VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

Venezia 79, la Mostra del Cinema

Di Guido Barlozzetti

 

Venezia, la Mostra d’arte internazionale d’arte cinematografica, compie 90 anni e va in scena con la 79° edizione. Nello scarto ci stanno le edizioni biennali dell’inizio, la guerra, il Sessantotto, ma la Mostra è viva e va a prendersi la scena al Lido. Festeggia ancora una volta e rivendica la sua identità/originalità di primo, autorevole festival del cinema e di grande schermo che vuole intercettare pulsioni, traiettorie, devianti e d’autore, innovative e trasgressive, dell’immaginario di oggi.

“La consueta domanda che riaffiora a ogni rinnovato appuntamento festivaliero su dove stia andando il cinema non trova questa volta risposte semplici né scontate”, ha esordito così il direttore Barbera presentando la Mostra, come a dire di uno smarrimento di un cammino incerto della forma-cinema tra innovazioni tecnologiche, piattaforme aggressive, crisi di ispirazione. E ha aggiunto: “La Mostra è il riflesso di questo momento tormentato, Percorso da pressioni di ogni tipo, sottoposto a una trasformazione in atto di cui si percepiscono le dimensioni telluriche ma di cui non è concesso di vedere il punto di approdo finale. Ammesso che ne esista uno, in un mondo sempre più fluido e soggetto a cambiamenti repentini e imprevedibili”.

Dunque, la consapevolezza di un mare aperto e però anche della responsabilità di tracciare una rotta, perché comunque la selezione con cui si presenta una Mostra quello è, anche quando professa un passo indietro rispetto a sintesi che vorrebbero essere totalizzanti e a tentazioni di letture esplicative: un prisma fatto di specchi che mettono comunque insieme un’immagine, per quanto plurale e diffratta, un sensore che cattura contraddizioni, problemi, ossessioni narrative, bisogni di fuga, ribellioni forti quanto le disillusioni e le sconfitte. Per questo troviamo autorialità affermate o ancora in fervida ricerca di se stesse accanto al talento annunciato e da scoprire di giovani esordienti.

Le Sezioni restano sempre quelle consolidate, ovviamente spicca la Selezione Ufficiale accanto a Orizzonti, Biennale College Cinema e Venezia Classici. E allora, scorrendo i ventitre titoli in concorso e facendo l’esercizio di trovare qualche trasversalità se non altro di temi, non avendo visto ancora nulla, ma con l’intenzione appunto di individuare una chiave d’accesso che dica se non di uno spirito comune, almeno di insistenze e ossessioni, cosa emerge?

La famiglia, anzitutto, che si dà come perimetro-laboratorio significativo di un sistema di relazioni in crisi, di un assetto che non tiene più, assediato e rotto da ferite, abbandoni, quanto alla ricerca di una possibile riconciliazione, se non addirittura di una speranza.

Ecco allora, i conflitti e gli orrori nascosti, ma anche la volontà di non cedere della famiglia di White Noise di Noah Baumbach, dal romanzo anni Ottanta di Don DeLillo, con Adam Driver, Greta Gerwig e Don Cheadle, la figlia che, nel quadro di una crisi di coppia, vuole diventare maschio, ne L’immensità di Emanuele Crialese con Penelope Cruz, la famiglia che dopo la perdita di un figlio si confronta con il padre biologico in Love Life di Koji Fukada, un’artista che torna con la madre in una vecchia residenza e vede riaffiorare i segreti del passato in The eternal daughter di Johanna Hogg con Tilda Swinton, il ritorno a casa dopo una lunga assenza di una figlia tra ribellione e accettazione in Monica, terzo film di Andrea Pallaoro, e quello di una moglie che - in The Son di Florian Zeller (il successo di The Father due anni fa) - irrompe con il figlio nella nuova famiglia di Peter (con Hugh Jackman, Laura Dern e Anthony Hopkins), i trentasette anni di una vita insieme di Sophia e Tolstoj raccontati da lei (Un couple di Frederick Wiseman con Nathalie Boutefeu), l’ordine apparente che si sgretola quando un padre dopo un trauma alla testa comincia a parlare in Les Miens di Roshdy Zem, e infine il cortocircuito di Rachel che s’innamora di Ali ma anche della figlia di lui in Les enfants des autres di Rebecca Zlotovskij. E rinvia alle lacerazioni di questo contesto il gesto sconvolgente della madre che affida alle onde del mare la figlia di quindici mesi in Saint Omer di Alice Diop, mentre l’iraniano Jafar Panahi - ancora arrestato nello scorso luglio e condannato a sei anni - celebra la forza dell’amore di contro al potere e alla superstizione nelle due storie di Khers Nist/Gli orsi non esistono.

