13/10/2024
04/12/2012

Bambini e giovani
Futuro cancellato

ROMA - Bambini sempre più fragili e poveri di futuro, esposti a sfide sempre più difficili. Neonati già con un’ipoteca di 3.5 milioni di euro di debito pubblico a testa. Dati sconcertanti quelli che risultano dal terzo “Atlante dell’Infanzia (a rischio)” di Save the Children

Tratto dal sito di Save the Children Italia Onlus


Bambini sempre più fragili e poveri di futuro, esposti a sfide sempre più difficili. Neonati già con un’ipoteca di 3.5 milioni di euro di debito pubblico a testa, il più alto d’Europa. Destinati ad essere sempre meno nel prossimo futuro, 15 ogni 100 nel 2030 (-1,5% rispetto ad oggi), con sempre meno peso politico (4% incidenza voto, -0,2%). Con aiuti di poche decine di euro - 25 euro annui la spesa pro-capite dei comuni in servizi per l’infanzia e famiglie in alcune regioni del Sud.


Minori fuori della scuola - 18 su 100 i dispersi con punte di 25 su 100 in Sicilia e Sardegna (+15% rispetto all’obiettivo all’europeo), senza competenze e stimoli culturali – 314.000 soprattutto ad Sud. In territori avvelenati dalle mafie - almeno 700.000 minori, e da industrie inquinanti – 15 ogni 100, circondati dalla cementificazione che procede con il ritmo serrato di 10 metri quadrati al secondo. In un quadro in cui aumentano anche i giovani senza lavoro - 1 giovane su 3 disoccupato (+21% la disoccupazione fra i laureati), e sono “scoraggiati” il 34% di essi (oltre 4 volte la media Ue del 7,8%) . 

E’ questo il messaggio più forte sotteso al terzo “Atlante dell’Infanzia (a rischio)” di Save the Children presentato oggi a Roma, nel corso di un dibattito in collaborazione con il Garante Nazionale per l’infanzia e l’adolescenza Vincenzo Spadafora, con la partecipazione del Presidente Istat Enrico Giovannini e di un gruppo di giovani rappresentanti delle migliori risorse del nostro paese. Un’iniziativa moderata da Marino Sinibaldi, Direttore di Radio 3 Rai, che si inserisce nell’ambito della Campagna “Ricordiamoci dell’Infanzia” lanciata da Save the Children nel maggio scorso, a sostegno dei minori a rischio nel nostro paese. 

Oltre 100 pagine, l’Atlante include anche 77 mappe, istantanee dell’universo bambini e giovani in Italia di qui al 2030 che si possono usare come delle bussole per capire come ridare futuro a chi del futuro di una società dovrebbe essere l’architrave. “La terza edizione dell’Atlante dell’infanzia (a rischio) di Save the Children fornisce un quadro molto preoccupante ”, spiega Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia. 

“Possiamo leggere la stragrande maggioranza di queste mappe con il sottotitolo: “indice del consumo di futuro dei bambini e dei giovani italiani”, un indice che corre parallelo alla crisi economica, al debito pubblico, alla scarsità di asili nido, alla miseria della spesa sociale per l’infanzia in alcune aree del paese, alla mancanza di una politica per l’infanzia nazionale e organica, alla pochezza del sostegno pubblico alle famiglie giovani. Ma l’Atlante di Save the Children mostra anche un’altra cosa. 

Consumando l’idea di futuro dei bambini e dei giovani, le loro aspettative, i loro desideri e i loro sogni, stiamo segando il ramo dell’albero su cui siamo seduti.” Inizia prestissimo l’erosione dell’”indice di futuro”: insieme alla loro cameretta i 560.000 neo-nati quest’anno si ritrovano in eredità un’ipoteca di 3.500.000 euro di debito pubblico a testa (il più alto d’Europa). A cui si somma la povertà che cresce anziché arretrare fra la popolazione under 18: 7 minori ogni 100 in Italia, pari a 720.000, vivono in povertà assoluta, cioè privi di beni e servizi che assicurino loro un livello di vita accettabile. 417.000 nel solo Sud, con un aumento rispetto al 2010 di 75.000 piccoli grandi poveri, l’equivalente dell’intera popolazione infantile di Taranto e Messina. D’altra parte quanto possono 25 euro pro-capite all’anno in servizi per l’infanzia e famiglie? 

