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Area marina protetta Secche di Tor Paterno

  • Regione: Lazio
  • Provincia: Roma
  • Comuni: Roma
  • Estensione: 1.387,00
  • Istituzione: DMAMB 29/11/2000
  • Ente gestore: RomaNatura - Ente Regionale per la Gestione del Sistema delle Aree Naturali Protette nel Comune di Roma

Le secche di Tor Paterno devono il loro nome a una vecchia terra oggi scomparsa che si trovava all’interno dell’attuale riserva della tenuta di Castel Porziano e che serviva ai pescatori per individuare i ricchi è più scorsi fondali della zona. E' questo infatti, l'unico riferimento alla terraferma di tutta l'area protetta, una riserva insolita perché lontana circa cinque miglia da una costa bassa e sabbiosa, metta prediletta dei bagnanti della Capitale, e senza alcun punto di riferimento visibile se si eccettuano le quattro boe che oggi ne delimitano il perimetro e i rilievi degli ecoscandagli delle imbarcazioni dei pescatori e dei subacquei che in questo punto segnalano la presenza di una secca che risale fino a 1820 metri di superficie.

L'area è anomala perché si tratta di una affioramento roccioso che emerge come una montagna da una pianura sabbio-fangosa creata dall'incessante apporto di sedimenti che dal delta del Tevere si riversano in mare. La massa rocciosa fa parte di un complesso di secche che si estendono poco oltre la località di Capocotta con orientamento ovest-sud-ovest. I rilievi eseguiti hanno rivelatosi tra quei due fette, la prima delle quali, molto ampia e prossima la costa, è nota come Secchitelli. La vera secca di Paterno separato dalla prima da un canone roccioso, si trova più al largo che arriva toccare i 60 metri di profondità in corrispondenza dell'area protetta, prima di terminare a 120 metri di profondità. Oltre dal limite, e fino a 140 metri, la roccia perde di compattezza lasciando il posto a formazioni rocciose in via via sempre più basse e più rade che finiscono per perdersi nei fondi molli creati dei sedimenti portati da millenni dal vicino Tevere.

Questa scogliera, lunga circa otto chilometri e larga circa tre chilometri, ha una morfologia molto complessa e variata. A una esplorazione anche sommaria esso appare costituita da rocce alte frastagliate miste a grossi massi che creano un ambiente quanto mai movimentato e con interessanti popolamenti animali e vegetali. L'aspetto che più colpisce immergendosi per la prima volta sulla secca è la presenza della Posidonia, che questi sviluppa ancora rigogliosa tra i 18 e il 30-35 m lungo il versante più esterno del massiccio sommerso, è un incontro non frequente in questa zona e testimonia delle vitalità di questi fondali che, nonostante i sedimenti del Tevere, conservano una trasparenza più che sufficiente per consentire la crescita di una pianta così esigente, più in profondità le rocce sono ricoperte da organismi che, crescendo e cementandosi tra loro o scavando e costruendo le loro "tane" nel corso dei secoli ne hanno modificato l'aspetto.

Tra le specie più appariscenti vanno segnalate le gorgonie rosse i cui ventagli sporgono dalla parete su cui si insediano Spugne, Briozoi, Ascidie, Attinie, Madreporari e altri Antozoi. Nelle molte fessure si nascondono aragoste, ombrine e murene siamo attaccati ad incontrare mentre serpeggiano mosse fuori dalla tana forse alla ricerca di qualche polpo. Sono inoltre frequenti pesci meno legati al fondo come Branzini, Cefali, Occhiate e Saraghi. In superficie, in alcune stagioni, non è difficile a avvistare i Delfini e talvolta una tartaruga di passaggio oltre a fare specie di uccelli marini come le sule e i labbi che qui si spingono in cerca di cibo.

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