Una conversazione con il presidente del Prix Italia Graham Ellis


Graham Ellis, Presidente del Prix Italia e Deputy Director di BBC Radio

Le fake news rappresentano una difficile sfida per svariati broadcaster e testate in tutto il mondo, ma non solo in senso negativo. Questo problema, infatti, sta anche stimolando le emittenti a migliorare e a coltivare con maggiore attenzione la qualità del loro giornalismo.
Abbiamo chiesto al nuovo presidente del Prix Italia, Graham Ellis, la sua opinione sull’argomento e quale può essere il valore di questa edizione della manifestazione.
 
Qual è lo spazio del Prix Italia nel panorama attuale?
 
È la competizione tra broadcaster per eccellenza. Esiste da molto tempo e ha un qualcosa di unico. È così europea e internazionale e al tempo stesso così italiana. È un immenso piacere e onore ricoprire il ruolo di presidente del Prix Italia, un onore che non mi sarei mai immaginato di ricevere. Ancora mi ricordo il primo Prix Italia a cui ho partecipato, ormai svariati anni fa, a Bologna.
 
Cosa ne pensa dell’argomento di questa edizione?
 
Penso che se si guarda a quello che sta accadendo nel panorama informativo al momento, questo è senza dubbio un tema centrale. Viviamo in un’epoca in cui la società sta cambiando molto, e penso che le emittenti, soprattutto di servizio pubblico, debbano riflettere la società.
Questi cambiamenti sono evidenti ovunque. Se avesse scommesso cinque euro sul voto pro-Brexit del Regno Unito, sull’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti e sulla vittoria del Leicester City l’anno scorso, ora avrebbe 12 milioni di euro. Questo solo per evidenziare quanto sono vasti i cambiamenti che stiamo cercando di fronteggiare.
 
È un mondo complicato, le persone hanno bisogno di qualcosa di cui possano fidarsi, su cui possano fare affidamento. Un Prix Italia dal titolo ‘Back to Facts’ mi sembra una buona idea.
 
Per quanto riguarda le fake news, come siamo arrivati a questo punto secondo lei?
 
L’ossessione per la velocità ha avuto un ruolo. È sempre meglio essere secondi e nel giusto che primi ma nel torto. Non possiamo correggere internet e allo stesso tempo non possiamo stare in disparte mentre alcune cose continuano ad accadere e alcuni errori a essere commessi.  Dobbiamo fare in modo che le persone che ascoltano i nostri programmi o guardano i nostri telegiornali possano fare affidamento su quello che sentono e vedono. Per questo motivo alla BBC abbiamo organizzato un’unità chiamata Reality Check, che individua storie false mascherate da news online.
 
Quale strategia dovrebbe adottare il giornalismo?
 
C’è un detto nel Regno Unito, ‘i commenti sono gratis, i fatti sono sacri’. È questo che dobbiamo tenere sempre a mente. Viviamo in un mondo che dai valori giornalistici tradizionali si è sbilanciato verso le fake news, lo spin, la propaganda e la manipolazione dell’opinione pubblica. In qualità di giornalisti e di emittenti di servizio pubblico abbiamo il dovere di definire una linea d’azione, e questa linea d’azione dovrebbe incentrarsi sul rigore nel controllo di quello che facciamo e nell'essere certi che le notizie che proponiamo al nostro pubblico siano affidabili.

Quali sono i risultati finora?
 
In quanto media di servizio pubblico, dobbiamo fare in modo che la cittadinanza sia democraticamente informata. È un fatto che alcune persone semplicemente cercano notizie che rinforzino le loro opinioni, ma dal nostro punto di vista il nocciolo della questione deve essere l’accuratezza delle notizie che diamo.  Secondo gli ultimi dati dell’EBU ci siamo riuscendo, la fiducia sembrerebbe crescere e al tempo stesso il pubblico è meno incline a fidarsi di ciò che trova online.
 
Come si colloca la radio in questa situazione?
 
Innanzitutto, la radio è la grande sopravvissuta dei nostri tempi. Ogni paese ha una cultura radiofonica diversa, ma in generale la radio digitale è parte del futuro. Di recente si è anche registrato un aumento degli utenti che consumano prodotti radiofonici in maniera non lineare, ovvero attraverso i podcast. Tuttavia è la radio lineare la grande sopravvissuta; nel Regno Unito ammonta al 99 per centro delle ore consumate.
Senza dubbio c’è stato un calo di ascolto da parte dei giovani e occorre pensare a un modo per riconquistarli. Detto questo, la fiducia nella radio è più alta di quella nella televisione in molti paesi.
 
Per finire, quanto è importante la collaborazione?
 
Si può ottenere molto di più lavorando insieme, soprattutto in un momento in cui alcune emittenti pubbliche si trovano in condizioni di difficoltà finanziaria.  Dovremmo capire cosa è possibile costruire insieme, dal punto di vista economico, creativo e giornalistico.