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"Piper Generation. Beat, shake & pop art negli anni Sessanta"

Un locale che ha fatto la storia

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Un grande flipper, dove al posto delle palline ci siano i giovani. Una sorta di caleidoscopio immenso in cui succede di tutto. L’avvocato Alberico Crocetta immagina così il Piper Club. È il 1965, nel pieno del boom italiano nasce il club romano che diventerà il cuore del Beat italiano, il palco di una nuova gioventù “yè-yè” e il precursore dei cambiamenti culturali del Paese. Una storia ripercorsa dai suoi protagonisti nel docufilm “Piper Generation. Beat, shake & pop art negli anni Sessanta”, in onda mercoledì 7 agosto alle 24.30 su Rai 5.
Dal Piper passano tutti. Dai Beatles, ai Pink Floyd fino a Jimi Hendrix. E qui si forma una generazione di grandi italiani: Renato Zero, Loredana Berté, Caterina Caselli, la ragazza yè-yè Patty Pravo. Ma c'è perfino un insospettabile Totò, insieme a Mina.
Nascono qui le prime band italiane, in via Tagliamento 9, a Roma. Non sarebbe potuto succedere in nessun’altra città italiana. In quegli anni si comincia a parlare di divorzio, aborto ed educazione sessuale nelle scuole, ma l’Italia è ancora indietro, così come la realtà del costume italiano. “Fino a quel momento il luogo di sollazzo era la balera o il night club, per chi poteva permetterselo”, ricorda il giornalista Roberto D’Agostino, che entra al Piper per la prima volta a 16 anni. Come lui, molti giovani, anzi giovanissimi, che si contrappongono ai “matusa”, quelli dai 25 anni in su. Qui si fa spazio una nuova gioventù: “È stato il primo oratorio di un nuovo soggetto sociale: il giovane, che non esisteva prima, fino a quel grande cambiamento culturale, più che musicale. Il piperino usava il proprio corpo come display per raccontare agli altri che un’altra vita era possibile”, conclude D’Agostino. La musica rock si può ascoltare solo al Piper, in radio non si trasmette, è quasi clandestina. 
Due rampe di scale e si spalanca uno spazio immenso pieno di opere d’arte, ragazzi e ragazze. Uno stroboscopio in bianco e nero e in optical.  Le ragazze ci vanno in minigonna con gli stivali e i cinturoni, i ragazzi “capelloni” con i pantaloni a zampa. Le ispirazioni sono tante. Twiggy e le ciglia finte o acqua sapone e hippie. “Non c’era omologazione”, dice l’attrice Mita Medici, che ha vissuto quegli anni nel club. Nasce anche la pipermoda, una moda beat che porta ad aprire il primo emporio d’abiti giovanili, tutti dal Regno Unito, in piazza Euclide. La città eterna diventa il contraltare della Splendid London.