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"Donne" di Umberto Broccoli
Cara mia vecchia Europa, sostantivo femminile… parliamo ancora una volta di donne, proprio perché tu nel mito lo sei stata..
Una moda ben diffusa entro i tuoi confini è senz’ altro quella del calendario. Certo, mi dirai (mia cara vecchia Europa), perché da sempre l’ uomo ha voluto collocarsi più o meno esattamente nel tempo. Giulio Cesare immaginò il suo, papa Gregorio XII ne riformò i contenuti nel 1582, perché dopo tutti quei secoli non tornavano più i conti e la primavera non arrivava più il 21 marzo. E allora, un bel salto: dal 4 direttamente al 15 ottobre 1582, per rimettere ogni data al suo posto. E, in più, mia cara vecchia Europa, in quell’ anno nascono i bisestili e saranno tali tutti gli anni divisibili per quatro esclusio gli anni iniziali di ogni secolo se non divisibili per 400.Hai capito, mia cara vecchia Europa? Una ricerca, una attenzione ai giorni, un desiderio di organizzare i calendari in quel sistema in voga ancora oggi. Ma oggi abbiamo qualcosa in più, mia cara vecchia Europa. Tu, nata dal mito al femmile, cosa ne pensi dei nostri calendari?
Imperversano verso la fine dell’ anno, e mese e giorno si fanno largo fra le esibende. Ma sì, mia cara vecchia Europa: dopo le veline di carta dei vecchi calendari, oggi ci sono le veline di carne, pur sempre su carta.
Non so tu cosa ne pensi e cosa ne pensarebbe Medea, mia ara vecchia Europa: ma proprio non riesco a legare un giorno del mese ad una posizione. E per posizione, non intendo un’ idea, un pensiero. Piuttosto una azione. Non so voi, ma per me il calendario è fatto con fogli di carta velina, e il numero del giorno in rosso. Sotto vi si legge il santo del giorno, la fase della luna e (strappare un foglietto), dà il senso del tempo che passa.
Tuttalpiù lego la parola calendario, a quel frate Indovino: una raccolta infinita di saggezze popolari, proverbi, frasi, recuperati dalla cultura contadina, e quindi dalla notte della notte dei tempi. Dei tuoi tempi, mia cara vecciha Europa
Non riesco (e non si offenda nessuno) a sfogliare un calendario, spogliando una donna. Sono due azioni d atenersi ben differenziate: il calendario è il calendario. La donna è la donna. E, con un calendario, non si divide il letto.
Continui a non offendersi nessuno, ma non capisco. Sarà la consuetudine della mia generazione, più legata alla pratica che alla teoria. Sarà il senso di disagio quando vedo parti di donna esposte come quarti di bue, ma non capisco proprio, mia cara vecchia Europa. Non capisco come si possa correre a comperare un nudo esibito. Non capisco e non so: ma c’ è reamente gente che attacca al muro un calendario del genere? E poi lo mostra? Ci segna a penna le scadenze delle tasse, dell’ affitto di casa, del bollo della macchina?
E poi loro, le esibende. Quando qualcuno chiede loro: “Faresti un calendario?”, la risposa immediata è “perché no?”. Ma perché sì, bisognerebbe chiedersi. Non è e non vuole essere moralismo d retroguardia.
Facciano pure ciò che vogliono, ma non si pretenda di essere apprezzate come soggetti artistici.
Si tratta di carne in vendita, mia cara vecchia Europa. Da consumarsi preferibilmente entro l’ anno in corso.