• Stefano Scodanibbio

    Strumentista in assoluto fra i più importanti della scena mondiale della musica contemporanea, il contrabbassista marchigiano è anche un interessante compositore, ma soprattutto - per quanto di riguarda - un grande interprete di "luoghi", in senso non solo metaforico ma anche propriamente geografico: in una concezione della musica che potremmo definire "autobiografica", se non proprio esistenziale, che prevede un rapporto tutt'altro che meramente concettuale e intellettuale con la musica - invece sempre legata alla realtaà materiale e "corporea" dello strumento. Geografia amorosa è il titolo di una sua composizione, e il tema del viaggio è sempre centrale nell'immaginario di Scodanibbio. Un immaginario non solo musicale ma anche letterario, dal momento che parliamo di un musicista di letture vaste quanto approfondite. Lo dimostrano la sua perdurante collaborazione con Edoardo Sanguineti (da Postkarten all'ultimo Alfabeto apocalittico) o la sua riscoperta di un poeta "dissipato" dagli anni Settanta, il Vittorio Reta di Visas. Un importante "luogo", letterario e non solo, è il Messico: luogo d'elezione per chi (da Lowry a Lawrence, da Artaud ai beat) è alla ricerca di spazi, non senza restare affascinati pure dal viaggio come esperienza-limite, pericolo di dispersione del soggetto (si ripensa al Gadda dei Viaggi, la morte). Ma già negli anni Cinquanta avvertiva il Levi-Strauss di Tristi tropici come fosse giunto il tempo della "fine dei viaggi": il tempo in cui ogni luogo è preceduto, nel nostro immaginario, dalla sua riproduzione mediatica. Allora Scodanibbio fa l'esperienza della massima "consumazione" del mito del viaggio, passando un periodo, all'inizio degli anni Ottanta, nella California che verrà poi raccontata da Baudrillard e Arbasino: se il Messico rappresenta una fuga verso il passato, la California può essere un'immagine del futuro.

    • Pubblicato il17/08/2003
  • Simona Argentieri

    SIMONA ARGENTIERI, PSICANALISTA CI RACCONTA COME VISITARE UN LUOGO SIGNIFICHI ANCHE CONFRONTARSI CON LE NOSTRE ATTESE, CON L'IMMAGINARIO COLLETTIVO E TALVOLTA ANCHE CON I PREGIUDIZI. E' QUELLO AD ESEMPIO CHE LE E' ACCADUTO RITORNANDO SUI LUOGHI DELLA SUA INFANZIA, OPPURE VISITANDO LA VIENNA DEL PADRE DELLA PSICANALISI SIGMUND FREUD. CON SIMONA ARGENTIERI, I "LUOGHI DELLA VITA" ENTRANO ANCHE NELLA STANZA DELL'ANALISI, DESCRIVENDO IL SIGNIFICATO DEL CLASSICO E TRADIZIONALE "LETTINO" E DEL RAPPORTO SPAZIALE TRA ANALISTA E PAZIENTE. IMMAGINARIO PER ECCELLENZA, IL SOGNO E' UN ALTRO DEI LUOGHI MENTALI DESCRITTI DA SIMONA ARGENTIERI, CHE RACCONTA COME NE CAMBIA IL LINGUAGGIO E L'ORGANIZZAZIONE ATTRAVERSO L'INFLUENZA DEI MEDIA E DELLA MODERNA COMUNICAZIONE.

    • Pubblicato il20/07/2003
  • Serena Vitale

    Serena Vitale: slavista, insegna alla Cattolica di Milano e ha tradotto Brodskij, Esenin, Nabokov, Cvetaeva. Il suo saggio Il Bottone di Puskin e' tradotto in sei lingue. Nel '62 si trasferisce a Roma dove resta folgorata da Angelo Maria Ripellino, bellissimo, esotico, affascinante che nel 1971 con una Borsa di Studio che comprende altri quattro studenti, la spedisce a Mosca per la tesi di laurea. Ricorda il viaggio nella "terra di nessuno", le dogane sovietiche, il personale deserto affettivo ed una permanenza di due giorni in hotel a sole caramelle. Racconta del palazzone enorme con le torri laterali della collina Lenin, assolutamente simmetrico. La Mosca in cui si conduceva una vita colonica: non c'erano bar, solo ristoranti dove portavano un piatto ogni tre ore. Gli studenti si riunivano nelle case e comunicavano davanti ad un bicchiere di vodka; non esistevano libri, esisteva la "filosofia da tavolo". Incontra la vedova di Mandel'stam grande poetessa che ne perpetua la memoria e che le regalera' l'archivio del marito. Ricorda che viveva in una minuscola casa di nove metri quadri nella cui cucina si discuteva, mangiava e dormiva. A i luoghi della vita Vitale ci racconta di Praga dopo l'occupazione del '69 dove imparera' il ceko. Il centro di tutte le manifestazioni era la meravigliosa Piazza San Venceslao; ricorda Jan Palach e descrive Praga con una grande civilta' capace di tutto superare, non corrotta dal post-comunismo. Narra ancora della San Pietroburgo di Puskin, citta' "bianco e oro", citta' "museo", citta' "snob". All'inizio degli anni Ottanta si reca infine in Siberia dove capisce nel profondo la cultura russa. Si innamora degli spazi aperti che respirano la grande letteratura russa; incontra Montale e si innamora del Lago Baika che sembra un oceano.

