I vincitori del #PrixItalia 2016: Exils, il reportage dalla rotta dei migranti


In “Exils” seguiamo sei giovani migranti originari di Raqqa lungo il percorso che dalla Turchia porta in Germania, e lo facciamo attraverso gli audio, i video, le foto, i tweet del giornalista della SRG SSR Nicolae Schiau, che ha percorso 6000 km insieme ai migranti portando con sé un pc e un telefono cellulare.

Exils è un radio reportage “aumentato” con l’uso continuativo dei social media e di video girati con il telefonino. Ha vinto il premio per il miglior prodotto web durante questa edizione del Prix Italia e noi abbiamo parlato con Schiau di questa esperienza e di cosa ha imparato lungo il percorso.

Come è nata l’idea?

L’idea è nata perché mentre guardavo le immagini che arrivavano dalla rotta migratoria ho cominciato a pormi due domande.

La prima era, “ma tutte queste persone camminano sempre?” Alla televisione o sui giornali si vedevano sempre le stesse foto di queste persone che camminavano. Molti giornalisti avevano già realizzato mappe ed info grafiche, ma io volevo vedere le cose dall’interno, volevo capire come funzionava.

In secondo luogo, ero stupito dal fatto che si vedessero sempre le stesse riprese di persone al confine, di solito inquadrature larghe che davano l’idea di una sorta di invasione.  

Poi sono entrato in contatto con una piccola start-up svizzera, Teleport, e mi sono offerto di fare da tester per loro, con lo scopo di creare una sorta di Google Street View della rotta migratoria. Ogni giorno toglievo la Sim dalla mia GoPro e mandavo il girato al team che lo montava unendolo ai miei tweet e ai post che pubblicavo su altri social media.

Per me non era una questione di essere oggettivo, visto che è praticamente impossibile, ma ho pensato che con dei video non avrei potuto mentire e anzi avrei potuto descrivere le cose così come erano.

Quali strumenti ha usato e quali vantaggi avevano?

Era la prima volta che tentavo di lavorare esclusivamente con il mio telefonino. Ho deciso di utilizzare lo stesso strumento che tutte queste persone usano mentre sono in viaggio. Era anche il modo migliore per entrare in contatto con loro.

Sai, questa storia è iniziata con un selfie in Turchia. Ho visto questi ragazzi che si facevano un selfie e ho chiesto loro se stavano per patire. Mi hanno detto che stavano per dirigersi verso la Germania e io hi chiesto se potevo unirmi a loto. Nel corso di tutto il viaggio, farsi un selfie significava “ti accetto” e “voglio avere delle memorie con te”. La storia è finita con un altro selfie, che ho fatto con uno di loro, Nayef, a Calais.

Il mio cellulare è stato lo strumento ideale per fare tutto quello che dovevo – potevo andare in diretta in radio tutti i giorni, scrivere tweet, fare foto e girare video. Quando sono partito dalla Svizzera ero consapevole forse del 20 per cento delle possibilità del mio telefono, ora forse ne conosco circa il 70 per cento.

Sarebbe stato impossibile realizzare “Exils” con una strumentazione tradizionale; in alcune situazioni andare in giro con una telecamera o con un microfono tira su una barriera tra il giornalista e tutti gli altri.

E per quanto riguarda l’interazione con il pubblico?

Utilizzando il telefono cellulare e i social media, si riesce a raggiungere un pubblico nuovo e, dopotutto, fornire informazioni al maggior numero possibile di persone è il nostro lavoro in quanto servizio pubblico.

C’era un team in Svizzera che mi aiutava e proteggeva in una certa qual misura. Tuttavia, ho cercato di concentrarmi sulla storia dei sei ragazzi che seguivo. Avevamo deciso fin dall’inizio che non sarei stato in alcun modo un protagonista in questa storia.

Molte persone mi hanno scritto perché, dopo aver visto le dirette ed ascoltato i pezzi radiofonici, volevano aiutate. Ho anche cercato di tener testa ai troll; per esempio, ho ricevuto molti commenti carichi di odio mentre ero in Calais e sapere che venivano da persone che se ne stavano comodamente sedute sul proprio divano mentre un ragazzino era bloccato in quel campo da otto mesi mentre cercava di raggiungere il Regno Unito era difficile da mandare giù.

Ciò nonostante dobbiamo decisamente interagire con il pubblico e dobbiamo andare avanti accettando che se vogliamo raggiungere questo pubblico, allora ci sono delle regole e degli strumenti che dobbiamo accettare.

Quali sono state le sfide, sia a livello tecnico sia dal punto di vista psicologico?

A posteriori, è stata una grande opportunità per cui sono molto grato, ma c’è stata molta pressione. All’inizio, era anche una conseguenza del fatto che molte persone avevano dei dubbi su quello che avrei fatto, soprattutto sul fatto che partissi solo con uno smartphone. Inizialmente è stato difficile provare che ne valeva la pena.

Poi, mentre ero lì, c’era la difficoltà di raccontare la pressione psicologica dei rifugiati. Così tanti di loro non avevano idea di dove sarebbero andati. Una volta in Austria abbiamo viaggiato su un treno per sette ore e le persone erano davvero confuse sulla direzione che avrebbero dovuto prendere. Mi chiedevano aiuto e suggerimenti e questo mi ha messo in una posizione molto difficile. Perché sei lì vicino a loro e vorresti aiutarli, ma quando sei un giornalista, li puoi aiutare solo raccontando le loro storie.

Cosa ha imparato da questa esperienza?

Lavorare sui social media mi ha aiutato a costruire un mio storytelling, questo è sicuramente parte di quanto ho imparato. Il nostro lavoro ha a che fare con esseri umani e storie, ed è un’esperienza incredibile quando le persone si fidano di te e ti affidano le loro storie.

Spero anche che il mobile journalism si conquisti più spazio; non è solo una questione di mobilità, ma anche di storytelling. Tutti hanno uno smartphone e possono produrre qualcosa. Il nostro compito come giornalisti è esserci e raccontare storie anche con quelle piattaforme.

Infine, un commento sul premio andato a Exils come miglior produzione web.

Sono onorato e stupito perché non avevo idea che avrei preso parte al Prix e avrei vinto. Spero che questo incoraggerà le persone a continuare a fare mobile journalism. Non sono per motivi economici – Exils è stato in effetti una produzione molto economica. Semplicemente spero che le persone provino a raccontare delle storie con i loro telefonini senza preoccuparsi di produrre a tutti i costi qualcosa di grande e complesso – a volte le cose semplici sono le migliori.