Smart work in progress

PUNTATA DEL 17/05/2021

collaborazione di Greta Orsi
immagini di Matteo Delbò, Chiara D'Ambros e Andrea Lilli
montaggio di Marta Camporeale


Con la pandemia tutto il mondo, Italia compresa, ha iniziato a sperimentare lo smart working. Da una parte ci sono i datori di lavoro che ci credevano ancor prima del Covid, dall'altra c'è chi, per paura dei cosiddetti "furbetti", non si fida a lasciare i lavoratori a casa. È così che cresce la richiesta, per gli investigatori privati, di spiare i dipendenti. Non tutti però sono così diffidenti. Ci sono aziende che vedono aumentare la produttività grazie allo smart working e molti dipendenti hanno iniziato a scegliere le location più disparate per la loro postazione di lavoro: addirittura le navi da crociera. Migliaia di piccoli borghi in via di spopolamento, poi, sognano di rinascere grazie al lavoro agile. Sempre che arrivi anche qui l'elemento fondamentale per lavorare da remoto: l'internet veloce.

NOTA DEL 31/05/2021
A seguito della messa in onda del servizio Smart Work In Progress del 17 maggio 2021 una delle associazioni di riferimento degli investigatori privati, la FEDERPOL (Associazione Nazionale degli Investigatori Privati) ci ha scritto tramite l'avv. Alfredo Passaro per sollevare diverse critiche. Riceviamo e pubblichiamo integralmente la loro lettera.

Lettera di Federpol

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A seguire, le nostre note in merito a ognuno degli argomenti trattati nella lettera.

Nel merito dei punti contestati, ci preme dettagliare quanto segue:
 
- "l'utilizzo di terminologie volte a denigrare l'attività professionale svolta dagli investigatori privati (...) definendoli 'spioni' e simili"
 
La parola "spioni" non viene mai usata né nel servizio né in studio. Senza finalità denigratorie nei confronti del comparto professionale, si rappresenta che nel servizio si è approfondito anche il contesto emotivo di dipendenti oggetto di investigazione da parte delle società datrici di lavoro.
 
- "risulta discutibile aver posto l'anonimato dell'investigatore privato intervistato come se lo stesso si dovesse 'nascondere' da occhi indiscreti (...) si oscurano i volti di persone latitanti (...) non certo professionisti di un'attività autorizzata dal ministero dell'interno"
 
La scelta di proteggere l'anonimato della fonte è un diritto e un dovere del giornalista (art.1 del Testo Unico dei doveri del Giornalista; art. 2 comma 3 LEGGE N. 69/1963, art 13 legge 675/1996) a prescindere dall'attività lavorativa del soggetto intervistato. Si precisa inoltre che vengono oscurate persone che praticano i mestieri più disparati, dall'infermiere all'operaio, senza per questo ledere in maniera automatica l'immagine della categoria professionale a cui appartengono.
 
- "altrettanto inveritiera è la metodologia che riguarda l'istallazione di telecamere non visibili da parte di un investigatore privato"
- "la procedura è assolutamente illecita e impossibile (...) atteso che qualsiasi video camera apposta in un 'cellulare' ovvero in un pc messo a disposizione del lavoratore da parte dell'azienda non potrà essere utilizzata come strumento di controllo (...) configurandosi la commissione di più reati (...)"
- "nessun controllo dell'attività lavorativa è possibile mediante l'attività di investigazione privata"
 
Sull'impossibilità tecnica che ciò accada, è dato di fatto che sia possibile. Nessuno nega che queste azioni possano contravvenire alle regole ma il tema del servizio era, appunto, rivelare se e quanto fosse possibile trasgredire le norme. Non a caso l'autore del servizio, in un passaggio spiega: "L'attività di investigazione ha le sue regole, il problema è che non sempre vengono rispettate".
 
- Quando il predetto intervistato afferma che (...) si possano sentire e filmare le persone poste all'interno dell'autovettura (...) tale affermazione, grave, è inaccettabile (...) 

Questa affermazione non è mai stata fatta dall'investigatore intervistato.
 
Come ulteriore elemento di valutazione, sottolineiamo quanto il servizio avesse come focus le nuove forme di rapporto tra datori di lavoro e dipendenti e le eventuali ricadute nel medio e lungo termine. All’interno di questo quadro, avendo riscontrato, , durante le nostre attività di ricerca, che il ricorso all’investigazione privata è una delle opzioni scelte dai datori di lavoro, abbiamo ritenuto corretto darne conto.