Secondo una recente indagine del Censis, l’attesa media degli italiani per una prestazione sanitaria è di 50 giorni, quasi due mesi. Ma non mancano gli esempi di attese ben più lunghe, come rivela un servizio di “Repubblica” di fine settembre: sei mesi per una risonanza a Bari; tre mesi per una tac a Palermo; poco meno di un anno per visite allergologiche a Bologna, a Firenze, a Torino. 400 giorni nel capoluogo pugliese per una mammografia. Una situazione non certo facile, che interessa un numero elevato di cittadini. Basti pensare che in Italia sono 70 milioni gli accertamenti diagnostici svolti ogni anno; e 150 milioni le visite specialistiche. Questo comporta due cose: la prima è che molti cittadini (QUELLI CHE POSSONO, OVVIAMENTE), per rimuovere l’ostacolo, si affidano a strutture private, non sempre coperte dal Servizio sanitario pubblico; la seconda è che si va diffondendo l’intramoenia, cioè le prestazioni professionali svolte nelle Asl dai dipendenti fuori orario di servizio (visite, ma anche esami). A pagamento, ovviamente. Inutile sottolineare i disagi e le ingiustizie che derivano da questo scenario. A cosa si devono le lunghe attese? Dipendono solo dalle strutture e dagli strumenti, spesso vecchi e inutilizzabili? O c’è anche dell’altro? Fanno qualcosa i medici per ridimensionare questo fenomeno? Ospiti:il dott.DOMENICO ISCARO, presidente dell’Aanao Assomed (ASSOCIAZIONE MEDICI DIRIGENTI)e il dott.STEFANO LIVERANI, Direttore sanitario dello IOR (ISTITUTO ORTOPEDICO RIZZOLI) di Bologna.