VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

La pace con gli orsi

Di Guido Barlozzetti

 

Un’orsa uccide un uomo.

Accade nella provincia di Trento Dove un runner, Andrea Papi, rimane vittima di un esemplare femmina di orso alpino che tecnicamente si chiama Jj4, dai comportamenti definiti particolarmente problematici, come d’altronde dimostra quanto è avvenuto. Qualche giorno fa l’orsa è stata catturata, con due dei suoi tre cuccioli, ed è stata portata nel centro di recupero faunistico del Casteller dove resta in attesa della decisione del Tar sul suo destino.

Intanto, sull’onda emotiva dell’uccisione si è aperto un dibattito che, come spesso capita nel nostro Paese, ha assunto subito l’aspetto di un conflitto frontale tra chi vorrebbe procedere ad un’esecuzione sommaria dell’orsa assassina e chi invece in nome della sua animalità ritiene che non ci siano ragioni morali e culturali per sopprimerla.

La drammatica rilevanza di quanto è accaduto, tradotta nei titoli con cui giornali e telegiornali hanno dato la notizia, ha immediatamente alzato la temperatura del confronto con il rischio di eliminare da subito il terreno del ragionamento e dell’analisi delle diverse ragioni che dovrebbe presiedere a una decisione ponderata, fondata sull’esame di tutti gli aspetti coinvolti, non succube dell’immediatezza delle reazioni e della virulenza sbrigativa con cui si è reclamata una soluzione.

È bene essere chiari in una questione che di per sé dedicate e complessa, perché stiamo parlando di una relazione tra umanità e animalità che è costitutivo di noi stessi.

Non si può certo dimenticare che un uomo è stato ucciso e che dunque è accaduto qualcosa per cui il nostro rapporto con la natura che ci circonda è andato drammaticamente in corto circuito, preso in una regressione ad una sorta di stadio selvaggio della nostra presenza nel mondo in cui un uomo e una orsa si sono trovati uno di fronte all’altra e l’orsa ha ucciso.

E però questa morte accade in un quadro che non può essere ricondotto solo al terribile episodio che è costato la vita dell’uomo.

Ci sono almeno un paio di questioni su cui andrebbe fatta una riflessione. In primo luogo, il nostro rapporto con quello che a volte con l’illusione idilliaca che chiamiamo natura che natura non è più perché quella la cosiddetta antropizzazione è intervenuta radicalmente sull’ambiente e ha sconvolto completamente le condizioni nelle quali le specie animali possono vivere, secondo quella che è sì la loro natura. Che non è quella morale che - quando ce ne ricordiamo - dovrebbe caratterizzare noi umani ma sta nel dna biologico iscritto nel loro corpo e genera comportamenti orientati solo ad assicurarne la sopravvivenza e la riproduzione. Non a caso parliamo di istinto, per differenziarlo dalla ragione o se si vuole dal pensiero che è fondato sulla coscienza e dunque sulla consapevolezza che consente o dovrebbe consentire all’uomo di stabilire una distanza rispetto all’immediatezza delle cose, alla reazione passionale, di discernere e selezionare una ragionevole risposta che non può ridursi semplicemente e brutalmente allo occhio per occhio e dente per dente.

Ci siamo inventati per la nostra delizia I cartoni animati con i leoni paterni e le leonesse materne, i cuccioli che scodinzolano, i topi che sono più intelligenti di noi, i paperi che soccombono alle disgrazie della vita, gli scoiattoli dispettosi, dove gli uccellini svolazzano e cinguettano attorno a Biancaneve e Braccobaldo si diverte con l’orso yoghi. Piangiamo quando Bambi viene privata della madre dallo sparo di un cacciatore della madre e i 101 dalmata sono minacciati da Crudelia de Mon. Si dirà che c’è anche la favola di Cappuccetto Rosso che viene ingoiata del Lupo cattivo, si potrebbe ribattere che è una favola e cioè un ambito dell’immaginario in cui i protagonisti stanno per altro, cioè per i valori simbolici e metaforici per cui quella narrazione è stata costruita (da noi). Ecco dove rischiamo di inciampare, su una narrazione che sta tutta dalla nostra parte e dimentica la contraddizione profonda che ci fa essere quello che siamo su questo pianeta: la potenza di una forza antropocentrica che trasforma, con l’agricoltura, con l’urbanizzazione, con un modello economico in cui il profitto fatica sempre più a trovare una sintesi con l’esigenza di rispettare la vita di tutti e, ormai ce ne siamo accorti, di non pregiudicare le condizioni stesse in base alle quali la vita può essere. Che non può essere solo quella degli uomini.

E allora torniamo all’orsa, a Jj4, torniamoci con il rispetto verso chi è stato ucciso che non può semplicemente ridursi a chiedere l’eliminazione di un animale assassino, ma deve invece per quanto possibile ricostituire le condizioni di una convivenza che ci riguarda. Con tutte le cautele del caso, con tutte le precauzioni necessarie. La vendetta? È ora di sotterrare l’ascia di guerra e di fare pace con la natura.

 

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