    • Pubblicato il02/03/2003
  • Sandro Portelli

    Figura di confine, quella di Portelli, americanista alla "Sapienza" ma anche esperto di musiche popolari, raccoglitore di leggende e narrazioni, fra i massimi interpreti mondiali della "storia orale" (con due grandi opere come Biografia di una città, dedicato nel 1985 alla storia di Terni e delle sue acciaierie, e L'ordine è già stato eseguito, che nel 1999 ricostruiva la memoria della strage nazista alle Fosse Ardeatine, nella Roma occupata del 1944). E le zone "grigie", intermedie e interstiziali, sono da sempre quelle che appaiono decisive per Portelli: tanto nel leggere la grande letteratura (il Joseph Conrad della Linea d'ombra e di Cuore di tenebra, che tanto gli ha insegnato anche nella conduzione della scrittura come concertazione dell'"ascolto") che nel descrivere, per assaggi e piccoli esperiemnti (quelli che spesso ci accompagnano sulle colonne del Manifesto), quel continente del nostro immaginario che risponde al nome di America. Negli "Appunti per una introduzione" a un suo libro del 1994, La linea del colore, scriveva Portelli: "Questo è un libro sui confini e sui limiti, un tentativo di definirli e di superarli ... Il suo argomento sono i confini tra neri e bianchi, schiavi e padroni, oralità e scrittura, suono e senso, folklore e intellettuali, osservati e osservatori, passato e presente ... E' un libro sul modo in cui le identità si costruiscono". E' una descrizione che abbraccia un po' tutti gli ambiti di interesse di Portelli; sempre che si tenga a memoria l'avvertimento per cui "il concetto di 'linea' va ridefinito per designare non solo una separazione, ma anche una continuità. La linea va intesa dunque come luogo, a sua volta, oltre che separazione fra due luoghi. Perché 'ogni identità si definisce in rapporto alle altre, ogni volta che si parla dell'altro e con l'altro si parla di sé".

    • Pubblicato il24/08/2003
  • Salvatore Settis

    SALVATORE SETTIS, archeologo, calabrese di Rosarno classe 1941, oggi Direttore alla Normale di Pisa. Alla fine degli anni cinquanta, proprio a Pisa, incontra Silvio Ferri docente di Archeologia e tradisce la Filologia per la nuova totale passione. Si forma con Ranuccio Bianchi Baldinelli dal quale assimila i primi elementi di storia dell'arte antica, poi, tramite P.Enrico Arias partecipa ai seminari stimolanti di E.Frenkel. Nei primi anni ottanta studia la Colonna Traiana e scopre che il suo sogno e' il restauro; dell'81 e' un viaggio con Italo Calvino in cui si disserta delle scene topiche della Colonna attraverso la ripetizione. L'intervento in trasmissione di Paul Zanker, studioso tedesco dei Fori Imperiali, rievoca legami comuni e definisce Via dei Fori, a Roma, "la santificazione del rudere". Fra i suoi interventi uno determinante fu a carico della Torre di Pisa, dei cui meccanismi complessi di restauro ci parla a lungo. Tra il '94 e il '99 e' Direttore del Getty Center Institute di Los Angeles dove percepisce come arricchimento personale la "distanza stellare" da casa propria. Con il testo "ITALIA S.p.A." Settis dice una parola definitiva contro il tentativo di importare nel restauro il modello americano. Intervento significativo di Giovanni Guzzo Sovrintendente per i Ben Artistici e Culturali di Pompei, compagno di studio a Atene negli anni '60. Viene ricordata infine, nel '67 una borsa presso il Warburg Institut di Londra, prima del trasferimento in California.

