MILENA
GABANELLI IN STUDIO
Buona sera. Giornata del silenzio e della riflessione,
allora proviamo a farla sul serio, per capire cosa possiamo fare per ribaltare un sistema che
alla lunga si ritorce contro di noi.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
E'
stato calcolato che la terra potrebbe nutrire 10 miliardi di persone che si
alimentassero come gli indiani; 5 miliardi che seguissero la dieta degli
italiani; ma solo 2,5 miliardi con il regime alimentare degli statunitensi.
Questo perché la metà dei cereali che produciamo servono per alimentare gli
animali che mangiamo. 820 milioni di persone nel mondo muoiono di fame e altre
800 milioni mangiano come se di pianeti a disposizione ne avessero 5.
L'agricoltura industriale e chimica oggi è la causa di un terzo di tutte le
emissioni di gas serra che stanno uccidendo il pianeta. Se il nostro futuro e
quello della biosfera dipendono da come produciamo e consumiamo quotidianamente
cibo, questo carica tutti noi di responsabilità, subito, ora.
Da:
"Rataouille"
"Se
è vero che siamo ciò che mangiamo, io voglio mangiare solo cose buone!" Ma per
mio padre?"
"Il cibo è carburante, se fai lo schizzinoso su quello che metti nel serbatoio finirai a secco, quindi mangia la tua spazzatura!!!"
MILENA
GABANELLI IN STUDIO
Siamo ciò che mangiamo, questo vuol dire che il cibo oltre
ad essere una merce, deve avere anche un senso. L'agricoltura, riportano i
testi scolastici , è alla base dell'economia e della vita. Il ciclo completo
dell'agricoltura oggi, secondo gli studi della Fao incide per il 30% sul
riscaldamento del pianeta, tanto per avere un raffronto, i trasporti non legati
al settore dell'alimentazione incidono per il 17%. Il settore zootecnico,
invece produce gas serra 296 volte più dannosi del COo2, questo è il letame.
L'aumento degli allevamenti è dovuto all'aumento del benessere quindi
all'aumento del consumo di carne, questo nonostante tutti gli studi medici
dicano, che mangiare troppa carne fa male. Un americano ogni anno ne mangiano
122 chili , un italiano 87, un cinese 50, un indiano 4. Bisognerebbe
ridistribuirla meglio, ma se il modello è la nostra ingordigia si può rischiare
di arrivare alla rovina del pianeta. Un hamburger di 150 grammi, prima di
arrivare sulla nostra tavola ha consumato 2500 litri di acqua, tutta quella che
serve per irrigare il terreno che cresce mais o il foraggio che serve ad
alimentare l'animale. Ma la carne è poca cosa rispetto ad un sistema di
produrre e consumare che sfugge alle ogni logica minime di tutela, della
salute, del pianeta, del portafogli. Possiamo continuare a fregarcene, oppure
vedere di cambiare abitudini.
Piero riccardi e Michele buono
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Roma
2 febbraio 2008, torniamo a casa con la spesa, sono i giorni della merla, il
centro dell'inverno, in genere i più freddi dell'anno, ma dalla mia busta tiro
fuori di tutto: pomodori, zucchine, melanzane, peperoni, asparagi, fagiolini
verdi, fragole. Insomma sembra di essere in piena estate. Ma ormai siamo
abituati, nei supermercati c'è una sola stagione, che dura tutto l'anno. Per
legge, tutti gli alimenti hanno le loro etichette, nomi, informazioni, numeri,
pesi ma in genere ciò che osserviamo è la data di scadenza, "scade il&". Eppure
l'etichetta ci può dire molto di più, ad esempio da dove arriva. Questi
asparagi infatti vengono dal Perù, dato che in Italia, a gennaio, gli asparagi
non possono crescere. Anche i fagiolini verdi sono fuori stagione, e arrivano
dal Marocco. Le fragole dalla Spagna. Poi abbiamo trovato pomodori, anche
questi fuori stagione, italiani, spagnoli; tra gli italiani c'è questa scatola
di ciliegini, che arrivano dalla Sicilia.
PIERO
RICCARDI
Dunque
fornito per Auchan spa Rozzano Milano da Alegra Faenza, Ravenna, prodotto e
confezionato da Euroagri Italia a Vittoria, quindi significa che sono stati
prodotti a Vittoria, sono andati a finire a Faenza, in Emilia Romagna, a
Ravenna e li abbiamo comprati a Roma.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Ma
anche il prezzo ci rivela delle sorprese.
PIERO
RICCARDI
Spinacino
ci sono costati 2 euro e 10 cioè 100 grammi ci sono costati 2 euro e 10 quindi
significa 21 euro al chilo.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Spinaci
a 21 euro al chilo, neppure fossimo sulla Luna, ma è il prezzemolo a
sorprenderci di più di tutti, i 50 grammi del caro vecchio prezzemolo di questa
busta, ci sono costati 1 euro e 49, detto così, forse, non appare neppure
tanto, anzi si perché intanto ci potrei comperare 2 etti di caffè, ma se ne
ricavo il prezzo al chilo scopro che ho pagato il prezzemolo 29 euro e 80 al
chilo. Sono sicuro di aver comperato del prezzemolo? Cosa abbiamo pagato
comprando questa confezione? Forse questo prezzemolo non è lo stesso che quando
andiamo al mercato comunale sotto casa, a fare la spesa, e chiediamo al fruttivendolo
un mazzetto di odori, lui mette insieme una costa di sedano, una carota, un
ciuffetto di prezzemolo appunto e veloce ce li aggiunge nella busta, gratis.
Quale sarà il valore reale del prezzemolo? Quello omaggio del fruttivendolo, o
quello che ho pagato al prezzo di un filetto di manzo?
DAL
TG 3
"Un
allarme per le condizioni del pianeta, viene da Roma."
JACQUES
DIOUF - DIRETTORE GENERALE FAO
"E'
stata snaturata la maggior parte del pianeta!"
DAL
TG 3
"Dal
Direttore generale della Fao Jacques Diouf l'allarme per l'equilibrio
dell'ambiente, sono state trasformate in campi coltivati, un quarto di tutte le
terre emerse, triplicato in 30 anni l'uso di fertilizzanti artificiali a base
di azoto e fosforo. Un quarto delle riserve marine di pesce sono sovrasfruttate
e negli ultimi 20 anni sono state perse il 35% di tutte le Foreste di
Mandrovia."
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Il
documento di cui parla il Telegiornale è il Millennium Ecosystem Assessment
una ricerca dell'Onu a cui hanno lavorato 2000 scienziati da tutto il mondo per
4 anni. Risultato: se la terra si sta riscaldando, e i ghiacci si sciolgono e i
deserti avanzano questo è dovuto alle attività umane che producono gas serra. E
la causa maggiore è legata, incredibile a dirsi, al cibo. Il 30% dei gas serra
sono direttamente collegati a come noi produciamo, distribuiamo e consumiamo il
cibo. Roma, questa è la sede della Fao, Agenzia delle Nazioni Unite che si
occupa di alimentazione e agricoltura e che ha partecipato alla elaborazione
dello studio. Ma perché un pomodoro dovrebbe far aumentare il riscaldamento
globale? Come si fa a calcolare l'emissione di gas serra da quello che ho nel
piatto?
WULF KILLMANN Fao-Gruppo Lavoro Cambiamento Climatico
Allora,
ho una bistecca sulla mia tavola, quanto ha contribuito esattamente alla
formazione di gas serra questa bistecca prima che io me la mangi? Qui alla Fao
abbiamo cercato di capire tutto il ciclo di vita di questa bistecca dall'inizio
alla fine, e la conclusione è che il 18% del gas serra è prodotto dagli
allevamenti nel loro complesso e questo include la deforestazione,
particolarmente in quei paesi dove c'è molto allevamento, come i paesi
latinoamericani, deforestazione che include i foraggi coltivati per alimentare
i bovini per esempio, come mais, soia e così via, include la digestione
interna, il metano che viene prodotto, include i fertilizzanti usati per
fertilizzare i pascoli, include i processi di trasformazione in carne, la
macellazione, i trasporti, la refrigerazione e cosi via, questo è l'intero
ciclo di vita da analizzare, e così anche tu, con la tua bistecca in tavola,
contribuisci un po' alle emissioni di gas serra& Non è solo di cibo, è tutto
interconnesso.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Il
cibo non è solo cibo, è tutto interconnesso. Fertilizzanti, pesticidi,
erbicidi, carburanti per i trattori, trasformazioni, refrigerazioni, trasporti.
Il nostro mazzetto di asparagi che vengono in aereo dal Perù, quanto avrà
contribuito al riscaldamento globale? E la busta di plastica che racchiude 50
grammi di prezzemolo che a occhio e croce costa di più del prezzemolo stesso?
Vecchiano, Pisa, qui ha sede il Centro nuovo modello di sviluppo che pubblica
manuali di Consumo critico.
FRANCESCO
GESUALDI - CENTRO NUOVO MODELLO DI SVILUPPO
Be'
un chilo di ciliegie che produce qualcosa come 360 chilocalorie di fatto ne
assorbe 20.000 per quanto riguarda i combustibili fossili, perché? Perché ci
vogliono 2 litri e mezzo di cherosene per far arrivare un chilo di ciliegie
dall'Argentina fino a qua il che significa 6 chili e mezzo di anidride
carbonica prodotta, ecco e questo poi se lo moltiplichiamo per le tonnellate e
tonnellate di merci che viaggiano in giro per il mondo, poi alla fine ci
rendiamo conto quanto siamo assurdi e schizofrenici.
PIERO
RICCARDI
E
gli imballaggi? Quanto incidono?