A tanto ammonta la spesa pro-capite da parte dei comuni per famiglie e minori in regioni come la Calabria, oltre 8 volte in meno rispetto all’ Emilia Romagna (282 euro annui). Con uno sbilanciamento nell’offerta di servizi cruciali come gli asili-nido: in Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Molise è compreso fra 2 e 5,5 il numero di bambini (ogni 100 da 0 a 2 anni) in carico agli asili nido pubblici o ad altri servizi integrativi, a fronte dei 27-29 in Valle d’Aosta, Umbria, Emilia Romagna. E dai pochi asili a poca scuola. 

E’ in crescita l’area della disaffezione allo studio, anche fra ragazzi senza particolari carenze affettive, relazionali o economiche: sono quasi 800 mila i giovani tra 18-24 anni dispersi, che cioè hanno interrotto gli studi fermandosi alla terza media e non iscrivendosi neanche a corsi di formazione. In Sicilia e in Sardegna la dispersione scolastica è 15 punti rispetto all’obiettivo europeo (pari al 10% ) - con 25 giovani fra 18 e 24 anni - fermi alla terza media. 

“Di fronte all’apparente inutilità di un titolo di studio anche elevato e al fallimento, che la realtà più diffusa ed evidente sembra attestare, dei valori dell’onestà, del rispetto, del puntare sulle proprie forze e competenze, i ragazzi si orientano sempre più spesso verso modelli di successo facile, in cui la scuola e la stessa università sono viste con distanza e perfino sarcasmo”, prosegue Valerio Neri. Altissimi infatti sono i livelli di disoccupazione giovanile: 1 giovane sotto i 25 anni su 3 è disoccupato.Molti dei quali con laurea: la crescita maggiore della disoccupazione giovanile, pari a quasi il 21%, si è avuta infatti tra i laureati. La crescita più alta d’Europa . 

Nello stesso periodo in Germania la disoccupazione giovanile è scesa in totale del -4,1% e non ha inciso tra i laureati. Disoccupati oppure scoraggiati: l’Italia detiene il record della cosiddetta ‘Potential additional labour force’ fatta da quei giovani di 15-24 anni che, pur dichiarandosi intenzionati, rinunciano a cercare un lavoro. Gli scoraggiati italiani sono 562 mila, il 34% della popolazione attiva in quella fascia d’età, quattro volte la media europea (7,8%). 

Un cocktail davvero preoccupante di sfiducia nello studio e totale immobilismo è quello rappresentato dai NEET (Not in Employement, Education or Training). Sono oltre 1 milione 620 mila soltanto al Sud e nelle isole. Hanno 18 - 24 anni, non sono iscritti a scuola, né all’università, né lavorano, né sono in formazione. I tassi di NEET nel Mezzogiorno sono inferiori soltanto a quelli rilevati in alcune regioni remote dell’Anatolia. 

E nel Mezzogiorno si concentra la gran parte dei 314.000 “disconnessi culturali”, bambini e adolescenti da 6 a 17 anni che negli ultimi 12 mesi non sono mai andati a cinema, non hanno aperto un libro, né un pc né Internet, né fatto uno sport. Ma le minacce al presente e al futuro dell’infanzia sono ancora altre. Le mafie per esempio: circa 700 mila i minori che vivono in uno dei 178 comuni sciolti almeno una volta per mafia negli ultimi 20 anni: comuni (e minori) dislocati nella stragrande maggioranza in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, con alcune propaggini nel Lazio e in alcune regioni del Nord (Liguria e Piemonte). 

