Uomini e Profeti

Letture.'Franz Rosenzweig: La stella della redenzione'. con Gianfranco Bonola. 1a puntata 'Il vacuo sorriso della filosofia'

  • Andato in onda:22/02/2006
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Letture.'Franz Rosenzweig: La stella della redenzione'. con Gianfranco Bonola. 1a puntata 'Il vacuo sorriso della filosofia'

Con questa puntata ha inizio una serie di Uomini e Profeti dedicata al filosofo ebreo Franz Rosenzweig, nato in Germania nel 1886, morto prematuramente nel 1929. Rosenzweig pubblicò nel 1921 la sua opera più significativa, La stella della Redenzione scritta negli anni della prima guerra mondiale. Leggendo analiticamente questo testo, Gabriella Caramore e Gianfranco Bonola - curatore della gran parte delle edizioni italiane dei libri di Rosenzweig - mettono a fuoco le questioni che sono al centro delle riflessioni del filosofo tedesco: la denuncia dello iato profondo che nel pensiero moderno si è creato tra filosofia e dottrine religiose, la necessità di una relazione paritetica tra la teologia e la filosofia, la riformulazione del rapporto tra ebraismo e cristianesimo. Interviene nella puntata anche Irene Kajon, studiosa di ebraismo, per raccontare il clima culturale della Germania dei primi decenni del secolo scorso, nel quale maturò l'opera di Rosenzweig. Libri: Franz Rosenzweig, La stella della redenzione, a cura di Gianfranco Bonola, Vita e Pensiero, 2005 Franz Rosenzweig, Il nuovo pensiero, Arsenale, Venezia, 1983, Franz Rosenzweig, La Scrittura. Saggi dal 1914 al 1929, traduzione italiana di G. Bonola e G. Benvenuti, Città Nuova, Roma, 1991, Franz Rosenzweig, Dell'intelletto comune sano e malato, a cura di G. Bonola, Trento 1987. Franz Rosenzweig - Eugen Rosenstock, La radice che porta. Lettere su ebraismo e cristianesimo, Marietti, Genova 1992 Franz Rosenzweig, Hegel e lo Stato, a cura di Remo Bodei, Il Mulino, Bologna 1976 Dalla morte, dal timore della morte prende inizio e si eleva ogni conoscenza circa il Tutto. Rigettare la paura che attanaglia ciò ch'è terrestre, strappare alla morte il suo aculeo velenoso, togliere all'Ade il suo miasma pestilente, di questo si pretende capace la filosofia. Tutto quanto è mortale vive in questa paura della morte, ogni nuova nascita aggiunge nuovo motivo di paura perché accresce il numero di ciò che deve morire. Senza posa il grembo instancabile della terra partorisce il nuovo e ciascuno è indefettibilmente votato alla morte, ciascuno attende con timore e tremore il giorno del suo viaggio nelle tenebre. Ma la filosofia nega queste paure della terra. Essa strappa oltre la fossa che si spalanca ad ogni passo. Permette che il corpo sia consegnato all'abisso, ma l'anima, libera, lo sfugge librandosi in volo. Che la paura della morte nulla sappia di una pretesa divisione in anima e corpo, che essa urli: io, io, io! E non voglia saperne di far risalire la paura esclusivamente al "corpo", che importa questo alla filosofia? L'uomo si apiatti pure come un verme nelle fenditure della nuda terra davanti al sibilare dei colpi della cieca morte implacabile, e poi senta violentemente, inevitabilmente senta quanto altrimenti non avrebbe mai percepito: che se mai morisse, il suo io sarebbe soltanto un illud e perció, con tutta la voce che gli resta in gola urli, urli ancora il suo io in faccia all'implacabile che lo minaccia di un così inconcepibile annientamento. A tutta questa miseria la filosofia rivolge il suo vacuo sorriso ed alla creatura, che è squassata in tutte le membra dalla paura del suo aldiqua, mostra con l'indice teso un aldila` di cui essa nulla vuole sapere. Perché l'uomo non vuol affatto sottrarsi a chissà quali catene, vuol rimanere, vuole vivere. (da La stella della redenzione)

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