VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

L’America delle stragi

Di Guido Barlozzetti

 

Mezzogiorno di martedì 24 maggio. Un ragazzo di 18 anni, Salvador Ramos, è entrato nella Robb Elementary School di Uvalde, nel Texas, con un fucile semiautomatico AR-35 e ha ucciso 19 bambini e due maestre.

Un’altra strage, una delle più sanguinose, richiama un problema drammatico, in particolare negli Stati Uniti: le armi, la loro diffusione, la facilità con cui possono essere acquistate e l’uso indiscriminato e terribile che se ne può fare.

Quella di Uvalde è la peggiore sparatoria in una scuola dal massacro di Sandy Hook nel 2012 con 27 morti e, purtroppo, è solo l’ultimo episodio di una catena terribile che i numeri attestano nella loro gelida e tremenda entità: secondo uno studio del Westchester Medical Center nel 2021 l’America ha registrato un record di sparatorie di massa (e cioè con più di tre morti), 691, e tra le vittime 1533 erano bambini o adolescenti.

Negli States i decessi prematuri causati da arma da fuoco sono addirittura superiori a quelli degli incidenti stradali e dove si calcola ci siano 357 milioni di armi per 332 milioni di persone, e di queste 133 milioni appartengono a 7.7 milioni, e cioè al 3% della popolazione adulta, mentre il resto è distribuito tra 55 milioni.

Uno studio del New England journal of Medicine rivela che le armi da fuoco sono la prima causa di morte fra i bambini e i ragazzi fino a 19 anni.

Grande è stato lo sconcerto dopo l’ennesima strage, replicato e alimentato dall’informazione. Il Presidente Biden ha visitato i familiari delle vittime, tante voci sono tornate ad alzarsi contro il mercato fuori controllo delle armi, dall’ex presidente Obama alla poetessa Amanda Gorman, all’attore Matthew McConaughey, e ancora una volta pressante è stata la domanda su cosa si stia facendo per porre un freno. È virale l’immagine del senatore texano Chris Murphy che davanti ai colleghi si chiede ”What are we doing? What are we doing?”.

Quei numeri terribili sembrano non contare per “l’antagonista” del dibattito, la cosiddetta “lobby delle armi”, la National Rifle Association con le sue potenti ramificazioni al Congresso.

Resta potente la sua influenza che si è fatta sentire anche nell’elezione di alcuni Presidenti e nonostante alcuni scandali abbiano investito l’amministratore delegato Wayne La Pierre. La sua forza sta anche in una percezione diffusa e in una cultura molto americana dell’individualismo libertario di cui fa parte anche il “farsi giustizia da soli”.

Non a caso il governatore del Texas Abbott ha sì parlato di strage senza senso, ma che nello scorso settembre ha approvato una legge per cui qualsiasi maggiorenne può andare in giro nello Stato armato, senza porto d’armi e senza nessun controllo sulla sua condizione mentale e fisica.

È paradossale la risposta che viene rilanciata a chi chiede di limitare, restringere e controllare: più armi ancora, mettere metal detector nelle scuole, armare gli insegnanti…

Facciamo un passo indietro e allarghiamo il quadro. In America il diritto a possedere armi è riconosciuto dalla Costituzione, in particolare dal Secondo Emendamento: “Una milizia ben organizzata è necessaria alla sicurezza di uno Stato libero e dunque il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non può essere violato”.

Risale al 1791 e certamente rimanda a un periodo della storia americana, in cui non c’era un esercito regolare e nel territorio della “Frontiera”, in un Paese che si stava facendo, quel diritto significava la possibilità di difendersi da nativi e banditi.

La Corte Suprema ha più volte affrontato la questione. Nel 2008 ha dichiarato incostituzionale la legge del District of Columbia - quello della capitale Washington - che vietava ai residenti il possesso confermando l’inviolabilità del diritto, parificandolo anche al voto e alla libertà d’espressione.

A breve dovrebbe tornare a riunirsi e, complice anche la maggioranza politica che la governa, potrebbe ulteriormente estendere il possesso delle armi fuori dalle mura domestiche, considerando le norme restrittive di Stati come California, Delaware, Hawaii, Maryland, Massachusetts, New Jersey e Rhode island.

E la percezione pubblica del problema? Secondo un sondaggio del Pew Research Center dello scorso anno, il 48% degli Americani riconosce la gravità della questione, e tuttavia nello stesso anno forse anche per effetto della pandemia e delle rivolte razziali si è scoperto che ormai almeno il 39% delle famiglie possiede un fucile o una pistola. E qui forse è il caso di fare una riflessione sul contesto di una società in cui le disuguaglianze pesano sempre di più, si allarga l’area dell’emarginazione e quella di un’incomunicabilità che genera disagio e difficoltà troppo stesso trascurate o invisibili.

Ovviamente il panorama è variegato, regole e limiti ci sono ma variano da Stato a Stato, comune è la possibilità di acquistare armi da parte di chi ha compiuto i 18 anni in negozi specializzati e anche in supermarket e in eventi dedicati. Serve un backgrounds check in cui si deve rispondere a un questionario sul proprio stato di salute mentale, indicando anche episodi e situazioni precedenti che riguardino farmaci o droghe. Tocca all’FBI valutare i documenti e dare una risposta entro tre giorni. Secondo le stime solo all’1% viene negato l’acquisto. Oltretutto nel tempo si è sviluppato un mercato semi-clandestino ancor più alimentato dai social.

E tra gli acquirenti ai tradizionali maschi si sono di recente aggiunte donne, specie tra latinos e afroamericani, a conferma di stato in quietante di ebollizione sociale.

I dati sulle vendite sono allarmanti: nel terzo trimestre 2021, Smith & Wesson ha annunciato un raddoppio, “una performance finanziaria da record”.

 

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