Storie potenti al femminile: Andrew Dominik racconta la scissione tra pubblico e privato di Marylin Monroe (Ana de Armas) in Blonde, Susanna Nicchiarelli si concentra su Chiara (Margherita Mazzucco) e il suo slancio rivoluzionario verso e con Francesco d’Assisi, mentre in Tàr di Todd Field una tanto attesa Cate Blanchett interpreta la prima donna direttrice di un’importante orchestra tedesca. Con loro, la biografia dell’attivista Nan Goldin in lotta contro una famiglia potente di Big Pharma in All the beauty and the Bloodshed di Laura Poitras.

Affrontano la discriminazione e la violenza sulla diversità Darren Aronovsky con l’insegnante obeso (Brendan Fraser) che vuole riallacciare un rapporto con la figlia adolescente in The Whale e la sensibilità di Gianni Amelio ne Il signore delle mosche: il processo per plagio dei primi anni Sessanta nei confronti del professore Aldo Braibanti e le drammatiche conseguenze su un giovane di ventitre anni che ne sarebbe stato vittima, con Luigi Lo Cascio, Elio Germano e Leonardo Maltese. Rimandano alle contraddizioni del potere e alle violenze di cui è capace la resistenza comunitaria di Athena che Romain Gavras (figlio del Costa Gavras di Z-L’orgia del potere) racconta nel calco della tragedia greca, e le indagini di due procuratori coraggiosi sulla dittatura militare in Argentina, 1985 di Santiago Mitre con Ricardo Darìn.

Attenzione anche alla disabilità in Oltre il muro di un altro regista iraniano Vahid Jalivand che esplora il mondo immaginario in cui un cieco accoglie una donna ricercata dalla polizia.

Due viaggi, quello esistenziale di un giornalista messicano, Silverio, in Bardo, Falsa Crónica de unas quantas verdades di Alejandro Iñárritu (l’autore di Babel, Birdman, The Revenant) e la coppia di giovani ed emarginate solitudini - Taylor Russell e Timothée Chalamet - che un regista personale, originale e internazionale come Luca Guadagnino segue negli angoli dell’America in Bones and All.

Infine, la frattura che rompe un rapporto di amicizia in The Banshees of Iniserin/Spiriti dell’isola di Martin McDonagh (precedenti come In Bruges e Tre manifesti a Ebbing, Missouri) con Colin Farrell e Brenda Gleason.

Fuori concorso, molta curiosità per tutto il programma e tanto per citare qualche suggestione: The Hanging Sun di Stefano Corazzini da Sole di mezzanotte di Nesbø, un investigatore di fronte alle violenze del potere nelle Filippine in When the Waves are gone di Lav Diaz, Dead for a Dollar di un maestro del western postumo come Walter Hill, La chiamata del cielo, ultimo film del poetico e geniale Kim Ki Duk scomparso due anni fa, la vita sconvolta del Master Gardener di Paul Schrader e l’afllato apocalittico e solidale di Paolo Virzì in Siccità con Silvio Orlando e Valerio Mastandrea.

 

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