    • Pubblicato il19/01/2003
  • Salvatore Sciarrino

    Salvatore Sciarrino palermitano del '47, grande compositore, rinnovatore della musica contemporanea. Racconta a "I luoghi della vita" Palermo sua citta' natale, ricorda il porto con il molo dei rimorchiatori, il fascino della mezza petroliera abbandonata - bombardata dall'ultima guerra - e la sua grande attrazione per gli ambienti metafisici: fabbriche abbandonate, strade non asfaltate, una mescolanza tra urbanizzazione e abbandono. Attratto dalla chimica inorganica, cominciò a dipingere all'età di quattro anni per la sua attitudine contemplativa. A dodici anni abbandona la pittura e si innamora della composizione in musica. Il suo precoce rapporto con la musica lo porta ad innamorarsi di Debussy e Brams. Pur avendo studiato con Titone, Belfiore ed Evangelisti, Sciarrino inizia la sua traiettoria artistica al di fuori del mondo accademico con un linguaggio musicale di assoluta originalita' espressiva. Nel '67, a venti anni va a Berlino ovest a studiare. Ricorda una città di vuoti fra una casa e l'altra; il "muro" è una presenza corposa. L'assonanza con i luoghi di origine nasce dalle passeggiate nei boschi intorno alla città dove filtra la luce e prova emozioni analoghe a quelle siciliane. Nel '69 è a Roma; città amichevole, conviviale, dove inizia a costruire la propria esistenza artistica. Lavora come copista, in sette anni cambia cinque case nei vari quartieri della città. Nel '77 Milano, la città degli amici, una sola casa per altri sette anni. Insegna al Conservatorio. Ricorda la prima esperienza didattica, importantissima e forse la più bella, piena di energia e di entusiasmo. Moni Ovadia conosciuto a Genova in un teatro alle prove per la sua opera "Borromini" testimonia in diretta a "I luoghi della vita" l'amicizia. Insieme, con nostalgia, ricordano l'incontro a Torino in una notte deserta e piovosa dopo le rispettive recite. Da venti anni vive a Città di Castello, in una casa assolutamente semplice e luminosa dove continua il suo rapporto d'amore con la musica.

    • Pubblicato il06/04/2003
  • Roberto De Simone

    Roberto De Simone, compositore, etnomusicologo, regista di teatro e di opera lirica racconta di Napoli luogo centrale della sua vita. L'infanzia nel dopoguerra nella casa del nonno a Piazza del Gesu', la zia cantante lirica (un'ottima Azucena in un Trovatore diretto da Toscanini), la nonna cantante di operetta, lo zio violoncellista al S. Carlo, il padre attore e suggeritore teatrale, fanno di De Simone un figlio d'arte "consacrato". Durante gli studi al Conservatorio all'eta' di otto anni accompagna al pianoforte un duetto del Rigoletto ad Ariano Irpino. Tra gli anni sessanta e settanta, dopo il diploma al Conservatorio in composizione e pianoforte viene attratto dalle ricerche sul ricordo di A. Romax. Si commuove al racconto della processione al Santuario Madonna dell'Arco, rituale popolare che si celebra la Domenica in Albis: rituale teatrale sulla morte. E' del 1976 "La Gatta Cenerentola" con la Nuova Compagnia di Canto Popolare che si sposta a Spoleto e per altre centinaia di esecuzioni nei Teatri di tutto il mondo. Segue "la Tamurriata" famoso canto sul tamburo di origine liturgica espressione di canto, musica e ballo che viene eseguita dopo la Pasqua. Racconta ancora a I luoghi della vita come nel primo decennale della morte di P. Paolo Pasolini - figura centrale del suo immaginario artistico - scrisse un "Requiem". La sua conoscenza della letteratura lo conduce a realizzare opere sotto il segno della tradizione. Ci ricorda infatti la riscrittura in italiano e napoletano del testo barocco per eccellenza "Lo cunto de li cunti" di Giambattista Basile edito da Einaudi. "Il Presepe popolare napoletano", saggio di De Simone, da' conto di conversazioni avvenute con gli ultimi artigiani del presepe i famosi "pupari", uomini e donne strettamente legati alla raffigurazione della nascita del Cristo. Il Maestro, che tuttora vive a Napoli, non ha mai smesso di scrivere e invoca, infine, di continuare a ignorare dove lo portera' l'avventura della sua esistenza.

