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A "Tv7" il Covid, l'arte digitale e il viaggio del Papa in Iraq

Nuovo appuntamento con gli approfondimenti del Tg1  

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Si intitola “La terza”, è il reportage di apertura di Tv7, in onda venerdì 26 febbraio alle 24.30. La Franciacorta, nel bresciano, territorio di vini straordinari, è oggi l’epicentro della terza ondata di Covid-19, con i contagi che superano quelli di Milano: 900 in un solo giorno, lunedì scorso, con 25 morti in 24 ore, con gli ospedali che hanno cominciato a mandare i pazienti fuori provincia. “Dal 25 gennaio è incontrollabile”, confessa un medico di base. In aumento anche i ricoveri: gli “Spedali” hanno aperto una nuova ala Covid e le telecamere di Tv7 sono entrate nel nuovo reparto ad alta tecnologia: “Abbiamo dovuto aggiungere altri posti letto in terapia intensiva - spiega Cristiano Perani, Bed Manager - e siamo al massimo. È La variante inglese ad influire moltissimo, Brescia conta l’80% di quella mutazione”. A Viggiù, nel varesotto, ai confini con la Svizzera, imperversa invece la variante scozzese. Un intero paese è in zona rossa e sottoposto a tamponi: “Noi abbiamo avuto tutti il covid a marzo - dice un papà – ora mia figlia si è infettata di nuovo”.
“Un anno senza”, invece, è l’inchiesta dedicata alla crisi del mondo dello spettacolo: il 23 febbraio 2020, con il primo Dpcm contro la pandemia, chiudevano teatri e cinema e si fermavano gli spettacoli dal vivo. Un anno dopo, il viaggio di Tv7 è tra i problemi di imprese e lavoratori del settore. A soffrire di più, i piccoli teatri. Migliaia tra attori, ballerini, tecnici, costumisti, chiedono di ripartire con protocolli rigidi, ma di ripartire. Renato, chitarrista e compositore, si arrangia con piccoli concerti nei condomini; Sergio, proprietario di un locale da ballo a Milano, è stato costretto a chiudere. A Napoli il Nuovo Teatro Sanità, presidio di legalità in un quartiere difficile, fa i conti con una situazione delicata: nessun aiuto è arrivato dallo stato per i teatri con meno di 100 posti. In un settore storicamente precario, i lavoratori rivendicano il diritto ad ammortizzatori sociali più ampi. 
Ad una settimana dall’arrivo di Papa Francesco in Iraq, invece, “In attesa di Francesco”. È un viaggio a più voci fra i cristiani di Qaraqosh e della Piana di Ninive, che stanno provando a ricostruirsi una vita dopo le sofferenze subite negli anni scorsi ad opera dell’ISIS e delle guerre fratricide. “Sarà una visita epocale - dice il direttore dell’Osservatore Romano Andrea Monda - non solo perché è la prima volta di un Sommo Pontefice in Iraq, ma anche perché ha scelto questa terra lacerata dai conflitti come simbolo di un mondo che vive di contrapposizioni”. Il Presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, ricorda invece: “In Iraq c’era quasi un milione e mezzo di cristiani, prima della guerra del 2003. Adesso sono meno di 200mila”. A Qaraqosh procedono intanto i preparativi per la messa che il Papa celebrerà il 7 marzo, nella Chiesa dell’Immacolata Concezione, profanata e bruciata dall’Isis nell’agosto del 2014. 
Un racconto di speranza e di tenacia, invece, è “La storia di Cherif”. Cherif Karamoko, 20 anni, viene dalla Guinea. Il padre è stato assassinato e la madre è morta per l’epidemia di Ebola. Cherif decide di raggiungere il fratello, fuggito in Libia. Nella traversata del Sahara viene rapito, torturato, abbandonato. In testa, però, Cherif ha un miraggio d’Europa e il sogno di diventare calciatore. In Libia riesce a imbarcarsi: il barcone affonda e il fratello, prima di scomparire, gli mette un salvagente al collo. Cherif arriva in Italia, i polmoni bruciati dalla benzina inalata nel naufragio. Ma il calcio è la sua ragione di vita, e l’unico modo per sfogare il dolore.  Viene notato dal Padova, con cui nel 2019 esordisce in Serie B. Ora che il Covid ha fermato la sua carriera, Cherif racconta il suo viaggio in un libro scritto da Giulio Di Feo, giornalista alla Gazzetta dello Sport: “Voglio dire ai ragazzi che perdere i genitori, perdere tutto, non è per forza la fine. Può essere l’inizio”.
E ancora, “Famiglia Fiorello”.  L’amore per la terra d’origine, la stima per la nonna che, in una Sicilia di altri tempi, ha fatto scelte di libertà e l’appello a combattere qualsiasi tipo di violenza sulle donne. Catena Fiorello, scrittrice e autrice di programmi televisivi, parla a Tv7 della sua grande famiglia. Poi, insieme alla mamma, fa gli auguri a Rosario per la sua nuova imminente avventura a Sanremo con Amadeus.
Dallo spettacolo televisivo ad un diverso tipo di intrattenimento, l “Arte e digitale”. La pandemia ha contribuito ad instaurare nuove relazioni tra fisico e digitale. Quasi un salto in una nuova dimensione. Anche l’arte ci invita a “mollare gli ormeggi” e immergerci nella vita connessa. Sempre più spazi fisici riproducono ambienti digitali.  “Abbiamo bisogno di luoghi in cui far crescere idee, relazioni e costruire la società digitale” dice Mariagrazia Mattei, fondatrice del MEET a Milano, lo spazio immersivo che ora ospita un’installazione sul Rinascimento creata dall’artista Refik Anadol e da algoritmi. E se sempre più opere sono digitali, possono essere anche copiate. Per proteggerne il copyright e il valore, per il collezionista e per l’autore, sono nati nuovi sistemi su tecnologia blockchain che utilizzano vere e proprie carte d’identità digitali.
Infine, “Come eravamo”. Dagli archivi di Tv7, a Sanremo durante le ultime ore – concitate – della vigilia del Festival del 1964. Un “taccuino” di immagini in cui sono annotati i personaggi, gli umori, le stravaganze, le ingenuità. Il lavoro delle case discografiche, il mistero della giuria lontana, inaccessibile e protetta da segreto notarile, le prove dei cantanti. Da Tony Dallara che sulla spiaggia fa prove di “concetto mimato” con una coreografa a Gigliola Cinquetti che posa per i settimanali davanti al Casinò, mentre nessuno pensa che sarà proprio lei a vincere quell’edizione del Festival.