Teatro San Carlo di Napoli – Jeffrey Tate: Ravel Concerto in sol, N. Goerner pianoforte

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    Auditorium Rai Napoli
    Orchestra del Teatro di San Carlo

     

    Jeffrey Tate direttore

    Nelson Goerner pianoforte

     

    Maurice Ravel
    [1875-1937]
    Concerto in Sol maggiore
    per pianoforte e orchestra
    Anni di composizione: 1929-1931
    Allegramente
    Adagio assai
    Presto

     

    Guida all’ascolto
    LUCA DELLA LIBERA
    Tratto dal libretto di sala dell’Orchestra del Teatro di San Carlo

    Il lavoro al Concerto in Sol iniziò nel 1929 ma fu interrotto dal lavoro al Concerto per la mano sinistra fino alla fine del 1930. La prima esecuzione dei due lavori avvenne nel gennaio del 1932. Come Čajkovskij, Ravel idolatrava Mozart e il Concerto in Sol ne è una splendida testimonianza. Il Concerto ha un organico cameristico, e come quelli di Mozart, usa fiati solisti, sebbene Ravel utilizzi anche ottavino, corno inglese e clarinetto in Mi bemolle.
    Inoltre Ravel specifica esattamente il numero degli strumentisti ad arco (trentadue) per bilanciare la sezione dei fiati. Il trattamento degli strumenti è volutamente “teatrale” e camaleontico, caratterizzato da un’innegabile scrittura virtuosistica.

    Il primo movimento è in forma sonata; esso ha in comune elementi con il Concerto per la mano sinistra; entrambi gli sviluppi sono sostituiti da sezioni “meccaniche” e nel Concerto in Sol da una Toccata; in secondo luogo le ricapitolazioni iniziano con un abbreviato ricordo del primo soggetto. Il motivo principale si basa su una scala pentatonica, e nel corso del brano troviamo chiare influenze jazzistiche, come citazioni dal Concerto in Fa per pianoforte e orchestra e Rhapsody in blue di Gershwin, così come il ritmo di foxtrot alla mano sinistra e l’uso delle percussioni ci portano per un momento a Broadway. Il secondo movimento si apre con una splendida melodia, che nelle intenzioni dell’autore si rifà esplicitamente al movimento centrale del Quintetto per clarinetto di Mozart, secondo Ravel «il più bel pezzo che egli scrisse». Qui si realizza un magnifico equilibrio tra la sintassi armonica settecentesca e la ricerca coloristica (ottenuta anche attraverso l’armonia) novecentesca. Il circo e il jazz sono al centro nel Finale, con una serie di gesti compositivi “teatrali”, anche se nei binari classici della forma sonata.

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