    • Pubblicato il16/03/2003
  • Pedrag Matvejevic

    PEDRAG MATVEJEVIC NATO A MOSTAR NEL 1932 DA MADRE CROATA E PADRE RUSSO. UN VERO SANGUE MISTO, INSOMMA, NATO IN UNA TERRA SEGNATA DA UNA TERRIBILE GUERRA MONDIALE E DA UN ALTRETTANTO TERRIBILE CONFLITTO ETNICO CHE HA FATTO DELLA CITTA' NATALE DELLO SCRITTORE UNO DEI LUOGHI SIMBOLO ASSIEME A SARAJEVO DELLA TRAGEDIA DELLA EX JUGOSLAVIA. MATVEJEVIC, E' ANCHE UNO DEGLI SCRITTORI EUROPEI PIU' TRADOTTI E APPREZZATI NEL MONDO. IL SUO "BREVIARIO MEDITERRANEO" USCITO NEL 1988 E' STATO GIA' TRADOTTO IN VENTITRE LINGUE. A "I LUOGHI DELLA VITA" CI RACCONTA OLTRE A MOSTAR PARIGI E ROMA, DOVE NEL 1994 LO SCRITTORE, DA LUNGO TEMPO DISSIDENTE ED ESILIATO, HA FINALMENTE OTTENUTO LA CITTADINANZA ITALIANA. NONOSTANTE QUESTA ESPERIENZA COSMOPOLITA MATVEJEVIC E' SEMPRE RIMASTO LEGATO ALLA SUA TERRA DI ORIGINE E CI RACCONTA ALCUNI EPISODI DELLA SUA STORIA CHE SI SONO INCISI NELL'IMMAGINARIO COLLETTIVO DELLA FINE DELLO SCORSO SECOLO, IN PARTICOLARE LA DISTRUZIONE DELLO SPLENDIDO PONTE DI MOSTAR CAPOLAVORO DEL RINASCIMENTO OTTOMANO DISTRUTTO DALLE MILIZIE CROATE NEL 1993: ACCANTO AL QUALE LO SCRITTORE AVEVA PASSATO TUTTA LA SUA INFANZIA.

    • Pubblicato il22/06/2003
  • Paolo Matthiae

    Paolo Matthiae archeologo "stanziale", professore di Storia dell'arte del Vicino Oriente Antico presso l'Universita' La Sapienza di Roma racconta a i luoghi dela vita la nascita della sua passione per l'Egitto ancora sui banchi del Liceo. I maestri degli anni '60 sono Bianchi Bandinelli e Massimo Pallottino che gli trasmettono tutta intera la vocazione per l'Oriente Antico, cosi' come Sergio Donadoni lo aiutera' a respirare la vera ricerca. Nel '62 con alcuni compagni di Universita', Puglisi e il filologo P. Meriggi, parte per la prima esperienza di scavo. Ad Aleppo dotata di un solo albergo l'"hotel Baron" che ospitò A. Parrot e Diur (un Barone studioso dei beduni del deserto) Paolo Matthiae respira gia' dalla prima notte il mito della leggenda. A Babilonia, nome mitico gia' per i mesopotami e sede dell'impero di Alessandro Magno visita Palazzo Nabuccodonosor secondo e il parco naturale dotato di splendidi palmizi. Ma il luogo mitico per Matthiae è Ninive purtroppo citta' di struggente attualità: si tratta della sacra capitale dell'impero assiro in cui l'umanità aveva tentato di riunire popoli diversi in una cultura globale. Matthiae ci racconta il suo arrivo alla fine degli anni sessanta in occasione della sua visita a Mussul, Forzabad dove incontra i turchi "popolo cortese" abbigliati con scimitarre e suggestivi turbanti. Infine, nel '75 in Siria, la sua scoperta più importante: Ebla, dove ogni anno torna con la sua prestigiosa equipe a dirigere gli scavi. Ebla era nascosta sotto un cumulo di terra alto quanto una collina che i siriani chiamano Tell Mardikh; ad Ebla è stata rinvenuta la piu' grande biblioteca del passato, con migliaia di testi scritti su tavolette cuneiformi. Sono stati trovati anche i piu' antichi dizionari della storia. Alcuni testi appartengono ad una lingua ancora sconosciuta e rappresentano oggi un affascinante futuro di verita' insospettabili.

