11 - 17 febbraio 2023

Settegiorni

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VALORE RAI

Io ricordo

“L’emigrante lascia la propria terra perché non ha più nulla, davanti a sé ha però un futuro; l’esule no, lui ha tutto quello che gli serve, ma la sua terra è costretto ugualmente a lasciarla perché ha la colpa di essere nato nel posto sbagliato”.

Nel ricco documentario “Io ricordo - La terra dei miei padri” (Rai 3 venerdì 10 febbraio ore 21.20, disponibile su RaiPlay), scegliere un’immagine o una storia emblematica è un’impresa difficile; a venirci in aiuto può essere un aneddoto, quello di una donna fiumana che, senza mai muoversi dalla propria residenza, nell’arco della sua vita si è trovata ad assumere ben cinque diverse nazionalità.

Prodotto da Clelia Iemma e Beatrice Palladini Iemma per la D4, in collaborazione con Rai Documentari, “Io ricordo - La terra dei miei padri” nasce da un’idea di Michelangelo Gratton che ne cura anche la regia. Nei novanta minuti del suo lavoro, attraverso la voce di Giovanna Chicco, Gratton riesce nel non facile compito di raccontare cosa c’è stato prima, durante e dopo la tragedia delle Foibe, oggetto principale del documentario.

Lo storico Gianni Oliva inizia col precisare che con la Repubblica di Venezia e con l’impero Austro-Ungarico, in Istria convivevano tranquillamente le etnie croate, slovene e italiane, e a Capodistria la lingua più parlata era la nostra. I problemi cominciarono nel 1861 con l’Unità d’Italia, quando il governo di Francesco Giuseppe decise di privilegiare le comunità slovene e croate, ai danni di quella italiana. Arriva il primo conflitto mondiale nel quale si inserisce la commossa rievocazione che l’ammiraglio Romano Sauro fa di suo nonno Nazario il quale, nato a Capodistria, in quel momento territorio austroungarico, fu considerato dalle autorità asburgiche un traditore essendosi schierato con l’Italia che lui sentiva come sua vera patria. Di fronte alla figura di Nazario, Sauro si nutre ammirazione, gli va concesso il massimo rispetto, da estendere anche alla madre, sottoposta a una terribile tortura psicologica. Dall’inizio del conflitto la donna non aveva avuto più notizie del figlio, e quando Nazario viene fatto prigioniero e destinato a una sicura condanna a morte, nel tentativo disperato di salvarlo, la donna finse addirittura di non riconoscerlo, in un drammatico confronto organizzato dalle autorità locali. Nazario Sauro salì sul patibolo nel 1916, e tre anni dopo sua madre morì di crepacuore.

C’è poi l’impresa di Fiume e a raccontarla è Giordano Bruno Guerri, Presidente e Direttore Generale della Fondazione Vittoriale degli Italiani, il quale, nel ricordare quella vicenda, non omette che a far sloggiare Gabriele D’Annunzio dalla città furono anche le cannonate che Giovanni Giolitti gli fece sparare contro, dopo che quest’ultimo aveva raggiunto un accordo con le autorità jugoslave: dalle interviste, tra l’altro, si apprende la curiosità che lo scudetto tricolore che campeggia sulle maglie azzurre del nostro sport è frutto del genio creativo proprio del poeta-soldato. Dopo aver descritto le nefandezze di cui gli eserciti occupanti nazifascisti si sono resi responsabili in quelle martoriate terre, “Io ricordo - La terra dei miei padri” approda alla tragedia delle Foibe che ormai tutti conoscono, soprattutto grazie alla Giornata del Ricordo istituita nel 2004 dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: a parlare di questo evento è Roberto Menia, uno dei suoi più importanti promotori. La scelta del 10 febbraio si riferisce alla firma del trattato di Parigi del 1947 che assegnava alla Jugoslavia guidata dal maresciallo Josip Tito alcuni territori fra i quali l’Istria e buona parte della Venezia Giulia, regioni che fino a quel momento appartenevano all’Italia.

Il documentario di Gratton ricorda alcuni dettagli che spesso una narrativa frettolosa e superficiale dimentica di menzionare, a cominciare dall’abbaglio che l’uccisione delle migliaia di italiani da parte dei partigiani di Tito sia stata la conseguenza delle atrocità commesse dai nazifascisti, una tesi che non tiene conto che quella di Tito fu invece una tipica azione di pulizia etnica (nel documentario c’è anche l’inciso che se per l’Istria c’erano le foibe, per la Dalmazia, essendone priva, c’era il fondo del suo mare). Nel computo delle vittime vanno aggiunte anche quelle della spiaggia di Vergarolla a Pola, frequentata da italiani dove, il 18 agosto 1946, la Polizia segreta titina fece esplodere alcuni ordigni causando la morte di 65 persone di tutte le età.

Sono poco meno di cinquanta gli intervistati in “Io ricordo - La terra dei miei padri”, fra loro anche Abdon Pamich, esule fiumano, medaglia d’oro nella 50km di marcia alle Olimpiadi di Tokyo del 1964. Della storia delle Foibe e quella degli esuli, il documentario di Gratton punta il suo obiettivo anche sulle cause del lungo silenzio equamente distribuito fra le nostre istituzioni e gran parte dei libri di Storia, motivazioni che vanno dalla cosiddetta realpolitik che spinse l’Europa libera e Stati Uniti a non irritare troppo Tito dopo il suo strappo con Josif Stalin, che di fatto lo avvicinava all’occidente, alle ignobili delazioni di matrice italiana che avevano causato la deportazione e uccisione dei loro compatrioti. A questo fa il paio il rifiuto dell’accoglienza che in alcune zone d’Italia fu riservata agli esuli, etichettati come fascisti solo perché giuliano-dalmati (una studentessa esule fu bocciata a scuola perché ritenuta fascista).

In “Io ricordo - La terra dei padri” c’è una breve digressione dedicata a due volti noti della musica e del cinema italiani, Sergio Endrigo e Alida Valli, entrambi ricordati nella loro Pola con targhe commemorative. La grande attrice, la nostra prima star internazionale, non è stata esule avendo lasciato la sua terra natale alla fine degli anni Venti, ma oppose comunque un rifiuto all’offerta delle autorità polesi di darle la cittadinanza onoraria. Valli preferì restare con quella italiana, l’unica che sentiva veramente sua. 

Produzione D4 con la collaborazione di Rai Documentari, durata 90 minuti. Prima tv Rai 3 10 febbraio 2023.

FONTI
Mimmo Verdesca (regia di) Alida, documentario 2020

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