FRANCESCO
GESUALDI - CENTRO NUOVO MODELLO DI SVILUPPO
Abbiamo
trovato uno studio fatto negli Stati Uniti rispetto ad un barattolo di mais del
peso di 455 grammi, lo studio tenta di capire qual è l'energia per ogni singolo
componente ed è venuto fuori che il mais come tale ha assorbito 450
chilocalorie nella fase agricola, 316 nella fase industriale, l'imballaggio
incide per 1006 chilocalorie, un terzo di tutta l'energia impiegata è per gli
imballaggi, qui ti rendi conto che spesso il prodotto è soltanto un pretesto
per venderti un imballaggio.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Dunque
per produrre un chilo di questa plastica con cui ci hanno venduto una manciata
di prezzemolo tritato o 500 grammi di pomodori si consumano 17 chili e mezzo di
acqua, un po' di petrolio, una spruzzata di zolfo, una di monossido di carbonio
e 2 chili e mezzo di CO2, quella che fa crescere il gas serra. Ma prima ancora
dobbiamo calcolare i costi di estrazione del petrolio, il trasporto in
raffineria, le varie lavorazioni in fabbriche diverse e ad ogni fase un nuovo
trasporto. E poi quella plastica diventa subito un rifiuto e bisogna smaltirla.
E allora prodotti che sono un pretesto per vendere un imballaggio. Ma quanto
vale il prodotto? Ad esempio, di questa confezione di carote grattugiate che
ho pagato 8 euro e mezzo al chilo, quanto va a chi lo ha prodotto nel campo, al
contadino? Siamo sulla strada statale Pontina che attraversa una delle zone
agricole più fertili a sud di Roma. Questa è una cooperativa di produttori, i
soci agricoltori portano qui le loro zucchine, insalate, carote che vengono
lavate, incassettate e rivendute.
PIERO
RICCARDI
Queste
carote qui che ora vediamo quanto vengono pagate al socio?
GIANFRANCO
BENETTI - DIR. COMMERCIALE CONSORZIO EUROCIRCE
Noi
di vendita facciamo intorno a i 22 centesimi, però se togliamo all'incirca un
15, 16 cent di lavorazione, tra cavatura e lavaggio rimane 7 centesimi al
socio, le vecchie 140 lire.
PIERO
RICCARDI
Quindi
un agricoltore per produrre queste carote dovrebbe produrle con 7 centesimi?
GIANFRANCO
BENETTI - DIR. COMMERCIALE CONSORZIO EUROCIRCE
Si
ma è molto difficile però&
PIERO
RICCARDI
Non
si può fare però?
GIANFRANCO
BENETTI - DIR. COMMERCIALE CONSORZIO EUROCIRCE
No!
PIERO
RICCARDI
Chi
è che ha stabilito che al produttore devono arrivare 7 cent?
GIANFRANCO
BENETTI - DIR. COMMERCIALE CONSORZIO EUROCIRCE
Il
mercato, noi facciamo delle offerte al mercato e il mercato non risponde ti
dicono delle indicazioni di prezzo e tu devi accettare o meno.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
E'
il mantra della legge di mercato, il prezzo lo fa il mercato e tu devi
accettare o meno. Le serre si estendono senza soluzione di continuità tra le
case, le serre cambiano forma dimensione orientamento e il nostro cibo,
rigorosamente fuori stagione è lì dietro, perché le serre non servono più per
proteggere i prodotti invernali più delicati dalle gelate ma per produrre al di
là delle stagioni, perché lì dietro, nascoste, ci sono le nostre zucchine
d'inverno, i fagiolini verdi d'inverno, i pomodori d'inverno. Marco Bedin è uno
dei soci della cooperativa che abbiamo visitato, sta raccogliendo le ultime
casse di cavolo rapa che manda come prodotto fuori stagione sulle tavole dei
tedeschi, gli ultimi perché tra poco il clima permetterà ai tedeschi di avere i
loro, e il prezzo per Bedin crollerà. Una cassa di cavolo rapa primizia oggi a
Bedin i tedeschi gliela pagano 5/6 euro, fra una settimana gliene daranno 3, e
a Bedin non converrà più raccoglierli. Ora, a gennaio, ha già le piantine di
pomodori.
MARCO
BEDIN - AGRICOLTORE
Verranno
raccolti diciamo da metà aprile fino alla metà di giugno finché diciamo c'è il
prezzo, dopo scesi sotto i trenta centesimi diciamo mi fermo non raccolgo più e
lascio tutti i pomodori.
PIERO
RICCARDI
Come
devono essere questi pomodori?
MARCO
BEDIN - AGRICOLTORE
I
pomodori devono avere tutti una stessa colorazione&diciamo devono essere poco
maturi, verdi, con un accenno alla maturazione, in maniera che quando arriva
sul mercato il pomodoro sia diciamo metà maturo e quindi qui viene raccolto
verde con una punta rossa.
PIERO
RICCARDI
Mi
dicevi che a un certo punto però non conviene neanche più raccoglierli.
MARCO
BEDIN - AGRICOLTORE
Quando
il prezzo scende sotto i trenta centesimi non conviene più e rimangono tanti
quintali in serra,100 / 200 quintali e rimangono buttati.
PIERO
RICCARDI
Che
in percentuale quanti sono su quelli che produci?
MARCO
BEDIN - AGRICOLTORE
Diciamo
che riesco a fare 1300 quintali a ettaro, rimane giù un 15%, rimane proprio
buttato, un altro 10% verrà scartato dal consorzio perché non è buono o è
piccolo o è deformato quindi li butto proprio in campagna, li butto sottoterra&
PIERO
RICCARDI
Quindi
un 30% è scarto?
MARCO
BEDIN - AGRICOLTORE
&Si,si
perché devono essere tutti belli&
PIERO
RICCARDI
Chi
è che lo fa il prezzo?
MARCO
BEDIN - AGRICOLTORE
Il
prezzo lo fa il commerciante, la grande distribuzione non certo l'agricoltore&
PIERO
RICCARDI
Tu
non puoi dire, mi devi dare&
MARCO
BEDIN - AGRICOLTORE
Non,
non posso dirlo se no il commerciante mi dice allora tieniteli a casa e io li
prendo da un'altra parte, sicuramente riescono a trovarli a prezzi più bassi, o
in Italia o dalla Spagna, Marocco, Egitto, con un giorno sono qui da questi
altri stati.
PIERO
RICCARDI
Quindi
o prendi questo o&te li tieni!
MARCO
BEDIN - AGRICOLTORE
Si.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Il
gioco è semplice, produrre solo roba fuori stagione, i pomodori ad esempio,
quando arriverà la stagione dei pomodori di campo, quelli che maturano rossi
sulla pianta, all'agricoltore non conviene più produrli perché il mercato butta
giù il prezzo. La non stagionalità è il rito sacrificale al mercato, per tenere
su i prezzi. Allora pomodori verdi d'inverno. Ma torniamo alle nostre carote.
Come si producono carote da 7 centesimi al chilo? Maccarese, pochi chilometri a
nord di Roma. E' l'altra grande campagna romana dedicata alle colture
intensive.
PIERO
RICCARDI
Gran
parte qui è agricoltura cosiddetta convenzionale, industriale?
CLAUDIO
CARAMADRE - AGRICOLTORE
La
stragrande maggioranza, la stragrande maggioranza& Qui c'è una grossissima
concentrazione di carota, si fanno circa mille ettari di carote, completamente
industrializzate e meccanizzate. Questi terreni a forza di fare monocoltura,
l'elemento naturale ha reagito. Ha reagito riempiendo il terreno di nematodi,
i nematodi sono praticamente i così detti i pionieri della vita, cioè quelli
che dopo la colata lavica o dopo il disastro vanno a colonizzare però hanno un
problema, cioè si nutrono delle radici delle piante, allora loro qui che cosa
avviene vengono sparsi alcuni quintali per ettaro di dicloropropene normalmente
che è diciamo un fumigante del terreno, proprio per abbattere la presenza di
nematodi che badiamo bene, non li elimina perché se fosse un intervento che
elimina, con i livelli& cioè facendo a ogni coltivazione un intervento con 200,
250 o anche più litri di dicloropropene per ettaro, teoricamente tu dovresti
eliminarli, invece, ogni volta& cioè loro sono costretti ad aumentare sempre di
più il loro dosaggio, cioè alla fine la chimica non è quest'arma così
splendida, un arma raffinata è un'arma molto grezza, il fatto che si
introducono sempre di più, noi stiamo creando degli insetti sempre più
resistenti.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Dicloropropene,
sterilizzare la terra prima di seminare, nematocidi, raddoppiare le dosi dei
fumiganti, insetti sempre più resistenti. Per produrre: carote. Carote a un
certo prezzo. Ma non abbiamo ancora capito chi stabilisce questo prezzo. Quello
di Fondi in provincia di Latina è il più grande mercato di ortofrutta d'Europa.
E di formazione del prezzo dovrebbero saperne qualcosa.
GIUSEPPE
LA ROCCA - PRESIDENTE MOF
Il
prezzo come si fa? Diciamo il mercato non è più il luogo come 20 anni fa, 30
anni fa, dove effettivamente si faceva il prezzo, certo il prezzo si fa
quotidianamente nel mercato, però rispetto a prima partiamo da una& dobbiamo
assumere un concetto che in un clima di globalizzazione è ovvio che il prezzo
non è più fatto specificatamente all'interno del mercato ma il prezzo per
esempio, il prezzo che viene su alcune cose viene stabilito anche dalla Grande
Distribuzione quando fa dei contratti direttamente con i fornitori.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Insomma,
cerchiamo di capire chi stabilisce il prezzo e tutti ci dicono il mercato, ma
nel più grande mercato orto frutta d'Europa invece, il presidente ci dice
imbarazzato che sì il prezzo dovrebbero farlo loro perché sono appunto il
mercato, ma in effetti a farlo è la Grande Distribuzione.
COMMERCIANTE
MOF
Un
arancio di quelli costa 15 centesimi& Solo raccoglierlo ci vogliono minimo&
PIERO
RICCARDI
15
centesimi al chilo?
COMMERCIANTE
MOF
&
Si al chilo si e non si vende!... ci voglio 10 centesimi soltanto per coglierlo
l'arancio altri 15 centesimi ci vogliono per produrli, poi ci vogliono altre 10
centesimi di tasse per il pagare il bonifico e tutto quanto, già siamo finiti a
50 centesimi e a 15 centesimi non si vendono&
PIERO
RICCARDI
Cioè
quelle arance lì lei le sta vendendo a 15 centesimi?
COMMERCIANTEMOF
Non
si vendono a 15!...non si vendono!
PIERO
RICCARDI
A
quanto sta questa lattuga?
COMMERCIANTE
MOF
A
trenta centesimi non riusciamo a venderla.