    • Pubblicato il23/03/2003
  • Paolo Bonacelli

    L'esordio da "attor nobile" di Paolo Bonacelli (classe 1939) avviene nel teatro: "teatro come comunicazione con la gente". La sua formazione avviene a Roma all'accademia negli anni sessanta, nelle cantine romane e al Teatro 101 in Prati; conosce Carmelo Bene espulso per indisciplina e V. Gasmann che gli rende accessibile il Teatro Sperimentale. A Roma studia con Sergio Tofano. Dopo il '67 durante il quale viene messo in scena Gadda gestisce con Maraini, Moravia e Siciliano "Il Porcospino". Per la preziosa regia di M. Missiroli partecipa ad una messa in scena de "Il matrimonio" di Gombrowicz, debutta poi al Teatro Muse di Milano, ritorna al Teatro Tenda di Roma con la famossissima "La classe morta" di Kantor. Nel 1972 e' a Spoleto con un progetto di Flaiano e Valli per la regia di Missiroli. Il suo debutto in cinema avviene con Liliana Cavani (Milarepa e Francesco) e il suo punto di riferimento e' Salvo Randone che egli definisce "attore cerebrale". In un lungo soggiorno a Mantova nel '75 gira con P. Paolo Pasolini "Salo' Sade". Di quel periodo ricorda le nebbiose e affascinanti passeggiate in campagna. Francesco Rosi, intervenuto in trasmissione, ricorda di quello stesso anno la partecipazione a "Cadaveri eccellenti" e "Cristo si e' fermato ad Eboli" e rievoca con commozione il dialogo tra il Podesta' Don Luigino (Bonacelli) e il mai dimenticato Gian Maria Volonte' che interpretava Carlo Levi. Bonacelli ricorda ancora il teatro di periferia in Sardegna e a Bolzano con le scelte di Pinter e Bernhard. Infine ha raccontato dell'amata Londra dove soggiorna a lungo e frequenta casa Pinter in Holland Park rievocando pomeriggi interi di conversazione con Pinter su politica, teatro e sport. Confessa che per questa prestigiosa amicizia ha imparato a giocare a cricket, sport che definisce "noiosissimo" con sprazzi di gioia.

    • Pubblicato il05/01/2003
  • Pablo Echaurren

    Nonostante il nome, Pablo Echaurren è nato e cresciuto a Roma dove si è formato come artista nel tipico ambiente underground e controculturale degli anni sessanta e settanta. Artista eclettico, ha espresso il suo talento attraverso materiali, forme e stili diversi contaminando le influenze "alte" del surrealismo, astrattismo e futurismo con la cultura "bassa" dei fumetti e dei media in generale. La sua passione, ancor più che nella pittura, si realizza attraverso la scrittura: Echaurren è non soltanto un accanito collezionista e bibliofilo ma anche autore di saggi, romanzi e memoriali. Con Valerio Fioravanti ha testimoniato, attraverso due libri, di una lunga esperienza nel carcere di Rebibbia, dove Echaurren ha tenuto per anni un laboratorio creativo.

    • Pubblicato il27/07/2003
  • Massimo Cacciari

    Massimo Cacciari classe '44, e' la "filosofia" italiana del nostro secolo. Ospite a I Luoghi della Vita racconta le colline viennesi di Steinhof negli anni Ottanta, San Leopoldo di Otto Wagner che domina tutta Vienna costruita al posto di un manicomio; spiega la combinazione con il luogo di cura che rappresenta il rigore con cui combattere una battaglia interiore. Le caratteristiche case viennesi di Adolf Loos (primo novecento) con la copertura a botte esaltazione della funzione essenziale. Ci racconta, finalmente, del suo rapporto profondo con Venezia attraverso il "pensiero negativo" tra Schopenhauer e Nietzsche e la Venezia nicciana fatta di pietre dure e quella di Visconti di Senso e La Terra Trema. Padova e' la citta' della sua formazione marxista nel racconto degli anni giovanili. Ci parla di tutto il Veneto, dei piccoli centri industriali con gli studenti che provenivano da diversi centri agricoli. Torino e' invece la citta' del liceo dove incontra Toni Negri. Monte Athos e' un luogo elettivo, indescrivibile, centro della religiosita' ortodossa, ed e' una repubblica monastica. Cacciari racconta di un periodo vissuto nei conventi con monaci molto ospitali, ricorda le passeggiate, i silenzi e l'esaltazione dell'interiorita'. Parla, infine, di Mistra, un angolo del Peloponneso luogo "straordinario" con affreschi nelle chiese, palazzi del '200 e del '400 ora in abbandono.

    • Pubblicato il23/02/2003
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