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L' INGRATITUDINE
09 marzo 2011

Chi di noi non ha incontrato nel corso della vita l’ingratitudine, vera o presunta? E chi di noi non si è trovato nella condizione di essere considerato ingrato, giustamente o ingiustamente, in seguito a un aiuto ricevuto? Il fatto è che quello della riconoscenza è un terreno minato. Può rappresentare un valore positivo, quando il rapporto tra il dare e l’avere è equilibrato: “Riconosco quello che mi hai fatto e per questo ti ringrazio”. Ma può diventare anche un valore negativo: “Per quello che ho fatto, mi devi essere riconoscente per tutta la vita”. O anche: “Per quello che hai fatto ti sarò riconoscente per sempre”. In questi casi “chi ha dato e chi ha ricevuto” sembrerebbero legati per sempre da un vincolo di soggezione. L’aiuto diventa così una specie di debito, che garantisce potere al gratificante e limita la libertà del gratificato. La gratitudine o l’ingratitudine non sono quindi principi assoluti. Sono atteggiamenti mentali molto diversi, a seconda di come ciascuno di noi valuta il principio del “dare”. Dare può essere un bisogno naturale, senza che questo presupponga un ricevere. Ma può essere anche un “bene strumentale” per ottenere in cambio qualcosa: un legame psicologico o materiale. Nella vita privata come in quella pubblica. Ospiti:la Prof.ssa MARIA RITA PARSI, psicoterapeuta, scrittrice e presidente della fondazione “Movimento bambino” e PAOLO DE NARDIS, Professore di Sociologia presso la Facoltà di Sociologia dell’Università La Sapienza di Roma

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