Estratti

De Africa

Caterina Guzzanti

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    di Ernesto Ragazzoni

    Vi dirò dunque dell’Affrica,
    la qual Affrica è il paese
    dove sta il senegalese,
    l’ottentotto ed il niam-niam;
    ed ha un clima così torrido
    che, pel sole e i gran calori,
    tutti i neri sono mori
    ed in più, figli di Càm.

    Gli abitanti — detti indigeni —
    così in uggia han panni e gonne
    che, sì uomini che donne,
    vanno nudi, o giù di lì;
    ed han gusti così semplici
    che, talor, se è necessario,
    mangian anche il missionario
    che li accolse e convertì.

    Fattispecie di triangolo
    con la punta volta in basso,
    mezzo arena e mezzo sasso
    e padul l’altra metà
    (tre metà?), caos di polvere
    con dentro iridi di fiori,
    tale è l’Affrica, o signori,
    nella sua complessità.

    L’Ibi, il tropico del Canchero
    l’equatore, l’Amba rasa
    sono là come di casa,
    con il ghibli, il Congo, Assab;
    col cammello, con il dattero
    e la tanto celebrata
    adamonia digitata,
    che sarebbe il baobab.

    Ma la cosa che c’è in Affrica
    e più merita attenzione
    è il terribile leone,
    ruggibondo e divorier.
    Non è ver che di proposito
    sia malevolo e cattivo,
    ha un carattere un po’ vivo,
    e va in bestia volentier.

    Ed allora, Dio ne liberi
    incontrarlo per la strada!
    Se per lì non ci si bada
    si finisce entro il leon.
    Affamato, quei vi stritola
    vi trangugia a larghe falde
    poi, tra ciuffi d’erbe calde,
    digerito vi depon.

    Sono cose che succedono.
    Ma l’ardito cacciatore
    col fucil vendicatore
    spaccia il mostro — e come no!
    Urli, spari, capitomboli!
    Crolla il re della foresta.
    Alla sera... Allah! gran festa
    di tam-tam e di falò.

    Viva l’Affrica ed il semplice
    suo figliolo, l’affricano.
    Non ancora buon cristiano
    veramente come va;
    un po’ lesto di mandibola,
    un po’ lento nel lavarsi,
    coi capelli crespi ed arsi,
    ... ma... speriamo... si farà.

    Benvenuto dal tuo Senegal,
    fratel nero, e dal Sahara;
    dalla tua contrada avara
    benvenuto a crepar qui.
    Vien! L’Europa qui ti prodiga
    (giù la barbara zagaglia!)
    la civile sua mitraglia
    che già tanto suol nutrì!

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