14 - 20 ottobre 2023

Settegiorni

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copertina 16 OTTOBRE 1943
PER NON DIMENTICARE

16 OTTOBRE 1943

Un anniversario, quello del rastrellamento del Ghetto di Roma da parte dei nazi-fascisti, che si collega alla più stretta attualità. Mentre scorrono in tutti i notiziari le tremende immagini dell’attacco di Hamas a Israele e della prevedibile e altrettanto feroce risposta da parte dell’esercito israeliano, ci troviamo a ricordare, ottanta anni dopo, la data del 16 ottobre 1943 che segna la prima vera deportazione in massa degli ebrei in Italia. 
Il 10 settembre, appena due giorni dopo la dichiarazione d’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, Il Feldmaresciallo Kesserling comandante delle forze armate tedesche firma un accordo con le autorità italiane che prevede per Roma lo status di “città aperta”, priva cioè di installazioni o reparti militari. Il patto viene disatteso dopo poche ore: Roma viene occupata dalla Wermacht mentre la Gestapo – la polizia politica al comando del tenente colonnello Kappler - inizia il suo lavoro presso il famigerato edificio di via Tasso. La deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma è però preceduta da un atroce inganno: il 25 settembre Kappler convoca il presidente della Comunità ebraica di Roma, Ugo Foà, e altre personalità ebraiche, imponendo loro di versare entro 36 ore cinquanta chili d’oro per evitare la deportazione di 200 membri della comunità. La richiesta di Kappler viene soddisfatta, ma il giorno successivo alla consegna dell’oro in via Tasso, un reparto tedesco sequestra gli archivi della comunità con gli elenchi dei contribuenti. Le sopraffazioni continuano come il saccheggio delle biblioteche del collegio rabbinico, ricche di volumi di inestimabile valore e in gran parte mai più ritrovati. I vertici militari e diplomatici tedeschi a Roma arrivano alla conclusione che sarebbe più opportuno impiegare gli ebrei nei lavori forzati, piuttosto che deportarli, per sottrarre i soldati tedeschi a inutili sforzi e impiegarli invece per contrastare l’avanzata degli Alleati che risalgono dal Sud. Ma il ministero degli Esteri tedesco nega tale possibilità: l’ordine indiscutibile di Hitler è di deportare in Germania gli 8000 ebrei di Roma.
Il 16 ottobre, all’alba del sabato (giorno di festa per gli ebrei) inizia l’operazione di rastrellamento delle famiglie nel ghetto ebraico, circondato da centinaia di soldati tedeschi che agiscono su precise indicazioni dei fascisti e della polizia italiana. Uomini, donne, bambini sono trascinati in strada per essere raggruppati in una caserma e, in seguito, fatti salire sui treni con destinazione Aushwitz-Birkenau. Diversi furono traditori e delatori, alcuni ebrei, tra i quali spiccò il nome di una donna: Celeste Di Porto, amante di un capobanda fascista e nota come la “Pantera nera” per la ferocia che le rese possibile svelare ai nazisti identità e nascondigli delle povere vittime in cambio di soldi e merci.
Il rastrellamento ad opera dei nazifascisti interessa nello stesso giorno non solo il ghetto ebraico ma anche altre zone di Roma: in Prati, ai Parioli, al Trionfale, alla Garbatella. Testimonianza di quanto è avvenuto allora sono oggi le cosiddette “Pietre d’inciampo”, sanpietrini di ottone infissi nel suolo davanti ai portoni ove abitavano gli ebrei. Su di essi compaiono nome, cognome e la data della deportazione.
La retata di quel tragico 16 ottobre 1943 si conclude in tarda mattinata: sono 1022 gli ebrei deportati su circa 8000, per i nazisti è un clamoroso insuccesso, per la comunità ebraica una tragedia inenarrabile, per la nuova Repubblica fascista di Salò una delle pagine più vergognose della sua breve storia. A novembre la Repubblica Sociale Italiana inizia una propria autonoma politica persecutoria. Nel congresso del Partito Fascista Repubblicano che si tiene a Verona viene approvata una sorta di carta costituzionale – il ” Manifesto di Verona” - nella quale gli ebrei sono definiti stranieri e nemici. Il 30 novembre viene diffuso l’ordine di polizia n. 5 che impone l’arresto e l’internamento di tutti gli ebrei nei campi di concentramento provinciali e in quello nazionale di Fossoli.
16 ottobre 1943 è anche il titolo di un piccolo ma intenso libro – la copertina la potete vedere in fondo all’articolo - di Giacomo Debenedetti, eminente critico letterario e scrittore ebreo, che lo scrisse nel novembre 1944, appena un anno dopo gli eventi. Definito “prima memoria scritta della Shoah italiana”, il testo di Debenedetti si colloca tra letteratura e impegno civile per il modo in cui colpì le coscienze di molti. tra cui Sciascia e Sartre. Un racconto che resta ancora oggi una testimonianza per non dimenticare quale fu la terribile sciagura del Novecento. E che acquista ancor più valore davanti agli eventi di cui siamo testimoni in questi giorni. 

Per approfondire si consigliano i seguenti testi presenti nella Biblioteca centrale “Paolo Giuntella”:

Giacomo Debenedetti “16 ottobre 1943” Sellerio
Anna Foa “Portico D’Ottavia 13” Feltrinelli
Marcello Pezzetti “16 ottobre 1943 la razzia degli ebrei di Roma” Gangemi Editore.

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