PIERO
RICCARDI
Ma
cosa c'è di sbagliato? Perché?
COMMERCIANTE
MOF
Io
sono andato a un supermercato senza fa nomi il sabato sera, i cavoli stavano 1
euro e 29 al chilo, qui al mercato si stanno vendendo 1 euro alla cassa che ci
stanno 10 chili dentro.
PIERO
RICCARDI
Ma
la Grande Distribuzione non si approvvigiona qui?
COMMERCIANTE
MOF
Non
sempre, non sempre direttamente in campagna.
COMMERCIANTEMOF
E
poi, io ho sempre visto la televisione, non inquadrano mai dei banchi della
Grande Distribuzione, sempre i bagarini di quei quattro che sono rimaste in
mezzo alle piazze. La Grande Distribuzione, non l'ho mai visto che alla
televisione hanno inquadrato la Coop, la Esselunga, la Cedof, la Conad, tutto
quanto, no soltanto i banchi di frutta e verdura in mezzo alle piazze, la
grande distribuzione la Rai la dentro non c'è mai entrata.
MILENA
GABANELLI IN STUDIO
Entriamoci. La Grande Distribuzione abbiamo capito non
passa dai mercati generali, che vendono sempre meno, ai mercatini rionali o ai
negozi. La Grande Distribuzione fa accordi con il produttore, che deve essere
in grado di produrre sempre, tutto l'anno , le stesse cose e in grandi
quantità. Anche nelle nostre serre si produco tutto l'anno pomodori, peperoni o
fragole ma molto spesso nei supermercati vediamo che questi prodotti arrivano
dall'Egitto, dalla Spagna o dal Marocco, cioè da quei paesi dove il processo di
industrializzazione dell'agricoltura è più spinto. Bene, almeno si
risparmierà&Lo vedremo fra breve.
MILENA
GABANELLI IN STUDIO
Allora abbiamo visto che le carote per esempio al
produttore vengono pagate 7 centesimi al chilo, tra parentesi poi ci chiediamo
perché chi raccoglie frutta e verdura viene pagato una miseria e in nero, e poi
le carote arrivano al negozio ad un prezzo 20 volte superiore. Ma chi lo
stabilisce il prezzo? Dovrebbe essere il mercato, ma quale mercato non si è
capito, perché al mercato tutti dicono "il prezzo lo fa la Grande
Distribuzione", che controlla il 70% del venduto. Quindi dovrebbero essere
prezzi bassi, invece l'indagine conoscitiva dell'autorità garante per la
concorrenza e il mercato dice " i prezzi al consumo nei supermercati, comparti
ortofrutticolo, risultano sensibilmente superiori a quelli del mercati di
quartiere. C'è il suo perché e lo spiega il presidente dell'associazione che
raggruppa tutti i marchi della Grande Distribuzione ad esclusione di Coop e
Conad.
PIERO
RICCARDI
Che
bisogno c'è di vendere i fagiolini d'inverno?
PAOLO
BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE
Il
problema reale è che, è sempre, non possiamo toccare ogni volta la Grande
Distribuzione, la Grande Distribuzione è l'ultimo anello della catena, dobbiamo
renderci conto che abbiamo creato nei nostri clienti delle aspettativa, e noi
siamo qui anche per soddisfarle, è un problema anche culturale, il non voler
mangiare per forza o consumare le fragole a Natale non è un discorso che può
essere imputato alla Grande Distribuzione che vende le fragole è un discorso di
avere il desiderio delle fragole che vengono prodotte o in serra o in altri
paese europeo oppure mondiale quindi noi diamo il prodotto al nostro cliente.
PIERO
RICCARDI
Cioè
voi dite il cliente me le chiede e io gliele do.
PAOLO
BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE
In
estrema sintesi, in estrema ratio, è questo il discorso questo noi lo facciamo
perché è nel nostro dna, il nostro oggetto sociale, noi facciamo i
commercianti, per cui, d'altra parte non è che possiamo disciplinare per legge
quelli che sono i desideri.
PIERO
RICCARDI
Per
esempio qui, non abbiamo tanto inscatolamento? perché questi fagiolini devono
essere dentro la plastica, stiamo producendo troppa plastica o no?
PAOLO
BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE
Quando
noi vendiamo il prodotto che è già tolettato, già pulito, già mandato, dobbiamo
dare la possibilità al prodotto stesso che deve essere usato e cotto
immediatamente senza ulteriore processo di affinamento.
PIERO
RICCARDI
Questo
costa al chilo 19 e 90, queste carote costano 8 e 76 al chilo, siamo andati qui
vicino a Latina e le carote al produttore vengono pagate 7 centesimi. Come fa
ad aumentare così tanto da 7 centesimi alla produzione a 8 e 70 al chilo?
PAOLO
BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE
Allora
dobbiamo vedere quella che è la base prodotto e quella che l'aggiunta di
servizio, un prodotto di questo tipo ha un servizio insito nel prodotto stesso
che è assolutamente enorme, dalla quantità di tempo che non fa spendere alla
massaia nell'acquisto, alla quantità di tempo che non fa spendere alla massaia
nel lavaggio, nel tagliarle e nel fare tutti quelli che sono gli atti
quotidiani. Adesso purtroppo il tempo è tiranno per cui si preferisce, in
alcuni casi, spendere più in servizio che non nel prodotto.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
La
differenza tra queste carote e questa scatola di carote grattugiate è un gesto.
A noi il gesto di grattugiare ci prende qualche istante. Quello che c'è dietro
la scatola di carote grattugiate invece sono trasporti, plastica, energia e
infine pure lo smaltimento della confezione nel termovalorizzatore. Qual è la
logica economica di tutto questo? Cosenza. Università di Arcavacata. Il professor
Dacrema insegna economia e ha scritto un libro sul Pil, il prodotto interno
lordo. E la domanda che gli facciamo è: una carota, un pomodoro sono una merce
come le altre?
PIERANGELO
DACREMA - ECONOMISTA UNIV. ARCAVACATA - CALABRIA
Noi
siamo abituati a parlare di merci e a trattare tutto come una merce, perché,
perché tutto ciò che ha un valore economico ha un prezzo, un prezzo espresso
dai numeri del denaro, i numeri del denaro sono i numeri del Pil perché il Pil
quantifica tutto in termini di prezzi e quindi usa la logica molto banale, se
vogliamo, ma molto stringente della matematica elementare del denaro, addizione
e sottrazione. Ma il valore, una buona teoria del valore tiene conto del fatto
che il valore ha un senso, prima ancora che un prezzo, il prezzo non esprime il
senso del valore, non esprime il significato di un bene. Ma questa ossessione
della quantità e il Pil la esprime in modo eccellente, questa ossessione della
quantità ci fa dimenticare che esistono dei costi di cui il Pil non tiene
conto, assolutamente, ora i costi sostenuti dalla madre terra da cui sottraiamo
evidentemente delle energie per produrre pomodori secondo tecniche produttive
che sono criticabili sotto l'aspetto ambientale, e sotto l'aspetto
dell'inquinamento, ecco quei costi non provocano una diminuzione del Pil anzi,
il paradosso è che, diciamo che nella mente di tutti e in particolare della
nostra classe dirigente, l'aumento del Pil è qualcosa da salutare di per sé con
favore in modo positivo. Dall'altro lato si tende appunto a dimenticarsi del
fatto che un disastro, un incidente stradale provoca un aumento del Pil, la
produzione di armi provoca un aumento del Pil, le tante produzioni inquinanti e
dannose provocano un aumento del Pil.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Dunque,
queste carote in scatola fanno aumentare il pil, proprio perché producono un
costo ambientale, come questa petroliera che si spacca&.Fa aumentare il pil
perché dovrò ricostruirne un'altra e pure le coste da ripulire, i pesci e gli
uccelli imbrattati da curare mi fanno alzare il pil, e quando siamo in coda
sull'autostrada il pil aumenta perché bruciamo carburante, che inquina, e se
l'inquinamento ci fa venire un tumore tanto meglio, malati e ospedali fanno
aumentare il pil. Un incidente fa aumentare il pil. I prodotti fuori stagione
fanno alzare il pil perché costa di più produrli, perché più fertilizzanti,
erbicidi e pesticidi uso, aumenta il pil. E pazienza se l'aereo che porta
asparagi dal Perù e fagiolini dall'Africa produce Co2 perché si alza il numeretto
magico del benessere. E poi i prodotti fuori stagione posso venderli ad un
prezzo più alto di uno di stagione. E' meglio vendere un chilo di fagiolini a
gennaio a 4 e 99 al chilo, che un cavolfiore a 0.99, perché anche questo fa
aumentare il pil.
PAOLO
BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE
Non
è vietando il consumo che si da la possibilità al pianeta di sostenersi,
secondo me è incentivando i consumi intelligenti che abbiamo la possibilità di
sostenerci.
PIERO
RICCARDI
Il
consumo intelligente è non pretendere il pomodoro d'inverno perché non è
intelligente, o no?
PAOLO
BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE
Il
problema è che noi non siamo i giudici di quello che accade sul mercato noi
siamo un attore di questo mercato, ogni giorno c'è una grande recita che si
apre, c'è questo palcoscenico che si apre, noi recitiamo una trama che da un
lato ci da la possibilità di essere protagonisti, però dall'altro abbiamo un
canovaccio che è assolutamente dettato.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Forse
non lo sapevamo, ma quando facciamo la spesa stiamo recitando su un
palcoscenico. Solo che a quel palcoscenico che è il nostro pianeta qualcuno sta
segando le gambe su cui poggia e quel qualcuno siamo anche noi. E mentre ce ne
stiamo andando via il presidente di Federdistribuzione ci regala la sua verità.
PIERO
RICCARDI
Ma
lei personalmente i pomodori se li mangia d'inverno?
PAOLO
BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE
Se
lei deve fare un sugo sa molto di più il pomodoro&
PIERO
RICCARDI
La
passata!
