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A "Tv7" riaperture, regolarizzazione dei migranti, donne e lockdown

Su Rai1 i reportage settimanali a cura del Tg1

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L’emergenza sanitaria in Lombardia, riaperture difficili e regolarizzazione dei migranti. Temi al centro del nuovo appuntamento con Tv7, il settimanale di approfondimento del Tg1, in onda venerdì 22 maggio alle 23.20 su Rai1.  Nella settimana della riapertura quasi totale delle attività commerciali, dalla Toscana, le storie di chi riparte e di chi non riesce a riaprire, ristoratori in testa. I centri storici di città come Firenze desolatamente vuoti, senza turisti, con musei chiusi e serrande abbassate, e le periferie in cui torna la vita, mentre riaprono i mercati e nelle chiese si torna a celebrare messe. Anche Siena soffre dell'assenza di visitatori: le contrade restano il fulcro della vita sociale, anche se quest'anno, per la prima volta dal 1944, non si correrà il Palio. Le bandieraie, con la fine del lockdown, tornano in contrada a cucire i vessilli: anche questo, a Siena, vuol dire ripartenza.
“Nella prossima stagione avremo produzioni inferiori e guadagni dimezzati” dice a Tv7 un imprenditore agricolo della filiera del kiwi. Nel nostro paese mancano braccia per i raccolti, per le potature, per le semine. I lavoratori stagionali dell’est Europa non sono riusciti a raggiungere il nostro Paese. Sostituiti solo in parte da diverse migliaia di italiani che hanno fatto domanda per lavorare nei campi. Il governo ha risposto varando una norma per la regolarizzazione dei migranti attualmente in Italia. Basterà a risolvere i problemi dell’agricoltura? E servirà a limitare il fenomeno del caporalato, che in questo periodo di lockdown è diventato ancora più feroce? 
In Lombardia ancora si combatte con il Covid e con la difficoltà di ottenere i tamponi. Reportage dalla Val Seriana, colpita da uno dei peggiori focolai al mondo di Coronavirus, nel paese di Clusone, dove in un mese e mezzo si sono registrati 95 decessi, contro una media di 12 nello stesso periodo degli anni precedenti. Migliaia di persone hanno vissuto “abbandoni”, talvolta costrette a impartire l'estrema unzione ai propri cari. Chi ha pianto qualcuno in casa molto spesso non ha ottenuto un tampone e in questi giorni sta tornando al lavoro. Ripartire, qui, significa per prima cosa evitare che il focolaio s'incendi ancora. E poi ricucire, con un vissuto che ha devastato intere comunità, lasciando i segni di una rabbia che pretende risposte. A cominciare dalla domanda più dolorosa: perché non è stata istituita nessuna zona rossa, malgrado i segnali d'allarme?