In questa puntata ci soffermiamo sulla prima delle sette lettere cattoliche del Nuovo Testamento: quella di Giacomo. A farci riflettere sugli spunti che questo testo ci offre in maniera sorprendentemente semplice e dettagliata è il pastore della Chiesa valdese Fulvio Ferrario. La lettera tocca vari temi, quali la natura della vera spiritualità, la relazione tra fede e opere, le intemperanze della lingua, la preghiera e la pazienza. Giacomo, il fratello del Signore, pone il cristiano davanti a quella che crede essere la vera religiosità: una vita di fede in azione. All'affermazione di Martin Lutero, che l'aveva definita "un'epistola di paglia", in quanto predicherebbe la legge e non Cristo, Giacomo aveva già risposto, con l'affermazione che chi ascolta la Parola e non la mette in pratica inganna se stesso. Gli apostoli Giacomo il Minore e Andrea (da L'ultima cena di Leonardo) Libri: Fulvio Ferrario La lettera di Giacomo, Claudiana, Torino, 2005 Ognuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all'ira, poiché l'ira dell'uomo non opera la giustizia di Dio. Perciò, deposta ogni sozzura ed eccesso di malvagità, ricevete con dolcezza la parola che è stata piantata [in voi] e che ha il potere di salvare le vostre vite. Siate facitori della parola, e non solo ascoltatori, ingannando voi stessi: poiché, se uno è ascoltatore della parola, e non [anche] facitore, è simile a un uomo che guarda nello specchio il volto che possiede dalla nascita, e quando si è guardato se ne va, e subito dimentica a che cosa era simile. Ma chi scruta nella legge perfetta della libertà, e [in essa] persevera, non sarà un ascoltatore smemorato, ma un facitore attivo: costui sarà beato in ciò che fa. Se uno crede di essere religioso senza tenere a freno la sua lingua, ma ingannando il suo cuore, la sua religione è vana. La religione pura e immacolata davanti a Dio il Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nella loro afflizione, mantenersi incontaminati dal mondo.