La tecnologia dietro le trasmissioni


Morwen Williams

 
Mentre la tecnologia continua la sua corsa, le emittenti devono fare del loro meglio per imbrigliarla rapidamente e sfruttarla al meglio sul campo.

Morwen Williams è a capo delle News Gathering Operations della BBC, e in quanto tale supervisiona tecnici, antenne e pulmini satellitari, il team che si occupa di mobile journalism e le troupe coinvolte in operazioni sul campo.

Le abbiamo chiesto come una delle emittenti pubbliche più grandi d’Europa sta affrontando i cambiamenti e le sfide del momento.

In che cosa consiste il suo lavoro e come è cambiato nel corso del tempo?

Il mio lavoro va di pari passo con quello del planning team. Ogni volta che decidono di coprire una determinata storia, dobbiamo porre alcune domande: c’è bisogno di una telecamera? È per la radio? Occorre uno strumento leggero per andare in diretta, o un furgone satellitare? Dobbiamo sempre capire quali sono le necessità legate alla storia in questione.

Il mio lavoro sta cambiando velocemente, e molti degli ultimi sviluppi sono avvenuti in meno di un anno. Siamo passati dalla trasmissione satellitare tradizionale all’API e al mobile bonding. Ora abbiamo dispositivi per le dirette molto più piccoli, il che significa che possiamo andare in diretta da più luoghi rispetto a quanto era possibile prima, purché ci sia segnale.

L’avvento degli smartphone e di una app che la BBC ha recentemente distribuito ai suoi giornalisti hanno fatto sì che ormai ogni corrispondente abbia in tasca una sorta di piccolo studio televisivo. È chiaro che si tratta di grandi progressi rispetto a due anni fa.

Quali sono le difficoltà che derivano da tutti questi cambiamenti?

Per riuscire a far funzionare tutto questo in maniera efficiente è necessario studiare un nuovo flusso di lavoro. Tutti possono andare in diretta, la quantità di materiale prodotto da normali cittadini è in costante aumento, e tutto questo richiede coordinamento.

In aggiunta, la strumentazione che usiamo ha dei limiti. Per esempio, non è possibile essere live in qualsiasi luogo si desideri. Certamente ci possono essere pressioni editoriali in questo senso, ma a volte semplicemente non è possibile.

Può farci alcuni esempi degli aspetti che lei considera più interessanti?

Niente può avere la mia esclusiva attenzione, dal momento che ci sono così tanti aspetti da seguire.

Ultimamente, però, mi sono interessata alle telecamere per le riprese a 360 gradi. Dobbiamo capire meglio come utilizzarle in maniera efficace in situazioni di breaking news, come abbiamo fatto dopo l’attentato al Bataclan. È anche vero che questi sono video che funzionano solo online. Non è un lavoro “da prima linea” come altre trasmissioni tradizionali, però migliora l’offerta di informazione e vorrei lavorarci di più in futuro.

Sempre di più abbiamo bisogno di persone che sappiano come filmare in digitale e ci stiamo muovendo nella direzione di troupe digitali.

Poi ci sono i droni. Quando ho iniziato, ne avevamo solo tre, ora sono sette. Li abbiamo utilizzati molto nel Regno Unito e di recente ne abbiamo mandato uno a Mosul, anche se le possibilità di utilizzo erano limitate vista la location.

Può indicarci alcuni dei migliori risultati raggiunti quest’anno?

Sicuramente una è la TV app che ora viene utilizzata da circa 800 giornalisti della BBC in giro per il mondo. L’anno scorso non esisteva.

Poi abbiamo migliorato i nostri tradizionali pulmini satellitari nel Regno Unito e siamo riusciti in questa impresa anche in un momento in cui il budget a disposizione era molto ristretto. C’è ancora spazio per le trasmissioni satellitari tradizionali in fin dei conti.