Fact checking: un’arma fondamentale contro le fake news


L’International Fact Checking Network (IFCN) è un forum che riunisce fact-checkers da tutto il mondo ed è ospitato dal Poynter Insitute for Media Studies, con base negli Stati Uniti. L’iniziativa è stata lanciata nel 2015, a partire da due conferenze annuali che già si svolgevano con regolarità a Londra.

Per dirla con le parole del direttore dell’IFCN, Alexios Mantzarlis, “avere l’occasione di incontrarsi una volta all’anno era già un bene, ma è ancora meglio avere a disposizione un forum per scambiarsi informazioni durante tutto l’anno”. Con l’aumento del numero di iniziative di fact-checking, ha assunto infatti una certa importanza uno spazio dove fosse possibile condividere dati, ricerche e consigli.

Da questa prospettiva “per addetti ai lavori”, una volta scoppiata la bolla delle fake news, l’IFCN si è trasformato in un network che si impegna per promuovere la diffusione del fact-checking, fornisce finanziamenti e training.

Come spiega Mantzarlis, “in parte il lavoro si è concentrato sulle grandi compagnie tecnologiche come Facebook e Google, e in parte sulla cooperazione con gli utenti o le scuole”. Per quanto riguarda Facebook, l’IFCN è stato tra i primi a fare pressione sulla piattaforma di Zuckerberg affinché introducesse un sistema per segnalare le fake news.

Strumenti e collaborazione

Quando gli domandiamo quali siano gli strumenti raccomandati dall’IFCN, Mantzarlis afferma che il network “promuove un processo piuttosto che mezzi specifici, e il fulcro è la trasparenza”. La ragione sta nel fatto che gli strumenti o i meccanismi a disposizione variano molto e “si va da paesi in cui gli open data disponibili online sono così numerosi che basta avere una connessione internet, a paesi in cui questo materiale non è codificato o non è accessibile”.
In questo senso la collaborazione tra organizzazioni è stata fondamentale.

“Fin dall’inizio i fact-checkers sono stati tra i primi sostenitori della cooperazione, anche negli Stati Uniti, dove la competizione tra testate può essere molto forte”, continua Mantzarlis.

L’IFCN ha promosso numerosi progetti collaborativi, con l’obiettivo di favorire uno scambio di prospettive e conoscenze tra persone che vengono da aree geografiche molto diverse. Per esempio, l’anno scorso grazie a uno dei loro finanziamenti un fact-checker argentino ha potuto lavorare con dei colleghi londinesi a una ricerca su strumenti per la verifica automatizzati. Uno degli scopi era quello di superare una delle problematiche che sono emerse di recente, ovvero il fatto che molte delle app per la verifica sono quasi esclusivamente in lingua inglese.

Superare il “problema dei filtri”

“Numerosi studi indicano che la sfera di diffusione di una notizia falsa e quella della relativa verifica si sovrappongono solo in minima parte”, spiega Mantzarlis.
Tuttavia, finora il fact-checking si è dimostrato piuttosto efficace, a dispetto della nostra naturale tendenza a cercare informazioni che confermino le nostre idee.

“Negli ultimi sei mesi sono stati pubblicati vari studi che indicano che quando si corregge qualcuno, in media la persona tende a modificare la sua opinione di un determinato fatto”, dice Mantzarlis, che invece è piuttosto scettico sulla praticabilità di un framework legale per  rispondere al problema.

“In generale, mi preoccupo quando sento parlare di soluzioni legali”, dice. “Ci sono così tante altre vie che è possibile esplorare prima di arrivare a quel punto: la pressione sulle compagnie tecnologiche sta iniziando a dare risultati e poi è possibile sensibilizzare scuole e redazioni, spiegano come essere nativi digitali senza però essere ingenui.”

Il fact-checking in sé è tutt’altro che perfetto, chi verifica i fatti può commettere errori, ma la cosa importante, secondo Mantzarlis, è essere trasparenti e chiari sulla portata e sui limiti del proprio lavoro.

“Il fatto che questo sia un settore in cui gli addetti ai lavori si pongono così tante domande e cercano le risposte è un’ottima cosa”, conclude.