“Decisi allora che avrei speso la mia vita di parroco per la loro elevazione civile e non solo religiosa. Così da undici anni in qua, la più gran parte del mio ministero consiste in una scuola.”
Questo scriveva
don Milani nei suoi carteggi. E questa fu la sua missione a Barbiana, fino alla morte a soli 44 anni. Lorenzo Milani era nato a Firenze il 27 maggio del 1923. Ordinato sacerdote nel 1947, fondò una scuola popolare per giovani operai e contadini. Nominato priore di Sant’Andrea a Barbiana, nel 1954, proseguì la sua opera di docente e sacerdote, adottando un modello diverso di insegnamento. La scuola, aperta dalla mattina alla sera tutti i giorni dell’anno, si caratterizza per un legame strettissimo con la società e i problemi che la attraversano: lo sfruttamento, la disoccupazione, l’ingiustizia, l’indifferenza. Oltre alle materie tradizionali, vi si insegnano le lingue, la pittura, la politica, la Costituzione, persino la consultazione delle carte stradali e dell’orario dei treni. Vengono spesso invitati a scuola personaggi della cultura e della politica che i ragazzi e don Milani interrogano ed ascoltano. In classe si leggono lettere e articoli di giornali per coglierne il significato intrinseco, ma anche l’eventuale presenza di mistificazioni e ambiguità. La parola è al centro dell’insegnamento, permette agli allievi di esprimersi in modo corretto ed efficace, di difendere i propri diritti, in una dimensione di incontro e di solidarietà. Don Lorenzo crea una scuola nuova, del fare. Va a cercare i ragazzi, convince i genitori a farli studiare, organizza delle conferenze: la cultura diventa lo strumento per rimuovere le radici della povertà. La conoscenza ha per lui un significato anche evangelico: la Parola può essere ricevuta solo da coloro che sono in grado di ascoltarla e di metterla in pratica nella vita di tutti i giorni.
Lettera a una professoressa è l’ultimo scritto della vita di don Milani e rappresenta il suo testamento morale; i protagonisti sono gli otto ragazzi di Barbiana e la lettera trae spunto dalla bocciatura di due di loro presentatisi come privatisti in un istituto pubblico. “La scuola dell’obbligo non può bocciare”, dichiara, perché nella scuola che ha in mente, coloro che hanno maggiori difficoltà vengono accolti come fossero i primi della classe, la spiegazione di un argomento deve proseguire fino a che tutti non abbiano capito. Dal confronto, nasce quindi condivisione e non superiorità del singolo: a Barbiana i più grandi insegnano ai più piccoli e, nell’insegnare, imparano. Il tema principale trattato nella Lettera è quello della dispersione scolastica: dai dati Istat relativi a una classe di prima elementare nell’anno scolastico 1957-1958, si dimostra, secondo don Milani, come la scuola sia estremamente selettiva e non volta a formare tutti, ma a portare avanti solo alcuni.
Come sostiene
Laura Solito, l’attualità di don Milani è sintetizzabile in tre concetti fondamentali: inclusione, ascolto e coerenza. Mentre
Giorgio Pecorini ricorda come il pensiero di don Milani sia oggi attuale in un Occidente sempre più indifferente agli altri: “Barbiana non è più in Mugello: Barbiana è in Africa, è nel Medio Oriente, è nell’America Latina; le Barbiane del mondo ci dicono che noi ci comportiamo come se il mondo fossimo noi”. È l’idea di salvezza che - in don Milani - mantiene sempre un carattere collettivo “o ci si salva con gli altri o non ci si salva.”
Un messaggio attualissimo che è possibile approfondire consultando l’
ampia collezione di scritti e di pubblicazioni sull’opera di don Lorenzo Milani nei cataloghi delle Biblioteche Rai.