15 - 21 aprile 2023

Settegiorni

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copertina Peppino Girella fa 60
IERI E OGGI

Peppino Girella fa 60

“Pure questa è cos’e nient’. È sempre cos’e nient’. Tutte le situazioni le abbiamo sempre così risolte. È cos’e nient’. Non teniamo che mangiare: è cos’e nient’. Ci manca il necessario: è cos’e nient’. Il padrone muore e io perdo il posto: è cos’e nient’. Ci negano il diritto della vita: è cos’e nient’. Ci tolgono l’aria: è cos’è nient’, che vvuò fa. Sempre cos’e nient’. Quanto sei bella. Quanto eri bella. E guarda a me, guarda cosa sono diventato. A furia di dire è cos’e nient’ siamo diventati cos’e nient’ io e te. Chi ruba lavoro è come se rubasse danaro. Ma se onestamente non si può vivere, dimmi, dimmi vabbuò è cos’e nient’. Non piangere è cos’e nient’. Se io esco e uccido a qualcuno è cos’e nient’. E se io impazzisco e finisco al manicomio e ti chiedono perché vostro marito è impazzito tu devi dire: è impazzito per niente. È cos’e nient’. È niente”. 

È il monologo che lo stesso Eduardo De Filippo ha interpretato nell’originale televisivo Peppino Girella andato in onda in sei puntate sul Secondo Programma televisivo (Rai 2) sessant’anni fa, esattamente il 14 aprile 1963

Peppino è un bambino che aiuta i suoi genitori, lavorando in un bar e campando di mance. Col suo lavoro, il ragazzo si trova a frequentare gli ambienti più diversi come uffici, ateliers, palcoscenici di terz’ordine e a essere testimone di piccoli drammi attraverso una galleria di personaggi sullo sfondo della Napoli tipica dei drammi di Eduardo.

“Basta girare per questa città - dice Eduardo (Radiocorriere, 1973 in occasione della replica dieci anni dopo) – per vedere una folla di Peppini Girella, questi ragazzini in giacca bianca che entrano ovunque, che vedono tutto, che ascoltano i discorsi dei grandi, spesso senza comprenderli e senza che noi grandi ce ne accorgiamo”.

De Filippo si serve del ragazzino, figlio di una camiciaia e di un disoccupato cronico per esplorare l’universo umano dei “bassi” napoletani. Nel dramma di un arrancare quotidiano, la chiave di volta della storia sta nel contrasto tra la forza positiva e allegra del figlio e la mortificazione del padre, irrisolto perché ferito nell’orgoglio di non poter provvedere al sostentamento della sua famiglia. 
“Questo padre – racconta Eduardo – è un particolare tipo di disoccupato; un uomo appartenente a una generazione rimasta fuori, per ragioni storiche, da una serie di provvidenze sociali oggi largamente acquisite dalle giovani leve del lavoro. Egli si trova irrimediabilmente tagliato fuori dalla società e persino dalla famiglia, costretto a subirne l’aiuto”.

Nei sei atti di De Filippo sfilano una serie di personaggi e di storie parallele, il cast, accuratamente selezionato per rendere la vicenda intimista che Eduardo aveva in mente, comprende una lunghissima lista di nomi da Angela Luce a Giuliana Lojodice da Luisa Conte a Enzo Cannavale oltre molti attori della compagnia De Filippo. Lo “scugnizzo” è interpretato da Arturo Fusco, al suo debutto televisivo, trovato dopo una lunga serie di provini e di ricerche in giro per Napoli, figlio di una domestica dello stesso drammaturgo, scelto per i suoi occhi di bambino cresciuto troppo in fretta.

Per ulteriori approfondimenti: 
https://www.teche.rai.it/biblioteche-rai/ http://www.radiocorriere.teche.rai.it/

PEPPINO GIRELLA - Radiocorriere



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