E poi ci sono i territori avvelenati non solo metaforicamente ma anche realmente: quasi un milione e mezzo di bambini e ragazzi italiani - 15 su 100 -nascono e crescono in prossimità di impianti siderurgici, chimici, petrolchimici, aree portuali, discariche urbane e industriali, non conformi, fuori controllo, altamente nocive. Poi c’è il cemento, che mangia verde, salute, benessere: il consumo del suolo marcia al ritmo di 100 ettari al giorno, 10 metri quadrati al secondo.

E ci sono edifici insicuri a minacciare bambini e giovani, proprio quelli in cui dovrebbero sentirsi protetti e al sicuro, le scuole: 26.000 non sono state costruite con criteri anti-sismici, mentre solo 3.700 sono a prova di terremoto. A muoversi in uno scenario così difficile e minaccioso, con pochi aiuti, poche risorse, pochi stimoli saranno, come se non bastasse sempre in meno i giovani e i bambini e per di più privi di peso politico. Secondo lo scenario demografico più verosimile, nel 2030, quando chi nasce oggi compirà 18 anni, ci saranno 10 milioni di minori, per un’incidenza pari al 15,4%, 1 su 5 sarà straniero. 60.000 le nascite in meno rispetto al 2011, con un decremento della natalità dell’ 1,5% , superiore alla media europea. 

Così nel 2030, 100 persone in età da lavoro dovranno farsi carico di 63 inattive, per due terzi anziane. Nel 2050 la fascia di popolazione 83-85 eguaglierà quella 0-2 anni. E nel 2030, quando chi nasce oggi avrà 18 anni e potrà votare, sarà del 4% l’incidenza del voto dei giovanissimi (18-21 anni) rispetto al resto dell’elettorato. Una voce sempre più flebile (-0,2% rispetto ad oggi), di nuovo e soprattutto, al Sud (nel Mezzogiorno andrà perso un voto su 5). “Il futuro dei bambini è stretto in una morsa”, commenta il Direttore Generale Save the Children Italia. 

“Da una parte il peso del debito pubblico, con la contrazione della spesa sociale, aggravata dalla crisi, dall’altra il rapido invecchiamento della popolazione, che costituisce un’ulteriore sfida ai sistemi di welfare, perché drena risorse per le pensioni e l’assistenza agli anziani Il risultato è che fra 18 anni i bambini saranno più preziosi del petrolio in via di estinzione. Ma quel che è peggio”,  sottolinea Valerio Neri, “è che, se i trend rimangono gli attuali, non solo bambini e adolescenti saranno pochi numericamente ma saranno sempre più privi di forza contrattuale e politica, depressi, sviliti, impotenti. Ma deprimere e quasi cancellare l’infanzia, significa cancellare il futuro di tutti”. Per questo “il 4 dicembre a Roma abbiamo riunito un gruppo di giovani molto validi, che rappresentano il meglio del nostro paese per avviare un dibattito più ampio.

Con il loro aiuto formuleremo delle proposte che presenteremo a maggio al probabile nuovo governo, nell’ambito della Campagna “Ricordiamoci dell’infanzia” a sostegno dell’infanzia a rischio in Italia”. “Alcune di queste proposte ci sono chiare sin da ora, come per esempio la messa a punto di un piano di lotta alla povertà minorile e l’innalzamento dei finanziamenti per l’infanzia ad almeno al 2% del Pil scorporandoli dal computo del debito pubblico. 

La promozione e sostegno dell’infanzia debbono essere considerati un investimento e non una spesa”, aggiunge Raffaela Milano, Direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. “Nell’Atlante, oltre a tanti dati preoccupanti ce ne è anche uno positivo che può essere di stimolo al nostro lavoro”, conclude Raffaela Milano. “ Negli ultimi cinque anni è raddoppiata la disponibilità al gioco dei padri e delle madri con i figli. Preserviamo e accresciamo questo spazio di gioco, di serenità, di benessere e di futuro per tutti noi”.