Easy rider

Collaborazione di Eva Georganopoulou e Greta Orsi

I rider sono i fattorini che ci portano il cibo, e non solo, a casa. In Italia ormai circa 30 mila e continuano ad aumentare, non sono solo giovani studenti che integrano il bilancio familiare negli anni dell’università, ma anche cinquanta-sessantenni che hanno perso impieghi precedenti. Ci stiamo abituando a vederli nelle nostre città: pedalano velocissimi, anche di notte, spesso in contromano. Corrono perché sono pagati a consegna, ossia a cottimo: più portano ordini, più guadagnano. Più danno disponibilità più acquisiscono dall’azienda un punteggio, che consente loro di prenotare più facilmente ore e turni di lavoro. È la nuova frontiera del lavoro nella gig economy, l’era delle piattaforme digitali, in cui mentre la crisi economica rende irreversibile la precarietà, tutto deve essere invisibile, compreso lo sfruttamento dei lavoratori. Invisibili cercano di restare anche i manager delle società di delivery: da Just Eat a Deliveroo, a Glovo. Molte fanno capo a multinazionali i cui bilanci in perdita spesso nascondono ricavi enormi. Impossibile parlare con loro, nemmeno tramite l’app.