4 - 10 marzo 2023

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RAI NEL MONDO

Note straordinarie

Uno tra i più brillanti direttori d’orchestra della nuova generazione, regolare ospite di compagini internazionali come l’Orchestre de Paris, l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia e la Danish National Symphony, e il più giovane vincitore della storia del Concorso Sibelius di Helsinki, solista con i Berliner Philharmoniker, la London Symphony Orchestra e l’Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam.

Sono il direttore russo Stanislav Kochanovsky e il violinista armeno Sergey Khachatryan, che sono tornati a collaborare con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai nel concerto di giovedì 2 marzo, trasmesso in diretta su Radio 3 e in live streaming sul sito di Rai Cultura dall’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino.

In apertura “... Pianissimo ...” per orchestra op. 47 del compositore russo Alfred Schnittke, di cui quest’anno ricorre il 25esimo dalla scomparsa, proposto per la prima volta dall’Orchestra Rai a Torino. Scritto nel 1968, il brano è stato commissionato dal Donaueschinger Musiktage, il più antico festival dedicato alla musica contemporanea, fondato nel 1921 nella cittadina di Donaueschingen, nel Sudest della Germania.

La parte centrale della serata ha visto Sergey Khachatryan interpretare il Concerto per violino e orchestra in re minore op. postuma di Robert Schumann, scritto nel 1853 in poco meno di due settimane mentre il compositore stava vivendo gli ultimi momenti di lucidità della sua vita, prima del tentato suicidio e del ricovero nell'ospedale psichiatrico di Endenich, dove morì nel 1856. L’opera, ispirata dal virtuoso violinista Joseph Joachim, fu eseguita per la prima volta solo nel 1937 a Berlino, dopo la sua riesumazione dagli archivi della Biblioteca di Stato, con Georg Kulenkampff solista e i Berliner Philharmoniker diretti da Karl Böhm.

In chiusura, invece, Kochanovsky ha proposto le Danze sinfoniche op. 45 di Sergej Rachmaninov, ultimo lavoro del compositore russo creato nel 1940 su commissione della Philadelphia Orchestra. Rachmaninov volle farne un vessillo di quella civiltà tardoromantica a cui fu sempre legato e che era ormai del tutto superata.

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