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Crisi Israele - Usa

La notizia di 1.600 nuovi insediamenti a Gerusalemme Est incrina i rapporti tra i 2 Paesi e rischia di vanificare il processo di pace in Medioriente.

C'è la decisione di ampliare gli insediamenti civili, con nuove case nella zona di Gerusalemme Est, alla base della grave crisi diplomatica tra Israele e gli Stati Uniti. Una crisi definita dallo stesso ambasciatore di Israele a Washington Michael Oren di dimensioni storiche, la più grave dal 1975, quando Henry Kissinger minacciò un totale sconvolgimento delle relazioni degli Stati Uniti con Israele e il congelamento degli aiuti militari in seguito al rifiuto di quest'ultimo di accettare un piano di ritiro delle sue forze armate nel Sinai.

Secondo gli ultimi colloqui, per portare avanti il piano di pace in Medioriente, Israele avrebbe dovuto interrompere ogni nuova costruzione edilizia a Gerusalemme. L'annuncio di 1.600 nuove colonie nella zona Est ha quindi improvvisamente provocato la grave tensione, considerata ancor peggiore dagli Stati Uniti visto che la notizia è stata data, senza preavviso, durante la visita in Israele del vice presidente statunitense Joe Biden.
Tra lo staff più ristretto di Barack Obama si è parlato addirittura di 'un affronto' e di 'un insulto', che rende inoltre ancora più difficile un processo di pace già particolarmente arduo.
Per questo la Casa Bianca ha chiesto l'immediata cancellazione del piano edilizio.

Dal canto suo il premier israeliano Benyamin Netanyahu sta cercando di non dare troppa importanza alla cosa e non ha modificato il suo programma di recarsi a Washington la settimana prossima per partecipare al congresso dell' Aipac, la lobby filoisraeliana negli Stati Uniti, dove dovrebbe parlare anche il segretario di Stato Hillary Clinton.


Redazione Internet

Il servizio del corrispondente Filippo Landi