PAOLO
BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE
Assolutamente,
assolutamente. Perché viene fatta nel momento di produzione sul luogo di
produzione. Ma io questo non glielo posso dire se no ammazzo il mercato! Voglio
dire il concetto è proprio questo guardi se io adesso le apro il pachino
piuttosto che un altro pomodoro e glielo spezzo e lei è con gli occhi chiusi e
odora non mi dice che cosa è, se le apro una bottiglia di passata lei dice,
questo è pomodoro! Perché? Perché è fatta nel momento della massima maturazione,
il pomodoro ora è un finto benessere.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
E'
un finto benessere. Però rimane lì sul banco perché questo è il mercato. E così
il nostro pomodoro non è che un oggetto, che ad occhi chiusi, con l'olfatto non
riconoscerei, una merce il cui senso non è dato più dall'essere un pomodoro, ma
solo, un qualcosa con la forma di un pomodoro, identico per peso, forma e
colore ad altri suoi simili, come dei cloni, pure loro, che si chiamino
peperoni, melanzane o mele, oggetti da tenere tutto l'anno su uno scaffale che
non si svuota mai, rifornito continuamente, senza soluzione tra il mattino e la
sera, l'estate e l'inverno. E per la nostra salute? Questo pomodoro verde,
d'inverno, sarà lo stesso di quello che rubriche di salute di giornali e tv ci
dicono che ci manterrà giovani, che ci proteggerà dai tumori?
MILENA
GABANELLI IN STUDIO
Le
riviste che ci danno indicazioni sulle proprietà di questo o quello per
mantenerci sani, o per ritardare i segni dell'età vendono parecchio, quindi la
salute ci è cara. Le carote fanno bene alla pelle, i pomodori contengono il
licopene che combatte i radicali liberi. E noi giù a comprare carote e
pomodori. Quello che non si scrive mai è in quali condizioni il prodotto
mantiene le sue caratteristiche. Le carote grattugiate vendute nella vaschetta
di plastica o l'insalata già lavata e in busta hanno perso le loro proprietà, è
quasi come mangiare niente. Presso il centro di scienze dell'invecchiamento
dell'Università di Chieti è stata fatta una ricerca per quantificare la
presenza in frutta e ortaggi di polifenoli e flavonoidi, quegli antiossidanti
dalle proprietà antitumorali per i quali bisogna mangiare frutta e verdura.
Cosa hanno fatto, sono andati al mercato e hanno fatto la spesa, cioè hanno
analizzato gli stessi prodotti che poi finiscono sulla nostra tavola, per
vedere che cosa c'è dentro. Per esempio hanno preso i pomodori, dalla catena
corta, cioè quelli raccolti oggi maturi, e venduti domani o dopodomani nei
mercati rionale, e i pomodori verdi. Vediamo il risultato della ricerca.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Ci
presentiamo con il pomodoro rigorosamente verde.
STEFANO
IACOBELLI - ONCOLOGO MEDICO UNIVERSITA' - CHIETI
Questa
figura mostra il contenuto di carotenoidi, essenzialmente di licopene, in vari tipi
di pomodoro raccolti allorché sono verdi oppure rossi nella parte destra, si
vede nettamente che i pomodori rossi, in questa zona a destra hanno un
contenuto di carotenoidi in questo caso possiamo dire tranquillamente di
licopene, che è nettamente superiore a tutto il resto dei pomodori.
PIERO
RICCARDI
Questi
sono quelli verdi?
STEFANO
IACOBELLI - ONCOLOGO MEDICO UNIVERSITA' - CHIETI
Questi
sono raccolti verdi e quindi comunque sia il pomodoro artificiale, chiamiamolo
così tra virgolette, ha un contenuto di licopene che non è paragonabile...
PIERO
RICCARDI
Il
pomodoro verde non ha licopene.
STEFANO
IACOBELLI - ONCOLOGO MEDICO UNIVERSITA' - CHIETI
Assolutamente.
La cosa interessante è che anche se noi prendiamo dei pomodori verdi e poi li
lasciamo maturare finché diventano rossi, non si riesce mai a raggiungere quel
livello di licopene che è presente invece nei pomodori colti naturalmente in
pieno campo.
PIERO
RICCARDI
Maturati
al sole?...Perché è il sole che fa sviluppare..
STEFANO
IACOBELLI - ONCOLOGO MEDICO UNIVERSITA' - CHIETI
Maturati
al sole! E' il sole che fa sviluppare, sono i raggi ultravioletti che hanno
un'influenza fondamentale nel processo maturativo.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Claudio
Caramadre è agricoltore da più generazioni, il padre aveva un orto vicino Roma
e un banco nel mercato rionale dove vendeva i suoi ortaggi. Quando Claudio
prende il suo posto l'agricoltura è cambiata, lascia l'orto e diventa un
agricoltore industriale, ma poi, dopo qualche anno, dentro le sue sicurezze si
rompe qualcosa. Questi ora sono i suoi campi, le sue coltivazioni di radicchio,
di carote, di biete, ci tiene a farci vedere che tra i cespi di insalata ci
sono erbe estranee, spontanee.
PIERO
RICCARDI
E
questo che significa?
CLAUDIO
CARAMADRE - AGRICOLTORE
Significa
che non si è diserbato, significa che comunque viene mantenuta una biodiversità
& Se noi andiamo di qua&
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Il
signor Caramadre entra nel terreno del vicino, quello che abbiamo già visto,
dove si coltivano centinaia di ettari di carote con agricoltura industriale,
chimica.
CLAUDIO
CARAMADRE - AGRICOLTORE
&E
prendiamo questo terreno, questo terreno qua&
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
E
torna nel suo terreno.
CLAUDIO
CARAMADRE - AGRICOLTORE
Guarda
la differenza tra questi due terreni. Quando ho cominciato la conversione al
bio avevo un terreno tutto come questo, sostanza organica media intorno allo
0,3, 0,4%, adesso mi sono avvicinato all'1% è un terreno vivo mentre questo è
più simile al polistirolo che non alla terra, e questo è l'elemento che fa la
differenza tra agricoltura biologica e agricoltura convenzionale, cioè la
chimica presupponendo il fatto che tutto quello che serve alla vita della
pianta può essere prodotto da un'altra parte, trasportato lì e immesso nel
terreno, praticamente ha ridotto il terreno a non essere più vitale, perché
tanto non gli serve la propria vita, basta che gli metti i fertilizzanti.
Questo significa che nel momento in cui l'industria smetterà per un qualsiasi
motivo di produrre i fertilizzanti noi avremo distrutto la vita in tutti i
terreni cioè fa diventare estremamente difficile, cioè io per arrivare a questo
livello c'ho messo dieci anni&
PIERO
RICCARDI
Per
ritornare a&
CLAUDIO
CARAMADRE - AGRICOLTORE
Per
ritornare a un 1 %, cioè per avere la possibilità di coltivare quasi senza
l'uso di fertilizzanti produrre senza quasi l'uso di fertilizzanti, cioè il
discorso per cui sono passato al bio, come mi sentivo dico sempre io mi sentivo
un tossicodipendente, cioè praticamente il discorso che mi facevano tutti senza
la chimica non si coltiva era una cosa che mi faceva inorridire. Questa è un
immagine che io ho sempre, dopo aver usato prodotti chimici, dopo aver fatto i
trattamenti, nonostante tutti gli strumenti di protezione che adottavo, tornare
a casa, e all'epoca c'era mio figlio che aveva 4 anni no, quest'immagine che tu
torni a casa e c'è tuo figlio che ti corre in contro, e tu lo blocchi a
distanza, gli dici fermati, aspetta, che prima mi devo lavare, cioè mi faceva pensare,
cavolo io sto tornando da lavoro agricolo e devo essere sporco, non posso
abbracciare mio figlio perché se no lo inquino, se no ho paura di rilasciargli
sostanze tossiche, un immagine che mi ha molto colpito, una riflessione su una
cosa così banale.
PIERO
RICCARDI
E
quindi il passaggio!
CLAUDIO
CARAMADRE - AGRICOLTORE
E
quindi il passaggio!
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Prima
di andarcene facciamo un piccolo esperimento.
CLAUDIO
CARAMADRE - AGRICOLTORE
Questo
è il campo del vicino.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Poi
estrae le sue.
CLAUDIO
CARAMADRE - AGRICOLTORE
&e
considerando che su questa carota non abbiamo fatto nessun intervento chimico,
di nessun tipo cioè neanche con il rame niente.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
E
confronta i due mazzi di carote.
CLAUDIO
CARAMADRE - AGRICOLTORE
Questo
è convenzionale e questo bio& Addirittura sono pure più belle!
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Forse
sono qualcosa di più che solo belle! Roma, Università La Sapienza, dipartimento
di storia contemporanea, il professor Piero Bevilacqua ha elaborato la teoria
dei paradossi capitali dell'agricoltura industriale chimica, quella che lui
stesso ha definito una partita di giro truccata.
PIERO
BEVILACQUA - STORICO UNIV. LA SAPIENZA - ROMA
I
concimi chimici diversamente da quanto era accaduto in tutta la precedente
storia dell'umanità non fertilizzano più la terra ma fertilizzano direttamente
la pianta. La concimazione chimica ripetuta nel corso di decenni finisce con
l'impoverire la sostanza organica nel terreno, finisce con il favorire
l'accumulo di metalli pesanti, il terreno si isterilisce, diventa pesante e
naturalmente la pianta vive in un habitat artificiale, questa pianta può
sopravvivere solo se costantemente medicalizzata.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Questa
della sostanza organica è la partita attorno la quale si gioca il futuro dell'
agricoltura sostenibile. La perdita di sostanza organica nei terreni è una
delle più grandi fonti di produzione di gas serra perché è proprio la sostanza
organica a trattenere il carbonio prodotto dalla fotosintesi delle piante.
Arare, diserbare, fertilizzare chimicamente, significa liberare di nuovo
nell'aria quel carbonio. Un grammo di carbonio liberato ne produce 3,6 di
CO2.
Prima dell'avvento dell'agricoltura industriale il suolo agricolo italiano conteneva in media 130 tonnellate per ettaro di carbonio, oggi meno di 70, significa che negli ultimi 50-100 anni, l'agricoltura intensiva ha prodotto 80 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, un quinto di quanta se ne produce in Italia in un anno.
