Refugee Radio Network: dare una voce ai rifugiati


Larry Macaulay

 
I media mainstream hanno raccontato l’arrivo di migranti e rifugiati alle porte dell’Europa in modi diversi e da differenti prospettive, tuttavia alcuni hanno sottolineato che questo tipo di informazione corre il rischio di essere unidirezionale.

Questa è la ragione per cui Refugee Radio Network nato nel 2014, una delle prime radio di rifugiati in tutta Europa. Oggi lavora in partnership con numerose stazioni radio indipendenti in varie città tedesche.

Prix Italia ha chiesto al fondatore, Larry Macaulay, lui stesso un rifugiato arrivato in Europa dalla Nigeria nel 2011, di spiegare la filosofia alla base di RNN.

Come è nata l’idea di Refugee Radio Network?

RRN è nata dalla necessità di avere una voce alternativa rispetto a quella dei media generalisti. Nel 2014 le notizie su rifugiati e migranti erano prevalentemente unidirezionali. Non sempre i racconti erano oggettivi come avrebbero dovuto essere e finivano con l’alimentare la paura all’interno della società. Quindi ci siamo domandati, perché non mettere in campo una voce alternativa?

Su che tipo di notizie vi concentrate?

È importante che le persone  raccontino le proprie storie. Se vuoi raccontare una storia, devi andare sul posto e parlare ed interagire con i diretti interessati.

Guardiamo a storie che ci toccano tutti i giorni sia come rifugiati sia come cittadini, per esempio storie di chi vive nei campi profughi, oppure episodi di razzismo. Per esempio, nel primo show per la nostra web TV abbiamo parlato del ruolo giocato dal “fattore paura” quando si parla di migrazione, e poi abbiamo affrontato anche il tema della discriminazione.

Queste sono tutti aspetti reali, che esistono, e noi dobbiamo iniziare a parlarne.

Che ruolo può giocare l’informazione quando si parla di integrazione?

Noi di Refugee Radio Network crediamo che informazione, comunicazione ed educazione sono la chiave per una società unita, coesa.

L’integrazione non è un processo unidirezionale; si sviluppa in entrambi i sensi ed è in questo modo che dobbiamo cercare di integrarci.

La marginalizzazione alimenta anche ulteriore radicalizzazione e dobbiamo cercare di entrare in contatto con le persone attraverso il dialogo; solo se non ci parliamo abbiamo paura uno dell’altro.

La risposta finora è stata molto positiva; abbiamo anche tenuto numerosi workshop e adesso  ci sono così tante persone che creano dei programmi radiofonici indipendenti per rifugiati.

Qual è la sua opinione sulla copertura che i media mainstream hanno fatto finora su rifugiati e migranti?

I media mainstream tendono ad avere una prospettiva più burocratica e governativa. È per questo motivo che abbiamo deciso di appoggiarci a radio indipendenti come per esempio community radios. Produciamo i nostri programmi indipendentemente e poi avviciniamo queste radio. Abbiamo anche cercato di parlare del nostro progetto sui media mainstream per farci conoscere.

Tuttavia, ultimamente molte emittenti pubbliche stanno lavorando ai propri progetti di radio per i rifugiati, per esempio WDR o NDR. Questo è l’approccio giusto.