16/04/2024

Notizie TGR:

C'E' CHI DICE NO

Storie e testimonianze di imprenditori che si ribellano alla spietata legge del racket

Per non lasciare solo chi ha avuto coraggio. Per premiare chi si ribella. Imprenditori e commercianti vittime di racket e usura, sotto la guida di associazioni come SOS Impresa e Rete per la Legalità serrano i ranghi e chiamano a confronto lo Stato.
Al tavolo non vanno con sterili lamentele, né a mani vuote. Portano un elenco di proposte nate dalle esperienze e dalle testimonianze di chi ha avuto la forza di denunciare il suo dramma. Una tragedia che al settore delle imprese, dal punto di vista esclusivamente economico, costa 100 miliardi di euro l’anno, il 7 per cento del prodotto interno lordo.

Il rapporto tra crisi economica e criminalità organizzata non è purtroppo una novità.
Il crollo della qualità della vita rilancia l’aumento delle attività mafiose in primis estorsioni e prestiti a strozzo. In base alle informazioni di SOS Impresa e alle telefonate al Numero Verde (800.900.767) e ai diversi sportelli di aiuto presenti su tutto il territorio nazionale si stima che il numero dei commercianti coinvolti in rapporti usurai non sia inferiore alle 200 mila unità. Cittadini che pagano alle mafie – ogni anno – una tassa che si aggira intorno ai 20 miliardi di euro.

SOS IMPRESA

 

RETE PER LA LEGALITA'

In testa alle regioni più colpite dal fenomeno il Lazio con 28mila negozianti coinvolti (il 34,80 per cento sul totale degli attivi) e un giro d’affari di 3 miliardi e 300 milioni di euro. Seguono Calabria con 13 mila commercianti (pari al 34 per cento) e un business di 1 miliardo e 100 milioni di euro, la Campania con 32mila commercianti coinvolti (pari al 32 per cento) e un movimento di danaro che sfiora i 3 miliardi. E ancora, tra le regioni del Sud emerge la Sicilia con il 29,90 per cento dei commercianti (28 mila persone) costretta a pagare alla mafia 2 miliardi e mezzo di euro.

Da non sottostimare il dato relativo alle regioni del nord Italia. In Lombardia si registra un coinvolgimento di oltre 16 mila commercianti (il 19,2 per cento del totale) per un giro di affari di un miliardo e mezzo, segnale evidente che le organizzazioni mafiose stanno spostando prepotentemente l’attenzione verso il settentrione minando dalle basi il tessuto produttivo del Paese.

TABELLA A

Negli ultimi anni si è notata duttilità nel comportamento dei clan mafiosi e camorristici. Oltre a dimostrare una forza maggiore nella capacità di stringere rapporti collusivi con il mondo dei professionisti e della grande impresa il nuovo manager mafioso è infatti in grado di esprimere intimidazione ed affidabilità, violenza e fiuto per gli affari. E’ riuscito a collocare aziende nel mercato creando la nuova holding criminale in grado di controllare intere filiere produttive e comparti economici e di inserirsi in settori complessi e globali. Si tratta dunque di una vera guerra combattuta da cittadini onesti che da soli non ce la possono fare, come raccontano alcuni di loro - GUARDA VIDEO INTERVISTE.

Vito è un imprenditore siciliano. A distanza di anni dalla denuncia continua a vivere una drammatica condizione: eroe per un tribunale e colpevole per un altro. Racconta che dal 24 dicembre del 2011, dopo gravi intimidazioni, il comitato per la sicurezza l’ha sottoposto alla tutela delle forze dell’ordine.

Io la mia compagna e i miei figli abbiamo perso la libertà e dovuto abbandonare la vita normale trasferendoci in casa di mia madre nella povertà più assoluta. Nel 2010 mi sono trovato davanti ad un bivio: vendere le mie strutture per 12 milioni di euro o continuare a pagare i mafiosi, finire di costruire, firmare i contratti di affitto di azienda con un canone annuo di 1 milione e 540 mila euro. Ho scelto la via della ribellione. E’ dal 2010, anno delle mie denunce, che non riesco a venire a capo di una vicenda tortuosa dai tempi lunghi. La giustizia ha preso atto che il fallimento dell’impresa era la conseguenza della mia ribellione al sistema criminale del potere mafioso, ma quella stessa giustizia si è rivoltata contro di me, sequestrando in seguito a lettere anonime alla Procura della Repubblica, le aeree dove dovevo cominciare il lavoro. La vicenda ha portato alla revoca dei finanziamenti bancari e al mio rinvio a giudizio come amministratore di una delle mie società per iva non versata, nonostante la fattura in questione non sia stata mai pagata dal cliente.


Il dato confortante arriva dalla reazione delle vittime di usura. Il numero delle denunce mostra rispetto agli anni passati un’ inversione di tendenza con un aumento del 15 per cento. Rassicurante anche il numero di denunce per estorsione. Nel primo semestre del 2013, secondo i dati raccolti dalla Direzione Nazionale Antimafia, a livello nazionale ne sono state presentate 2.631. In testa la Campania con 405. Subito dopo la Lombardia con 355 e la Sicilia con 307, 293 nel Lazio e 248 in Puglia.

TABELLA B

E’ sicuramente questa una delle strade che può per rendere più efficace la lotta alla mafia”, insiste Lino Busà, di SOS Impresa. “Solo il coraggio civile può colpire duramente questi criminali ma chi ha la fermezza di ribellarsi deve avere al suo fianco lo Stato e deve poter contare una serie di strumenti che consentano di continuare a vivere e lavorare, di tutelare i cari e familiari. CHIUSO PER RACKET



Abbiamo chiamato la lista di proposte presentate a governo e parlamento la Convenzione nazionale Per non fallire di mafia, spiega Busàperché denunciare deve diventare conveniente, la vita dell’imprenditore deve continuare ad andare avanti dimostrando che denunciare salva se stessi e l’economia sana.

Il documento è stato analizzato e discusso punto per punto, nei giorni scorsi a Roma, nella sede dell’associazione di SOS Impresa, con il vice ministro dell’Interno Filippo Bubbico. 5, in sintesi, le misure da adottare per facilitare le denunce:

1) Partecipazione attraverso corsie preferenziali al sistema di appalti pubblici e forniture.

2) Assegnazione dei beni sequestrati e confiscati a un Consorzio nazionale d'imprenditori che hanno denunciato e che hanno dimostrato la capacità e la cultura nella gestione di un'impresa libera dai condizionamenti mafiosi.

3) Creazione di un ombrello produttivo a sostegno della denuncia con il blocco di tutte le esecuzioni e la sospensione dei debiti.

4) Istituzione di un tutor antiracket, figura in grado di seguire la vittima dal dopo denuncia alla sua riabilitazione.

5) Istituzione del reato di esercizio abusivo dell’attività finanziaria, misura che potrebbe facilitare il riconoscimento del reato di usura, ancora oggi sottovalutato e non semplice da dimostrare.

Al nuovo governo il compito di capire la gravità della situazione con cui si confrontano ogni giorno migliaia di italiani con costi, come visto, rilevanti sia dal punto di vista economico sia sociale che personale.

Nicoletta Pisano

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