Ma cosa hai messo nel caffè?

Le capsule del caffè ormai sono una realtà nelle nostre case, tra i vari sistemi soltanto Nespresso è arrivata a un accordo con il Cial, Consorzio italiano alluminio, per riciclare tonnellate di capsule, tutte le altre vanno in discarica (o in inceneritori). Abbiamo sottoposto dieci capsule, tra le più vendute, ad analisi sensoriale del trainer Andrej Godina e a nove professionisti dell’Istituto Internazionale assaggiatori. Abbiamo poi chiesto alle case coinvolte di avere un confronto diretto sull’assaggio con Godina, ha accettato soltanto una. Le capsule sono state inoltre analizzate da tre laboratori diversi per la ricerca di metalli eventualmente rilasciati e poi sono stati esaminati separatamente acqua e caffè macinato. I risultati sono stati commentati dalle maggiori case coinvolte e da esperti dell’Istituto Ramazzini, dell’Università di Padova e dell’Arpa Roma-Lazio.
 

Riceviamo e pubblichiamo al fine di fornire un’informazione più completa un estratto della lettera del dott. Massimo Renda, Presidente esecutivo di Caffè Borbone,  a seguito della messa in onda in replica del servizio “ma cosa hai messo nel caffè” il 28 giugno 2021:
“Il confronto analitico tra due prodotti deve basarsi su parametri omogenei. Questo non è avvenuto durante il servizio andato in onda su Report il 21/10/2019 e in replica il 28/06/2021. Sono state messe a confronto miscele di caffè di natura diversa: Arabica e Robusta, due varietà distanti dal punto di vista botanico, e dunque anche per caratteristiche organolettiche e profilo sensoriale. La degustazione “tecnica” non tiene conto di parametri fondamentali che afferiscono alla caratterizzazione territoriale e al gusto del consumatore. Connotazioni più corpose e speziate rispetto alle note delicate e floreali non sono e non possono essere considerate un compromesso rispetto alla qualità del prodotto finale.

Note legnose, terrose e affumicate fanno parte del profilo aromatico della varietà Robusta, caratteristiche amate dai consumatori e che caratterizzano l’identità del caffè espresso napoletano. Strumentalizzare determinate caratteristiche naturalmente presenti nella bacca di caffè e, in alcuni casi, derivanti dal processo di tostatura, enfatizzando i parametri in maniera negativa senza fornire elementi relativi alla natura della varietà a chi non ha una preparazione tecnica è fuorviante. Un’analisi condotta in questo modo è strumentale e non rappresenta un arricchimento per il consumatore. Resta soltanto un mero attacco nei confronti di uno dei prodotti di maggio vanto della tradizione italiana, prima che napoletana”. 

Le osservazioni invateci dal Gruppo Gimoka