GIORNATA MONDIALE CONSAPEVOLEZZA SULL'AUTISMO

Disegno realizzato con la sabbia, che rappresenta un papà, una mamma e un bebè davanti a un paesaggio di mare che bagna un paese. Una delle case è a forma di cuore.

MUSICA E PAROLE

una fiaba di Titty Cercelletta

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C’era una volta in un paese della Sardegna, in Gallura, una famiglia che gestiva una piccola attività. Affittavano stanze ai turisti che, specialmente in estate, arrivavano numerosi in quella bellissima terra tanto solare quanto misteriosa, con un mare così trasparante che si riuscivano a vedere a occhio nudo i pesci che ci sguazzavano dentro.

Questo piccolo hotel spiccava tra tutte le case, perché le sue mura erano bianche candide e avevano la forma di un cuore. Virginia e Sebastiano avevano costruito quella casa a picco sul mare dopo la nascita del loro bambino Damiano, un piccolo che fece diventare il cuore dei loro genitori così grande che vollero trasformarlo in una casa per accogliere le persone, appunto, con il cuore.

Damiano, alla nascita, era bello, biondo, gli occhi azzurri color del mare, che si scurivano e schiarivano secondo le stagioni. Quegli occhi erano l’essenza di quel bimbo, fonte della sua espressione.

I genitori si accorsero, quando Damiano aveva circa due anni, che il piccolo viveva in un suo mondo: guardava, scrutava, gesticolava, ma parlava poco.

Quando si trattava di mettere in fila le parole, aveva una gran confusione nella testa, perché gli sembrava che queste non riuscissero mai a stare al loro posto: ce n’era una che scappava di qua, una che scappava di là, un’altra che si nascondeva.

Questa cosa non lo preoccupava più di tanto, cercare le parole era diventato quasi un gioco, assecondato in maniera gioiosa dai suoi genitori che riuscivano a capirlo sempre, anche quando si esprimeva solo a gesti per chiedere un bicchiere di latte o per dire che aveva sonno.

Anche gli ospiti dell’hotel rimanevano incantati dalla bellezza e dalla leggerezza di quel bambino che, pur così silenzioso, sapeva comunicare tante cose.

Quando arrivavano degli altri bambini suoi coetanei, però, lo trovavano un po’ troppo originale, perché non erano abituati a sentirsi rispondere con dei gesti, con lo sguardo o utilizzando dei giochi come le costruzioni, che erano le più adatte ad esprimere dei concetti.

C’era una bambina in particolare che andava ogni anno in vacanza con i genitori nell’hotel a forma di cuore; si chiamava Anita e ogni volta, quando finite le vacanze, doveva ripartire, per salutarlo gli diceva:

- In questo grande cuore lascio sempre un pezzetto del mio cuore quando ti devo salutare. Sei il migliore amico che abbia mai avuto!

Ma lui a quelle parole, rispondeva con un semplice sorriso , spalancando dolcemente quegli occhi grandi e profondi come il mare. Anita capiva che quello era il suo modo per darle appuntamento all’anno dopo.

E l’anno dopo arrivò, come sempre, puntuale, in un caldo giorno d’agosto: quando lo rivide lo abbracciò e avrebbe tanto voluto parlare con lui dell’anno passato, della scuola, dei compagni, delle maestre e di quell’esperienza nuova che era la prima elementare, ma Damiano era più agitato del solito e non c’era modo né di farlo parlare, né di farlo calmare.

Ma non voleva deludere la sua migliore amica, quindi la prese per mano, la portò vicino ad una radio, la accese e, sentendone provenire della musica classica, si mise ad agitare le mani come un direttore d’orchestra e poi a danzarle intorno: voleva farle capire che le voleva bene ed era contento di rivederla.

Damiano faceva spesso così anche con i suoi genitori e loro si mettevano a danzare con lui, ma una bambina di sei anni non poteva capire che quello era il suo modo di comunicare e restò immobile, senza sapere cosa fare. Poi gli diede un bacino sulla fronte, lo salutò e andò a confrontarsi con suo padre, che era rimasto in camera.

- Papà, ti devo parlare; sono un po’ preoccupata, ho paura che Damiano non mi voglia tanto bene, perché non mi parla! Mi guarda con quei suoi occhi dolci, mi ha anche dato un bacino, ma non mi dice neanche una parola! Invece gli piace tanto la musica … Non risponde alle mie domande, ma oggi ha acceso la radio e si è messo a ballare!

- Anita non ti preoccupare … hai visto che anche io, quando torno a casa stanco dal lavoro, non ho tanta voglia di parlare e mi metto ad ascoltare la musica … La musica è bella e rilassante, forse Damiano è un po’ timido e si sente più a suo agio con un bel sottofondo musicale!

Anita lo guardava un po’ stupita, non riusciva a capire esattamente cosa volesse dire il padre e lui, capendo questo suo smarrimento, le fece una proposta:

- Dal momento che gli piace tanto la musica, perché non andiamo a comprare un bel cd a Damiano? Così puoi fargli capire che gli vuoi bene senza dover per forza parlare!

- Buona idea papà! – rispose la bambina entusiasta.

E così padre e figlia andarono in un negozio di musica, un bel negozio pieno di dischi, spartiti, libri e strumenti musicali di ogni tipo. Vedendo un piccolo violino col suo archetto, ad Anita venne una bellissima idea.

- Papà, perché non gli compriamo uno strumento? Così invece che rispondermi con la musica degli altri, potrà rispondermi con una musica tutta sua!

- Sei una bambina molto saggia, Anita - disse il padre, guardandola con fierezza - E che strumento sceglieresti per lui?

- Quel violino lì! – rispose la bambina, indicando lo strumento che l’aveva colpita.

Comprarono il violino e tornarono all’hotel a forma di cuore. Damiano era un po’ triste; aveva visto Anita sparire tra le scale e temeva che fosse andata via per sempre.

Era seduto su una poltrona, sprofondato tra i cuscini e nei suoi pensieri, con le parole che non riuscivano a mettersi in fila più che mai. Anita gli andò subito incontro con il regalo.

- Tieni, questo è per te. Presto suonerai per me e riuscirai a dirmi tutto quello che vuoi!

Damiano aprì il pacco e, quando vide il violino, impazzì di gioia: si mise a correre, a saltare e provò anche a suonarlo, come se fosse già in grado di comporre una melodia. Prese quello strumento , corse via e, all’improvviso, quel violino gli sembrò enorme: il suo rifugio, il suo pensiero, le sue parole, l’espressione della sua anima.

Quello divenne il suo mondo e con lo studio, con la volontà, con l’amore dei suoi genitori e con quelle corde che lo aiutavano a tenere le fila del discorso, quel bimbo apparentemente un po’ bizzarro imparò, tramite la musica, a concentrare tutto il suo amore. Quell’amore che, l’anno dopo, riuscì a esprimere alla sua grande amica Anita anche con tutte le parole che, fino ad allora, aveva conservato in fondo al cuore.

 

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