WULF KILLMANN Fao-Gruppo Lavoro Cambiamento Climatico
Dovremmo riflettere, quando pensiamo di ridurre per
esempio i fertilizzanti o quando diminuiamo le arature, noi dovremmo
considerare quale potrebbe essere il contributo al cambiamento climatico, certo
dipende dal tipo di terreno, dai luoghi, perché non funziona ovunque, ma in
certe situazioni agricole si può fare quello che si chiama tecnicamente low
tillage, ovvero un basso o ridotto sfruttamento dei terreni, che di nuovo
previene emissioni di carbonio, insomma io, noi non siamo contro la moderna
agricoltura, al contrario, ma dobbiamo ripensare come fare e dove per adattare
i nostri sistemi agricoli di produzione.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Bra
è il cuore delle Langhe piemontesi. Questa è la sede storica di Slow Food,
un'associazione che nasce negli anni '80 come risposta al Fast Food, e che fa
della scelta del cibo un atto responsabile. Tutto nasce da un'idea di Carlo
Petrini che quando incontriamo a Bra è stato appena inserito dal quotidiano
inglese The Guardian tra le 50 personalità, unico italiano, che potrebbero
salvare il pianeta dai danni dell'effetto serra.
CARLO
PETRINI - PRESIDENTE SLOW FOOD
Nel
momento in cui facciamo le scelte tutti siamo dei gastronomi e siccome ognuno
di noi fa delle scelte, nel momento in cui fa delle scelte sul proprio cibo, in
qualche misura, non solo è gastronomo ma è anche contadino, sceglie lui che
tipo di agricoltura aiutare, sceglie lui che tipo di agricoltura sostenere e
allora da questo punto di vista le opzioni e le scelte devono essere
responsabili.
PIERO
RICCARDI
L'agricoltura
sostenibile è per tutti, oppure ci vuole quell'agricoltura industriale?
CARLO
PETRINI - PRESIDENTE SLOW FOOD
Allora
è assolutamente dimostrabile che un'agricoltura rispettosa dell'ambiente di
piccola scala è assolutamente più produttiva e più sostenibile che
un'agricoltura massiva, di larga scala, nel senso che produce di più, perché
consente anche in piccole realtà territoriali la rotazione delle coltivazioni e
consente un utilizzo dei terreni in modo più intelligente, questa è la nuova
forma della modernità, avere la cultura, la conoscenza e la saggezza per
tornare a ritmi che rispettino la stagionalità e la produzione locale.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Veri
e propri progetti agricoli sostenibili sono i Presidi nati attorno a Slow Food,
200 in Italia e altri 100 nel mondo. Fossano, Cuneo. Sergio Capaldo è
l'ispiratore e il motore di una associazione di allevatori, che nasce quando,
veterinario, capisce che l'allevatore ormai doveva sottostare a troppi
compromessi.
SERGIO
CAPALDO - VETERINARIO
Vedevo
proprio che i più bravi volevano smettere, i figli lasciavano l'attività perché
dicevano tanto non c'è niente da fare, è proprio la mentalità del vinto,
veramente, se tu non entravi nella grande distribuzione, se non facevi così, se
non usavi quell'integratore, se non facevi tutto quello che noi non volevamo
che a volte avvenisse, sembrava che tu fossi un perdente. Sempre questa
mentalità di dire, no vince il furbo, non vince chi è onesto, questo è stata
una sfida che io ho voluto lanciare.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Ci
racconta che quando nacque, nel 2000, l'associazione contava 16 allevatori,
oggi sono 65. Questa è l'azienda di uno di loro.
SERGIO
CAPALDO - VETERINARIO
L'arte
di fare il fieno buono è fondamentale&
PIERDOMENICO
DOTTA - ALLEVATORE
Si
vede che è un altro prodotto, ma sembra veramente fresco.
PIERO
RICCARDI
Perché
questo allevamento è sostenibile?
SERGIO
CAPALDO - VETERINARIO
Sostenibile
perché, noi l'abbiamo inserito in un programma dove l'alimentazione non è
un'alimentazione fuori del mondo che viene a costare più delle altre, è
questione che loro hanno la terra, coltivano, fanno i loro fieni, il loro mais&
PIERO
RICCARDI
Dove
vengono coltivati?
SERGIO
CAPALDO - VETERINARIO
&Ma
qui attorno loro hanno abbastanza terra oppure, a volte abbiamo il consorzio
dove uno compra i cereali e i foraggi della zona. Però è importante saperli
scegliere e lavorare e il costo non è maggiore degli altri. Il letame è
fondamentale perché la qualità di tutto quello che coltiviamo viene dato dalla
concimazione. Una sana alimentazione un modo non stressante di vivere, avere un
ciclo così, ti porta a non avere praticamente trattamenti, non hai proprio bisogno
di andarti a inventare queste cose qui.
PIERO
RICCARDI
Cosa
che invece gli allevamenti intensivi...
SERGIO
CAPALDO - VETERINARIO
Quando
io ho molti animali perché la patologia di gruppo, l'allevamento intensivo ti
porta lo spostamento degli animali, ti porta veramente ad aver dei problemi
d'influenza. Esiste il problema del sovraffollamento degli animali, invece
sapere che&
PIERO
RICCARDI
&E
quindi antibiotici?
SERGIO
CAPALDO - VETERINARIO
&Sei
obbligato a fare trattamenti, antinfiammatori, antibiotici e poi la corsa a far
crescere questi animali, perché parliamoci chiaro, non è soltanto chi produce
che è il monello, è anche chi vende la merce che a volte chiede che le masse
muscolari siano più sviluppate per poter avere più diciamo guadagno.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
L'essenza
è tutta lì: non è stato inventato niente. L'allevamento sostenibile è quello
dove il numero di capi è proporzionato ai terreni dell'azienda dove
l'allevatore produce da sé il foraggio e gli alimenti necessari, fertilizzati
con lo stesso letame dei suoi animali, che è sano perché non contiene
medicinali e altri chimici, perché se il cibo è buono l'animale sta bene e non
servono i medicinali. Per tutti gli allevatori del presidio prodursi
l'alimentazione in azienda è fondamentale, anche perché non si dipende dagli
acquisti esterni e se il costo del mais e dei mangimi a livello mondiale
aumenta all'azienda non importa, il costo di allevamento rimane certo.
SERGIO
CAPALDO - VETERINARIO
Non
è la logica di chi vende che deve decidere come noi dobbiamo produrre, ma è al
contrario, io consumatore, dato che non tutti facciamo questo lavoro, io però
tramite il cibo voglio che il mio ambiente venga mantenuto e voglio curami con
la qualità del cibo.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Ma
per allevare bisogna garantirsi il prezzo giusto e per garantirsi il prezzo
giusto gli allevatori del Presidio hanno deciso di controllare anche il resto
della filiera: la distribuzione. Tutto qui è moderno, efficiente,
computerizzata la tracciabilità e le forniture che sono gestite direttamente,
senza intermediari. Ma il prezzo finale? Quello ai consumatori? Torino, Eataly
è un luogo del cibo, un grande mercato molto particolare, niente offerte
speciali, vino sfuso a 2 euro vicino alle bottiglie di marca, caffè importato
direttamente dal Guatemala, pagato tre volte di più ai contadini ma venduto
sugli scaffali a 1 euro l'etto. Qui troviamo in vendita la carne dei nostri
allevatori.
OSCAR
FARINETTI - EATALY
Noi
gli garantiamo di acquistare tutte le carni, mediamente paghiamo il 20% più del
mercato, e alla fine riusciamo a venderlo al pubblico al prezzo delle
macellerie ordinarie, non è più cara, però noi non abbiamo i così detti
commercianti in mezzo paghiamo direttamente la carne agli allevatori. Questi è
l'hamburger, e questo costa 13 euro e 20 al chilogrammo, quindi diciamo che
con 5 euro si possono comprare tre hamburger da 130 grammi e si può mangiare in
tre bene.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Per
chi fa agricoltura in modo diverso, sostenibile, quello della
commercializzazione è un tema fondamentale. Ma non solo, conta anche cosa si
produce. Questa è un'azienda che produce mele con metodo biologico, mele
antiche.
PIERO
RICCARDI
Che
significa mele antiche?
DARIO
MARTINA -AGRICOLTORE
Che
significa mele antiche? Mele antiche sono le mele& antiche! Quelle che dai
Romani dai Greci sono arrivate fino a noi, io dico, non dai Greci ma dai Celti
insomma, ci sono mele che hanno un origine celtica, penso hanno 2000 anni.
PIERO
RICCARDI
Quante
ce ne sono?
DARIO
MARTINA -AGRICOLTORE
Qui
ne abbiamo, raccolte ancora adesso 400, 450 che ci sono nel senso che ci sono,
le abbiamo raccolte, conservate, però altre siamo arrivati non più in tempo. E
lo straordinario è che poi adesso scopriamo perché ci ricerchiamo sopra che
quella biodiversità lì è portatrice per esempio di valori nutriceutici,
nutrizionali, vitamine, polifenoli ricchissima che nessun altra mela ha, oppure
che sono straordinariamente resistenti alle malattie quindi permettono
facilmente di fare quel biologico che con le varietà tradizionali incontra
difficoltà. Adesso ripiantando invece si ripianta con i criteri moderni, cioè
con le file distanti 4 metri, però le varietà sono quelle, le caratteristiche
delle mele sono quelle. Questa è la famosa Grigia di Torriana ad esempio.
PIERO
RICCARDI
Bella!
DARIO
MARTINA - AGRICOLTORE
Questa
è una mela strepitosa, una delle migliori mele da cottura e questa è la Gamba
Fina, una mela ancora estiva, piatta, molto dolce&
PIERO
RICCARDI
Ma
io vorrei capire perché a un certo punto questa qui ha perso&perché un
supermercato ha detto queste non sono per me?
DARIO
MARTINA - AGRICOLTORE
Hai
mai sentito parlare del colonialismo? Esiste il colonialismo! Quando uno occupa
un territorio di un altro quello è un colono, allora le mele americane hanno
colonizzato le mele della biodiversità italiana&
PIERO
RICCARDI
Queste
mele hanno poi un valore maggiore, perché sono più resistenti alle malattie,
hanno una varietà&
DARIO
MARTINA - AGRICOLTORE
Il
fatto che siano resistenti alle malattie era un canone obbligatorio perché il
contadino le adottasse, perché il principio, ma vale per le mele, come per le
pere, come per tutta la frutta e la verdura, che si è evoluta su un determinato
luogo con la complicità del contadino.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Produrre
una varietà antica di mele non è un vezzo o una nostalgia, significa contare su
una varietà più resistente alle malattie di quel posto, significa poter non
usare pesticidi e insetticidi chimici, insomma fare un'agricoltura più pulita.
