avviso caratterizzano questi due universi?

Risposta: Penso di poter dire che il tratto unificante di questi due mondi sia il fatto che i componenti di entrambe queste comunità hanno bisogno d’aiuto da parte di chi, a differenza loro, non vive condizioni di incombente disagio. Ciascuno di noi, quindi, può mettere a disposizione le proprie capacità e rendersi utile.


Domanda: Nel regime di detenzione, secondo la sua esperienza, si è trovato un giusto equilibrio tra detenuti italiani e quelli stranieri? Litigano fra di loro?

Risposta: No, non direi questo. Le descrivo solo un aspetto di questa convivenza forzata tra loro, che mi sembra molto eloquente. Come forse si saprà, gli amici e i parenti dei detenuti italiani mandano loro periodicamente dei pacchi con viveri, vestiario e generi di prima necessità.
Situazione che, per forza di cose, difficilmente si verifica per gli immigrati. Cosa succede allora? Si cerca di mescolare nelle celle detenuti italiani con quelli stranieri, così che poi di loro iniziativa dividano il contenuto dei pacchi tra loro.


Domanda: In base all’esperienza che ha maturato nel campo del volontariato, qual è il suo parere sul disagio nella società d'oggi?

Risposta: In questo momento penso che il disagio sia molto diffuso anche a causa della crisi economica, che come primo, incisivo e nefasto effetto sociale provoca gravi conseguenze sui livelli occupazionali, con tutto ciò che questo comporta. Una situazione del genere porta insoddisfazioni anche, ad esempio, sulle priorità da adottare. Qualcuno dice: perché prima gli stranieri e dopo gli italiani? Il disagio è disagio, e uno interviene fin dove può.

 

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