La storia di Omayma

In occasione del 68esimo Prix Italia in corso sull'isola di Lampedusa sono stati riservati diversi "posti occupati". "Quel" posto riservato per non dimenticare le tante vittime di una violenza estrema e come monito a non sottovalutare mai i primi indizi di questa violenza, di qualsiasi genere sia. Saranno all'interno dell'aeroporto nell'area dedicata all'accoglienza e nella sala meeting così come in platea al Belvedere, dove ogni sera vengono proiettati i film
 
Grazie alla Rai, alla presidente Monica Maggioni che ha accolto l'iniziativa e anche per lo spazio dedicato dentro il YLab nel quale abbiamo raccontato la storia di Omayma.
 
A settembre dello scorso anno Omayma Bengalloum, 34 anni e 4 bambine, fra i 2 e i 13 anni, tunisina, mediatrice culturale ha "pagato" con la vita la libertà conquistata anche attraverso il suo lavoro. Prima di tornare a casa e trovare la morte era al lavoro al molo Marconi al porto di Messina per accogliere e aiutare i migranti che sbarcavano. Il marito, al suo rientro l’ha massacrata di legnate, uccidendola.
 
Omayma rappresenta l'anello che unisce le diverse forme di violenza, oltre le frontiere e che, dopo aver raggiunto il riscatto sociale ed economico in un altro paese, alla fine soccombe per colpa di una cultura retrograda e maschilista.
 
E Omayma, la potenza della sua storia, come quelle delle migliaia di donne che quotidianamente subiscono abusi e violenze sia all'interno delle loro case accanto a noi sia nei paesi teatro di conflitti da cui scappano rischiando di finire poi vittime di una inesorabile guerra di genere, rappresentano il dramma nel dramma.
 
Grazie quindi alla Rai e all'AST, al suo presidente Massimo Finocchiaro che, aderendo alla campagna "posto occupato"  in questa e con l'iniziativa #unautobusnonbasta, di prossima realizzazione, contribuiscono nel quotidiano  alla diffusione della cultura volta a contrastare le discriminazioni e la violenza.
 
Perché la violenza  è un problema culturale e una responsabilità sociale. Educare, formare e infornare e sensibilizzare costantemente è fondamentale.
 
Punire è tardivo "occorre occuparsi della violenza prima che lei si possa occupare di noi".
 
Maria Andaloro