E i frutti? Gli ortaggi? Sono migliori? Questo è uno studio dell'Università di
California Davis del 2006 e lascia pochi dubbi. La ricerca è durata 10 anni, la
superiorità del biologico emerge chiaramente. Di media i pomodori Bio avevano
il 79% in più di quercetina e 97% in più di canferolo. Antiossidanti appunto.
Anche questo studio dell'italiano Inran Istituto per la nutrizione conferma che
pesche e pere bio sono superiori a quelle prodotte con agricoltura chimica per
sostanze nutritive, vitamine, antiossidanti.
MARIATERESA
RUSSO - CHIMICA DEGLI ALIMENTI UNIV. REGGIO CALABRIA
Noi
siamo qua comunque in un laboratorio integrato forse è uno dei pochissimi
esempi esistenti qua in Italia. Questo è laboratorio integra un Centro di
ricerca regionale che è il centro di ricerca agroalimentare con le competenze
della facoltà di Agraria dell'Università mediterranea di Reggio Calabria.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Qui,
tra l'altro si fanno misurazioni di qualità.
PIERO
RICCARDI
C'è
una differenza tra un prodotto che ha avuto molto azoto chimico e invece un
prodotto che è più biologico?
MARIATERESA
RUSSO - CHIMICA DEGLI ALIMENTI UNIV. REGGIO CALABRIA
Assolutamente
si, perché la concimazione su un prodotto alimentare, quindi su un frutto ha un
riflesso immediato sulla composizione chimica del prodotto. Diciamo che
comunque prodotti alimentari ottenuti con metodo biologico hanno delle
caratteristiche edonistiche e anche delle sostanze che definiscono l'aspetto
nutrizionale per alcuni versi migliore.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Ma
nel laboratorio si fa altro, per esempio si estraggono sostanze naturali da
vegetali da usare nella lotta biologica alle malattie. E qui incontriamo
appunto uno dei più importanti esperti di agricoltura biologica in Italia,
anche la sua storia professionale in agricoltura inizia con insetticidi e
pesticidi chimici, poi si fa due calcoli.
FRANCESCO
SANTOPOLO - ESPERTO AGRICOLTURA BIOLOGICA
Nel
1940 avevamo 6 molecole e 31 prodotti, nel 1988 avevamo 381 molecole e 3080
prodotti e i danni da insetti sono aumentati del 6% e i danni da funghi del
1,5%. E' una spirale perversa la definisco io.
PIERO
RICCARDI
Quando
uno pensa al biologico dice va be è un ritorno indietro, quasi primitivo.
FRANCESCO
SANTOPOLO - ESPERTO AGRICOLTURA BIOLOGICA
No,
il biologico è la forma più avanzata di agricoltura possibile perché mette in
gioco una serie di competenze, soprattutto restituisce a chi opera nel
biologico la sua competenza,
noi del biologico non facciamo ricorso ai mezzi tecnici subito, anche quando ne disponiamo, prima cerchiamo di vedere l'ambiente come sta rispondendo o alla presenza di un nuovo organismo oppure ad una crescita smisurata della popolazione di quell'organismo, se l'ambiente ha difficoltà a rispondere allora lo aiutiamo inserendo delle molecole naturali o organismi predatori o parassitoidi per dargli una mano.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Le
consulenze di Francesco Santopolo sono il motore che ha spinto molte aziende
che producono agrumi, olio, vino in Calabria, Basilicata, Campania, Sicilia a
trasformarsi in aziende biologiche. Ma i costi? Perché una delle obiezioni al
biologico è che costa di più e rende di meno.
FRANCESCO
SANTOPOLO - ESPERTO AGRICOLTURA BIOLOGICA
Assolutamente
no, potrei fare alcuni esempi di conti che abbiamo fatto di aziende biologiche
che spendevano in convenzionale una certa cifra e che in biologico spendevano
un terzo di quello che avevano speso prima.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Aziende
biologiche che spendono un terzo in prodotti. Qui siamo a trenta chilometri da
Cosenza. Si produce vino e olio entrambi in biologico. Chiediamo: costi e rese.
PIERO
RICCARDI
Costa
più produrre biologico o no?
LIDIA
MATERA - IMPRENDITRICE AGRICOLA
Molto
meno perché praticamente, la concimazione non si fa quasi più, si utilizza solo
del letame e lo si prende dalle aziende limitrofe, si semina il favino si fa il
sovescio del favino.
FRANCESCO
SANTOPOLO - ESPERTO AGRICOLTURA BIOLOGICA
L'ultimo
anno ne abbiamo discusso con lei, il conto di concime effettuato si aggira
attorno a 13 milioni, l'anno successivo 1 e 8, 1 e 7.
PIERO
RICCARDI
Gli
ulivi producono uguale, tanto quanto&?
LIDIA
MATERA - IMPRENDITRICE AGRICOLA
Nello
stesso identico modo& anzi da quando io poi sono entrata nel biologico, proprio
perché non ho più fatto trattamenti contro le mosche e quant'altro ho aumentato
la qualità pure dell'olio.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Ma
biologico non è solo assenza di pesticidi e fertilizzanti chimici. Base
dell'agricoltura biologica è lasciare inerbiti i campi con le erbe spontanee
per produrre quella sostanza organica nel terreno che permette di non usare i
fertilizzanti chimici e questa è proprio quella pratica indicata dalla Fao per
contenere la produzione di gas serra.
MILENA
GABANELLI IN STUDIO
Cercando
qualche dato abbiamo trovato che l'Istituto nazionale per la nutrizione delle
piante ha calcolato il rapporto fra perdita di sostanza organica nei terreni,
dovuta a continui cicli di arature e concimazioni chimiche, e la produzione di
anidride carbonica. In che modo? Sappiamo che l'erba e le foglie metabolizzano
tramite fotosintesi l'anidride carbonica, liberano l'ossigeno nell'aria e
trattengono il carbonio che si fissa nel terreno e si combina con le sostanze
organiche. I continui cicli di aratura e di concimazione chimica distruggono le
sostanze organiche, si libera il carbonio nell'aria che combinandosi con
l'ossigeno diventa anidride carbonica. In sostanza ogni volta che viene arato
un campo iperconcimato, contribuisci all'emissione di gas serra tanto quanto
una colonna di tir. I dati ahimè sono impressionanti. E li vediamo dopo la
pubblicità.
MILENA
GABANELLI IN STUDIO
Allora
Il protocollo di Kyoto, sempre lui a partire da gennaio quest'anno per i
prossimi 4 anni, dice che dobbiamo ridurre l'emissione di gas serra del 6,5%,
pena una multa salatissima. Siccome non abbiamo ancora fatto nulla, sul sito
del kyoto club c'è un contatore che misura in tempo reale il debito che
l'Italia sta accumulando: 47 euro al secondo, più di 4 milioni di euro al
giorno. Ma pare che la cosa non ci interessi granché. Eppure secondo l'istituto
nazionale per la nutrizione delle piante, per rientrare nei parametri,
basterebbe imprigionare dentro i nostri 13 milioni di terreni agricoli lo 0,1%
di carbonio. Quel carbonio che viene liberato dalle continue arature di terreni
iperconcimati chimicamente. Quindi bisognerebbe fare quello che già fa
l'agricoltura biologica già fa. Ma c'è chi sostiene che questo metodo
provocherebbe una carenza di cibo.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Napoli
università Federico secondo. Dipartimento di Economia agraria.
MARIA
FONTE - ECONOMISTA AGRARIA UNIV. FEDERICO II - NAPOLI
C'è
un gruppo di ricercatori dell'Università del Michigan negli Stati Uniti i quali
proprio rispondendo a questa preoccupazione hanno portato avanti un grande
lavoro di ricerca passando in rassegna circa trecento lavori, i quali mettevano
a confronto le rese del biologico e le rese dell'agricoltura convenzionale.
Hanno trovato che in media diciamo le rese se tutta
l'agricoltura per esempio dei paesi sviluppati, fosse coltivata con metodi di agricoltura biologica, in media le rese sarebbero inferiori di un 10%, delle rese attuali diciamo. Mentre per i paesi in via di sviluppo e questo è un punto molto importante la disponibilità alimentare aumenterebbe se diciamo i sistemi oggi vigenti fossero trasformati con metodi di agricoltura biologica.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Bologna.
Che il problema del cibo e dunque dell'agricoltura non sia un problema di
carenza, che anzi nei paesi ricchi di cibo ce n'è fin troppo lo racconta questa
storia, troppo da dover essere gettato via, nei rifiuti. Andiamo nel retro di
questo ipermercato, dietro le quinte. Mentre arriva nuova merce pronta per gli
scaffali questa signora sta lavorando con altra merce.
DIPENDENTE
CONAD LECLERC
Questo
è un terminale, che io sparo il codice &poi viene tutto scaricato.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Questa
merce in termini tecnici viene svalorizzata, in pratica è scarto, per il
supermercato rifiuto.
PIERO
RICCARDI
Perché
questa carne viene scartata?
DIPENDENTE
CONAD LECLERC
Perché
scade domani, ha la scadenza, domani o dopodomani o il giorno stesso e noi
dobbiamo tirarla su. Non si può fare altrimenti. C'è di tutto, tutto quello che
è possibile.
PIERO
RICCARDI
Allora
vediamo&ci sono banane, vediamo&
DIPENDENTE
CONAD LECLERC
C'è
l'insalata c'è il pane&
PIERO
RICCARDI
C'è
il minestrone costoso, perché questo viene buttato?
DIPENDENTE
CONAD LECLERC
Perché
scade fra due giorni.
PIERO
RICCARDI
Che
cosa abbiamo qui? Abbiamo Cicorino.
DIPENDENTE
CONAD LECLERC
Questo
vede è su 2 giorno prima perché scade il 7.
PIERO
RICCARDI
Questo&
questa è un ottima insalata.
DIPENDENTE
CONAD LECLERC
Anche
quello, le banane perché sono molto mature, questo scade domani, dopodomani,
bisogna vedere qua, domani.
