VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

Jacobs e Tamberi si abbracciano in pista. Sulle spalle di Tamberi, la bandiera tricolore.

I dodici, memorabili minuti dello sport italiano

di Guido Barlozzetti

 

Dodici minuti che rimarranno nella storia. Se poi sarà la storia effimera della comunicazione e dei suoi minuti o la Storia con la maiuscola dello sport e dell'Italia non saremo noi a deciderlo. Però, quei dodici minuti di domenica 1 agosto non li dimenticheremo facilmente per tanti motivi che hanno congiurato tutti assieme per renderli…, ma sì, immortali. È anche per questo che stiamo qui a celebrarli, per avere finalmente qualcosa che resterà a futura memoria, oltre la gnagnera dei giorni che ci toccano, commossi davanti ai gesti straordinari di due campioni.

Succede che Gianmarco Tamberi vinca con la quota di 2 metri e 37 la medaglia d'oro nel salto in alto, evento a dir poco clamoroso nel cammino cinque cerchi italico, e che dodici minuti dopo un altro italiano, Lamont Marcell Jacobs tagli vittorioso il traguardo della finale dei cento metri, prodigio ancor più inedito e per questo entusiasmante, con 9"80 che è anche record europeo (restando, per il momento, quelli mondiale e olimpico nei piedi prodigiosi di Usain Bolt).

Ancora durava l'emozione per un trionfo sperato ma certo difficile in una competizione nel cielo del salto in alto, che si è raddoppiata in quella ancor più sorprendente e sconvolgente per il primo posto nella gara regina dell'atletica leggera e delle Olimpiadi tutte, i cento metri, sintesi di potenza e velocità.
Tutto in dodici minuti, tra le 21.42 e le 21.53 di Tokyo, da noi era poco dopo l'ora di pranzo.

Due medaglie d'oro nell'atletica leggera e nella stessa giornata l'Italia non le aveva mai vinte, tanto più in specialità così importanti e affascinanti. Nel 1984 a Los Angeles trionfarono in tre, Andrei nel peso, Cova nei 10000 e Gabriella Dorio nei 1500, ma non con questo scoppiettante fuoco artificiale dell'ora.

Con loro abbiamo avuto altri grandi, grandissimi campioni, Livio Berruti che vinse i 200 metri a Roma nel 1960, Pietro Mennea sulla stessa distanza nel 1980, Luigi Beccali nel 1932 sui 1500, la maratona 1988 di Gelindo Bordin e quella 2004 di Stefano Baldini, il disco di Adolfo Consolini nel 1948 a Londra e poi una squadra di marciatori, Ugo Frigerio, Maurizio Damilano, Ivano Brugnetti, Pino Dordoni, Abdon Pamich e il tormentato Alex Schwazer. Ma due medaglie pesanti come queste in un lasso di tempo così limitato, mai! Fin qui l'emozione, davanti alle immagini delle prestazioni e poi all'esultanza dei due winners, Tamberi in particolare che abbraccia Jacobs subito dopo che ha tagliato il traguardo, alle feste, al tripudio.

Poi, viene da fare un passo indietro e vedere chi sono i due campioni. Allora non si può che ammirare la forza di volontà di Tamberi a cui un infortunio nel 2016 a un legamento del piede impedì di partecipare ai Giochi di cinque anni fa e che non ha cessato di perseguire con tenacia questo obiettivo. E una mano gliela hanno data anche i colleghi a cominciare da quel Mutaz Barshim con cui ha condiviso la medaglia d'oro, entrambi essendo arrivati alla stessa misura di 2 metri e 37.

Così come è giusto riflettere sulla piena italianità di Lamont Marcell Jacobs che nasce a El Paso il 26 settembre 1994 da padre texano, militare nella caserma Ederle di Vicenza, dove aveva conosciuto la moglie che, dopo il parto, non lo seguì in Corea del Sud e si stabilì invece a Desenzano sul Garda.

La determinazione, la capacità di perseguire un obiettivo, la concentrazione, da un lato un giovanotto detto Gimbo, figlio di un saltatore in alto - che lo allena - dall'altro un cittadino di questa Italia che nello sport si riconosce accogliente, solidale e patria comune. Per chi sta sul campo e per chi guarda attraverso la tv.

Possono essere anche coincidenze, ma lasciateci pensare a una congiura felice degli orari e delle virtù di questi due atleti che con le loro imprese vengono a coronare un anno fausto, con l'Italia appena celebrata al top dei Campionati Europei di calcio (ma vogliamo anche ricordare, anche quella è una gara e tutt'altro che facile, la vittoria dei Maneskin all'European Song Contest?!).

Potremmo anche essere soddisfatti nella bulimìa di tifosi patriottici e nella curiosità di chi con più distacco si avvicina allo sport quando il clamore di un'impresa buca la soglia dell'attenzione. Ma c'è ancora quasi una settimana prima della fine. Si attendono novità.

 

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