Non sempre la sofferenza fisica è considerata un male. O meglio, pur rimanendo tale, in diverse occasioni è accettata e scelta come un mezzo indispensabile per raggiungere determinati obiettivi. Una sfida. Lo è in alcune culture e in alcuni gruppi umani, come iniziazione alla fede, alla maturità, alla vita sociale, al matrimonio… Non senza vere e proprie aberrazioni. Ma lo è e lo è stata anche nel mondo occidentale. E se nel passato il supplizio era la porta di accesso al paradiso, lo strumento per depurare il corpo o lo spirito, l’esame di ammissione a particolari cenacoli o sette… oggi si presenta in forme nuove. Senz’altro meno cruente, ma non sempre meno crudeli. E’ sofferenza fisica sottoporsi a sfibranti attività sportive, seguire diete estenuanti, subire interventi di chirurgia estetica, imporsi comportamenti salutisti… E a volte il dolore diventa simbolo di lotte civili: a cominciare dagli scioperi della fame e della sete. Ma, al di là del suo valore etico o estetico – più o meno accettabile, più o meno nobile – è possibile ammorbidire o rimuovere gli effetti del dolore sul nostro corpo? Possiamo, con la nostra volontà, inibire o controllare la sofferenza? Attraverso quali metodi? Di tutto questo parleremo con EMANUELA RENZETTI docente di antropologia culturale all' Università di Trento e il prof. ANTONIO FEDERICO, direttore della clinica Neurologica dell’Università di Siena.