PIERO
RICCARDI
Questo
scade domani.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Insomma
scarto, o meglio lo era. Un paio di chilometri dal centro commerciale c'è la
facoltà di agraria dell'Università di Bologna. Il professor Andrea Segré è il
Preside.
ANDREA
SEGRÉ - PRESIDE FACOLTÀ DI AGRARIA UNIV. BOLOGNA
L'idea
e poi la pratica del Last Minute Market è nata alla fine degli anni 90 quando
invitai un mio ex studente che aveva trovato lavoro in un grande ipermercato
vicino in regione in Emilia Romagna per fare una lezione, per rendere le
lezioni più vive invito sempre qualcuno che viene dal campo. Ha fatto un
seminario molto interessate in cui magnificava questa grande struttura
distributiva che aveva ben 50.000 referenze, cioè vendeva 50.000 prodotti
diversi e uno studente in modo apparentemente ingenuo gli chiese, ma vendete
proprio tutto? Lui bofonchiò una risposta abbastanza poco convincente per dire
la verità, siam li a posta vendiamo tutto, lo chiamai nel mio piccolo studio di
allora e gli chiesi, qual è il problema e lui disse, venga e gli lo faccio
vedere.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
In
pratica il professore vide quello che sta facendo ora questa dipendente
dell'ipermercato, anzi peggio perché tutta questa buona roba finiva qui, nel
container dei rifiuti. Allora il professore chiamò alcuni studenti che si
misero a quantificare tutto quel cibo.
PIERO
RICCARDI
Avete
fatto un calcolo, quant'è lo spreco?
ANDREA
SEGRÉ - PRESIDE FACOLTÀ DI AGRARIA UNIV. BOLOGNA
Enorme,
dopo sette mesi ci siamo fermati perché abbiam capito che dal grande sprecone,
ma non è l'unico, l'ipermercato ci siamo resi conto che si possono recuperare
qualcosa come 170 tonnellate di cibo perfettamente consumabile.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Così
nasce Last Minute Market, letteralmente il Mercato dell'ultimo minuto. La sede
è nei locali della stessa università. Sono in 4, studenti o ex. Il loro lavoro,
inventariare lo spreco di un ipermercato che ha bisogno di buttare cibo,
trovare nelle vicinanze chi ha bisogno di cibo per la mensa dei suoi assistiti,
una casa famiglia per esempio, e ottenere i permessi burocratici per
redistribuire quelli che altrimenti sarebbero rifiuti. Attualmente sono quattro
i supermercati che hanno accettato. Chiediamo avete calcolato il potenziale
spreco su scala nazionale?
SABINA
MORGANTI - LAST MINUTE MARKET
Allora
se consideriamo tutte le tipologie distributive cash and carry, ipermercati,
supermercati e piccoli dettaglio il potenziale quantità di beni alimentari recuperabili
sono pari a 238mila tonnellate, ovviamente un dato nazionale, considerando
Italia.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Dunque
calcolando un valore medio per chilo di cibo recuperato di 3 euro e 70
centesimi, otteniamo uno spreco di 881 milioni di euro, che potrebbe sfamare
620 mila persone in un anno pari a 566 milioni di pasti all'anno. Sono cifre
impressionanti, ma per noi tutto questo è solo il benessere.
PIERO
RICCARDI
Perché
tutto questo spreco?
STEFANO
CAVAGNA - DIRETTORE IPERMERCATO CONAD - LECLERC - BOLOGNA
Si
be' è un area di scarto che è assolutamente fisiologica nelle strutture della
Grande Distribuzione, dobbiamo considerare che il cliente considera un prodotto
non vendibile già ad alcuni giorni dalla scadenza naturale del prodotto e per tanto
noi provvediamo comunque a ritirarlo dagli scaffali.
PIERO
RICCARDI
Scarto
fisiologico per la Grande Distribuzione. Ma lo scarto dei supermercati è solo
il terminale di una catena che inizia dal campo. Il giovane agricoltore di
Latina ci diceva che il 15% dei pomodori o delle zucchine rimane sul campo, un
altro 15% lo scarta il consorzio che incassetta le zucchine ad esempio, magari
solo perché una è storta.
PIERO
RICCARDI
Questo
è solo storta forse?
PRESIDENTE
Si
è una deformazione.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
A
ogni passaggio di mano c'è uno scarto, anche ai mercati generali, come questo
di Cesena, queste cassette di ortaggi sono scarto.
GROSSISTA
1
Perché
ha il gambo secco, ha paura che sia andato a male. Anche se alla fine non lo è!
PIERO
RICCARDI
A
si è un pò rinsecchito diciamo questo gambo!
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Anche
qui il progetto last Minute Market sta cercando di recuperare. Questi sono
scarti recuperati. E anche questi cavoli sul furgone erano pronti per essere
gettati.
GROSSISTA
1
Quando
fa caldo i cavolfiori soprattutto sono merce che non tiene neanche, ha bisogno
del freddo.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Siamo
in febbraio ma siccome c'è qualche giornata un po' più calda i cavolfiori, che
vengono percepiti come cibo invernale, diventano scarto. Però accanto troviamo
in vendita i famosi mazzetti di asparagi dal Perù che fanno tanto primavera,
anche se hanno inquinato mezzo mondo con la loro scia di cherosene. Ma lo
scarto, è davvero fisiologico? Cascina, Pisa. Questa è l'azienda biologica
Colombini qui lo scarto non sanno nemmeno cosa sia. L'azienda fa parte di una
rete di Gas, gruppi d'acquisto solidali, in pratica un gruppo di persone o
famiglie della zona che si uniscono e organizzano acquisti comuni, direttamente
da un'azienda. Ma andiamo con ordine. L'azienda è una come tante che producono
ortaggi, certo è biologica, ma comunque produce sedani, cavolfiori, finocchi,
insalate solo che queste verdure non finiranno mai sul banco di un
supermercato, magari a qualche migliaio di chilometri o in un mercato generale
in cerca di un compratore. I compratori già li ha, addirittura dalla semina.
ALESSANDRO
COLOMBINI - AGRICOLTORE
Quando
arriviamo nel periodi di gennaio noi dobbiamo programmare che cosa mettere in
campo, quindi programmare le semine fin quasi tutte l'estate, quindi noi
facciamo un programma che noi l'abbiamo sempre fatto, lo mettiamo sul sito
internet e abbiamo un Forum dove diciamo, guardate il nostro programma
aziendale per l'anno 2008 sarà questo, cosa ne pensate? Molti rispondono sul
Forum per quello che vogliono consigliare, altri, questo è il gruppo di
Castiglioncello, che ha elencato, la coordinatrice gli ha stampato i vari
prodotti che noi abbiamo programmato e ognuno ha messo delle note su quello che
voleva. Qui c'è anguria, no non gradita& bietola, no altro fornitore&carciofi,
si,si e così via e sono su tutte& non tutte sono uguali, ognuno ha fatto quello
che credeva.
PIERO
RICCARDI
E
a livello di sprechi?
ALESSANDRO
COLOMBINI - AGRICOLTORE
Sprechi
di prodotto?...No perché in genere tutto viene redistribuito.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Semplice,
la scelta dei consumatori si può esprimere addirittura alla semina, risultato&
niente scarti. Dunque, le verdure raccolte giornalmente vengono divise in
buste, da 5 o 7 euro, dove c'è un po' di tutto, carote, insalate, verdure da
cuocere, cipolle, insomma quello che occorre a una famiglia per la settimana,
ma anche quello che sta producendo l'azienda in quel momento, biologico e di
stagione. E ogni giorno, a turni fissi settimanali vengono riforniti i vari
gruppi d'acquisto, Pisa, Pontedera, Empoli, un migliaio di famiglie. Oggi,
mercoledì, è il turno dei Gas di Cascina e Calci.
PIERO
RICCARDI
Come
si forma il prezzo di una busta?
ALESSANDRO
COLOMBINI - AGRICOLTORE
Il
peso che c'è all'interno varia, non è sempre un peso stabile, noi cerchiamo di
mantenerlo mediamente sull'1 e 70 al chilo, però hai visto c'erano dei
broccoli, c'erano delle carote, dei finocchi, a volte ci solo le patate, a
volte ci sono le fragole, a secondo delle stagioni, non si riesce alla
produzione a identificare o il singolo prodotto con un determinato prezzo.
PIERO
RICCARDI
Cioè
tutti i prodotti hanno lo stesso prezzo?
ALESSANDRO
COLOMBINI - AGRICOLTORE
Tutti
i prodotti hanno lo stesso prezzo.
PIERO
RICCARDI
Quindi
non possiamo dire le carote stanno a 7 centesimi al chilo?
ALESSANDRO
COLOMBINI - AGRICOLTORE
No
assolutamente no, non lo possiamo dire questo, nella nostra realtà questo non
succede.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Nelle
buste, carote, broccoli, fragole tutto ha lo stesso prezzo, tutto costa
mediamente 1 euro e 70 al chilo e le carote industriali da 7 centesimi sembrano
lontane anni luce, lontani anni luce gli sprechi nel campo, perché al contadino
il prezzo non ripaga neppure la raccolta, gli sprechi nei mercati generali solo
perché un gambo è un po' appassito, e nei supermercati dove una retina di
arance viene gettata nella spazzatura solo perché una è ammaccata, sembrano
lontani anni luce con la loro inefficienza, i prezzi alti, gli imballaggi che
costano più del prodotto e paiono fatti apposta solo per alimentare i
termovalorizzatori. Qui tutto funziona diversamente, i consumatori intervengono
sul piano di semine, gli sprechi sono zero perché tutto quello che viene prodotto
finisce nelle buste dei consumatori e per l'agricoltore non c'è nulla che non
valga la pena di essere raccolto. Tutto qui è efficiente ed economico, e tutto
sembra così semplice.
DONNA
- GAS CALCI
Bastano
2, 3 famiglie per cominciare&
UOMO
- GAS CALCI
C'è
chi lo fa gusto, per tradizione, per rispetto ambientale, per convinzione
etica, ma anche per un risparmio, perché alla fine c'è comunque un risparmio.
Anche se questo non è un obiettivo dichiarato in un gruppo d'acquisto.
PIERO
RICCARDI
Però
è importante?
UOMO
- GAS CALCI
E'
molto importante.
DONNA
- GAS CALCI
Ci
sono state diverse persone del nostro gruppo che quando hanno cominciato a
prendere le buste, hanno preso la busta l'hanno scomposta nelle varie verdure,
sono andati ad un supermercato e hanno fatto il confronto, non con il
biologico, che sarebbe il pari qualità, ma con il convenzionale e questo
confronto è risultato sempre positivo nei confronti dei nostri produttori,
quindi vuol dire che l'economia è forte insomma.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
I
Gruppi di acquisto solidale o gas in Italia oggi sono centinaia da quando
nacque il primo, nel 1994. Ma non ci sono solo i gas per avvicinare chi produce
e chi compra. Monselice, Padova. Consumatori e agricoltori e in mezzo nessuno.
Si chiamano mercati locali, la particolarità è che a vendere sono gli
agricoltori stessi e sono tutti della zona.
PIERO
RICCARDI
Questa
è tutta roba di qui, prodotta da voi?
PRODUTTORE
Assolutamente
si!
PIERO
RICCARDI
Della
vostra azienda?
PRODUTTORE
Della
mia azienda!
PIERO
RICCARDI
Che
sta?
PRODUTTORE
A
circa 5 chilometri da qui.
PIERO
RICCARDI
Viene
qui da molto?
DONNA
1
Si
praticamente da quando l'hanno aperto.
PIERO
RICCARDI
Come
mai? Si trova bene?
DONNA
1
Perché
i prezzi sono decisamente inferiori essendo loro i produttori e il costo è
decisamente inferiore, oltre che essere molto buoni.
PENSIONATO
Rispetto
al supermercato sono inferiori del 15, 20%!
PIERO
RICCARDI
E'
tutta roba di stagione questa?
MAURO
BERTIN - DIRETTORE MERCATO MONSELICE
Si,
si, il prodotto è raccolto il giorno prima e nel caso addirittura del mercato
del mercoledì che apriamo il pomeriggio il prodotto è raccolto al mattino.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
A
sostenere la nascita di questi mercati locali è la Coldiretti, che ha spinto
per inserirne l'istituzione nella finanziaria 2007. Tutti i comuni possono
fare richiesta per avviare i loro mercati locali e già oggi gli esempi sono
tanti, Taranto, Trento, Torino, Arezzo, Bari.
DONNA
1
C'è
qualità, c'è scelta e i costi sono anche vantaggiosi.
UOMO
Economica
ma soprattutto dal punto di vista della qualità.
PIERO
RICCARDI
Per
arrivare a questo negozio quanti chilometri fa?
VENDITORE
Il
tratto da Monopoli a Bari.
PIERO
RICCARDI
Quindi
viaggia poco?
VENDITORE
Viaggia
pochissimo, tant'è che siamo gli unici a fare il carico due volte al giorno, a
livello di freschezza del prodotto praticamente.
PIERO
RICCARDI
E
solo una questione di prezzo?
DONNA
3
No
è un principio&dal produttore al consumatore mi va bene.
STEFANO
MASINI - RESP. AMBIENTE E TERRITORIO COLDIRETTI
L'agricoltore
offre direttamente al consumatore un prodotto, privo anche di quei rivestimenti
imballaggi, spesso inutili, spesso in grado soltanto di costruire intorno al
prodotto un'apparenza che inganna magari circa il contenuto, le caratteristiche
essenziali. Allora nel mercato degli agricoltori, oltre al chilometro zero si
imposta e si costruisce un prodotto a rifiuto zero.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Questo
del chilometro zero, la Coldiretti, in Veneto ad esempio, lo ha fatto diventare
un vero e proprio logo, un marchio da attribuire lì dove si consuma cibo,
condizione: che il cibo sia locale, di stagione e arrivi senza tanti trasporti.
Magari, appunto, a chilometri zero. Come in questa scuola di Adria, dove nel
solito distributore delle merende si è pensato&
LORENZA
BELLETTATO - COLDIRETTI - VENETO
&Di
sostituire appunto le merende pattumiere con merende sane con prodotti del
territorio, prodotti locali.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
O
come a Porto Viro sul delta del Po. In questa scuola materna ai bambini viene
servito riso biologico.
VALENTINO
MARANGON - PRODUTTORE RISO BIOLOGICO
Questo
è riso biologico che viene prodotto nella mia azienda, qua vicino.
PIERO
RICCARDI
Quanti
chilometri da qua?
VALENTINO
MARANGON - PRODUTTORE RISO BIOLOGICO
In
linea d'aria sono circa 20 chilometri dove io ho l'azienda agricola.
PIERO
RICCARDI
Insomma
a chilometri 0?
VALENTINO
MARANGON - PRODUTTORE RISO BIOLOGICO
Però
dove ho il punto vendita sono chilometri 0 perché è dove abito.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Chilometro
zero è la fattoria che vende il latte direttamente, come questa alle porte di
Padova.
GELSOMINO
CAPUZZO - ALLEVATORE
In
pratica si può mettere o la monetina o la tessera prepagata, si inserisce,
basta premere e in base ai soldi che si mettono dentro la macchina eroga il
latte.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Funziona
così, dietro l'erogatore c'è la stalla, le vacche vengono munte ogni mattina,
il latte passa in questo recipiente refrigerato e da qui va direttamente
all'erogatore. Intero, senza lavorazioni.
PIERO
RICCARDI
Quanto
costa il latte?
DONNA
Questo
1 euro!
PIERO
RICCARDI
Un
euro al litro?
DONNA
Si!
PIERO
RICCARDI
Quindi
un bel risparmio?
DONNA
Direi
di si visto che il latte di alta qualità costa 1 euro e 60, 1 euro e 50. Ed è
più buono.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Con
il latte a 1 euro non è solo il consumatore a guadagnarci. L'allevatore ci
mostra una fattura.
GELSOMINO
CAPUZZO - ALLEVATORE
Sono
36,16 centesimi&
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
36,16
centesimi al litro è il prezzo che i caseifici pagano per il latte, una
miseria.
STEFANO
MENARA - COLDIRETTI VENETO
Quando
vai a comperare una macchina una fiat è il produttore che ti dice quanto costa
la macchina non puoi dire te ti do 10 mila euro e via, l'agricoltura invece è
così sono gli altri che fanno il prezzo, il latte tuo te lo pago a, e lui non
decide niente &
GELSOMINO
CAPUZZO - ALLEVATORE
Quindi
se al supermercato costa 1 euro e 60, 1 euro e 70 il latte, dopo che hanno già
tolto una parte di panna, hanno fatto altri derivati, in ultima qualcuno deve
guadagnarci non può, è quattro volte superiore, è quattro volte superiore.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Insomma
il discorso è sempre lo stesso, i prodotti a noi consumatori costano sempre di
più e al produttore arriva sempre meno. L'allevatore ci spiega che lui il latte
può venderlo direttamente perché le sue mucche sono sanissime e sono sane
perché alimentate con prodotti di qualità, certificati. Ma lui può dare alimenti
di qualità solo se gli viene riconosciuto il giusto prezzo. Dunque vendita
diretta, senza intermediari. E ci guadagna anche l'ambiente, perché le
bottiglie, i consumatori se le portano da casa.
UOMO
Una
sciacquata la bottiglia e siamo a posto.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Il
risparmio? Enorme. In Italia consumiamo 834.000 litri di latte al giorno, che
significa 834.000 bottiglie di plastica e buste del latte in meno nei rifiuti
ogni giorno, in pratica una montagna. Ma non è detto che il latte bisogna andarselo
a prendere in fattoria.
Eataly al centro di Torino ha il suo bravo distributore e il prezzo è sempre un euro. E magari il distributore si può trovare anche in una Università, come a Bologna, nella facoltà di Agraria.
Chilometro zero possono essere anche i ristoranti, come questo di Castelfranco Veneto, uno dei uno dei primi ad aderire al progetto di Coldiretti. Lo chef ha organizzato un menù con formaggi, carni, verdure e pesci dei dintorni e le distanze le ha messe nel menù.
PIERO
RICCARDI
La
risposta del pubblico, dei clienti?
GIUSEPPE
AGOSTINI - CHEF
La
risposta del pubblico molto spesso è incuriosita inizialmente, e anzi a volte
stupita perché non sa, non conosce, non è al corrente di quello che si produce
nel luogo dove abitano.
SANDRA
CHIARATO - COLDIRETTI VENETO
Il
chilometro zero fa pensare al protocollo di Kyoto, fa pensare comunque a una
cosa a portata di mano, per cui i ristoratori hanno pensato giustamente di non
pensare più a una cucina tipica, ma di pensare a una cucina a chilometro zero.
Forse non abbiamo scoperto niente di nuovo, ma sicuramente abbiamo creato una
coscienza, abbiamo creato un ombrello dove tutti sono andati a ripararsi e a
creare anche una strategia di promozione, ma anche un credo, un credo nuovo,
una scelta etica.
PIERO
RICCARDI FUORI CAMPO
Un
agricoltura migliore, rispettosa dell'ambiente, della sopravvivenza del nostro
pianeta,dei cibi che produce non solo è possibile, ma si sta già realizzando.
Migliaia di agricoltori, allevatori ci stanno mettendo le loro competenze e la
loro faccia. Ma un vero cambiamento non è possibile senza le nostre scelte, di
ciò che mettiamo sulle nostre tavole, di quello che mangiamo al bar, al
ristorante, in mensa.
"&mangiare
è un atto agricolo ed ecologico."
Wendell
Berry
MILENA GABANELLI IN STUDIO
A
Piero Riccardi è maturato il pomodoro in macchina. Nessuno può impedire ad un
supermercato di vendere delle fragole fuori stagione perché inquinano e hanno
poche proprietà nutritive, però noi possiamo non comprarle. E cosa impedisce
alle mense aziendali o scolastiche di cucinare pasti a chilometri zero? A
quella della Rai per esempio, cosa impedisce di comprare tutto quello che serve
nelle campagne romane, dove si produce e si alleva di tutto&Certo bisogna
entrare in altre logiche&Ippocrate, nel 400 avanti cristo diceva "lascia che il
cibo sia la tua medicina".